Gesù tradito. Ma sei sicuro di sapere tutta la storia? Sì, la conosciamo tutti: la cena, il tradimento, il gallo che canta. Ma oggi voglio portarti oltre. Oltre la solita lettura, oltre le solite frasi. Voglio sorprenderti. Perché qui non si tratta solo di Giuda.
Uno di voi mi tradirà. Non canterà il gallo prima che tu non m’abbia rinnegato tre volte.
(Giovanni 13,21-33.36-38)
In poche righe, Gesù viene tradito non una, ma tre volte. Tre.
La prima è quella di Giuda, certo. Uno di casa. Talmente fidato da gestire la cassa. Ma lo avevamo già visto sbandare, tipo quella volta a Betania, quando Maria versa l’olio profumato sui piedi di Gesù e lui, seccato, sbotta. Forse da lì era già iniziata la frattura. Poi c’è Pietro. Sempre impulsivo, sempre acceso: “Darò la mia vita per te!”, dice. Gesù lo guarda e, con una calma disarmante, gli risponde: “Davvero? Guarda che prima che canti il gallo, tu mi avrai rinnegato tre volte”. E così sarà. Rinnegato. Tre. Volte.
E il terzo tradimento? Quello degli altri. Degli “invisibili”. Quelli che alla prima ombra si dileguano. All’Ultima Cena, quando Gesù dice che qualcuno lo tradirà, scatta il panico: si guardano tutti attorno, si interrogano, si accusano. Ma poi, al momento della verità, uno alla volta se ne vanno. Lo lasciano solo. Solo uno arriverà sotto la Croce. Gli altri? Tornano a fare quello che sanno fare meglio. Pesca, campagna, silenzio. Come se tutto fosse finito. E… tra gli altri non ci siamo anche tu ed io, vero? Ma proprio vero?
Ma non era finita.
Nel momento più buio, è spuntata la luce più forte: la Risurrezione. E da lì in poi, Gesù ha ricominciato a camminare con loro. E con te. Sì, con te. Cammina accanto ai delusi, come a Emmaus. Cammina sulla riva del lago con chi è tornato alla “vita di prima”. Cammina accanto a te anche adesso, anche qui, mentre leggi queste parole.
È Lui, nascosto tra queste righe che spezzano il cuore come Pane. È Lui che ti guarda negli occhi e ti sussurra: “Lo so, è dura. La vita, il lavoro, la salute, le paure. Ma ci sono. Sono qui”. E ti dice: “Forza. Non mollare. Getta di nuovo le reti. E vedrai!”.
Ora, torniamo a Giuda e Pietro. Entrambi hanno tradito. Ma uno si è lasciato amare. L’altro no. Pietro, nel suo fallimento più clamoroso, si è lasciato raggiungere. È tornato da Gesù. Si è lasciato abbracciare. Giuda invece ha scelto la disperazione. Ha rifiutato l’amore. E il perdono.
Ecco tutto il punto: il rifiuto dell’amore. Non è il peccato in sé che ci condanna. È chiudere la porta al perdono. È decidere che non valiamo più niente. È dire: “Io non sono più degno”. Ma non sei tu a decidere se sei degno. È Lui. E sai cosa dice? “Tu vali. Sempre!”.
Impara da Pietro. Anche se hai fatto il peggio, non chiuderti. Non andartene. Non spegnere la luce. Resta. Apriti. Accetta di essere amato. Accetta di essere perdonato. Non fare come Giuda. Non giudicarti da solo. Lascia che sia Gesù a farlo. E fidati: Lui giudica con amore. Perché — come diceva san Giovanni della Croce — alla sera della vita, saremo giudicati sull’amore. (E, ricordati: Lui è con te. Sempre!) #Santanotte
Alessandro Ginotta
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