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Sindone. Un mistero di croce e di luce.

121106411-549f68af-693f-47fe-8ca3-6bcbbe763c4aTornerà ad essere mostrata al mondo a Torino dal 19 aprile al 24 giugno 2015. Sessantasette giorni per ammirare il grande mistero della Sindone, il Sacro velo tessuto a spina di pesce delle dimensioni di circa m. 4,41 x 1,13, che mostra l’immagine di un uomo ucciso tramite crocifissione, secondo la tradizione e la devozione cristiana identificabile con Gesù. Si tratta della più celebre reliquia della cristianità, e rappresenta probabilmente l’artefatto umano più studiato e discusso, oggetto di numerosi studi scientifici.

L’immagine è contornata da due linee nere strinate e da una serie di lacune: sono i danni dovuti all’incendio avvenuto a Chambéry nel 1532. Un oggetto rovente (delle gocce d’argento fuso, oppure una parte del reliquiario) aprì nel lenzuolo numerosi fori di forma approssimativamente triangolare, disposti simmetricamente ai lati dell’immagine in quanto il lenzuolo era conservato ripiegato più volte su sé stesso. Nel 1534 le suore clarisse di Chambéry ripararono i danni cucendo sui fori delle pezze di tessuto e impunturando la Sindone su un telo di supporto della stessa grandezza, supporto che è stato sostituito nel 2002 durante l’ultimo restauro.

Secondo la tradizione si tratta del Lenzuolo citato nei Vangeli che servì per avvolgere il corpo di Gesù nel sepolcro. Questa tradizione, anche se ha trovato numerosi riscontri dalle indagini scientifiche sul Lenzuolo, non può ancora dirsi definitivamente provata. La Sindone, sin dal suo apparire, ha suscitato grandi emozioni per la straordinaria figura che racchiude, e la maggior parte degli studi compiuti nel secolo scorso e nel primo squarcio del nuovo millennio, pur non avendone chiarito le modalità di formazione dell’impronta, tendono ad escludere una origine manuale.

1898. La prima fotografia. L’evento che segnò l’inizio degli studi scientifici fu proprio la fotografia scattata da Secondo Pia durante l’Ostensione del 1898. Pia, esperto fotografo, si accorse, sviluppando la lastra di vetro (cm 50 x cm 60) che aveva impressionato con la sua macchina fotografica, che sul negativo stava comparendo un perfetto positivo dell’Uomo della Sindone. Questo fatto convinse gli studiosi dell’epoca che il Telo non poteva essere un falso medievale. Sarebbe stato ben difficile infatti, in un’epoca in cui non si conosceva la fotografia, riprodurre un perfetto negativo come quello che appare sul lenzuolo.

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L’analisi medico-legale.
Numerosi medici, primo fra tutti il francese Pierre Barbet, hanno messo in evidenza sul Telo i segni di numerose ferite e lesioni compatibili con quelle di un uomo che sia stato flagellato e torturato prima di essere crocifisso. In particolare Pierre Barbet ha evidenziato come le ferite di chiodi sui polsi che si vedono sul lenzuolo siano un’altra prova a favore dell’autenticità della reliquia, perchè se i chiodi fossero stati conficcati nelle mani il peso del corpo avrebbe presto fatto cadere il crocifisso.

Le tracce ematiche. Sulla Sindone ci sono alcune macchie di colore rosso. Gli studi effettuati nel 1978 dal torinese Pierluigi Baima Bollone e dagli americani John Heller e Alan Adler hanno dimostrarto che si tratta di sangue umano di gruppo AB.

I pollini. Le analisi su alcuni campioni prelevati nel 1973 e nel 1978 dallo scienziato svizzero Max Frei Sulzer, esperto in microtracce e criminologo di fama internazionale, hanno identificato infatti alcuni granuli di polline provenienti da piante che crescono solo in Palestina ed in Anatolia. Recentemente gli israeliani Danin e Baruch hanno individuato sul lenzuolo le tracce di alcune piante della zona di Gerusalemme. La presenza della Sindone in questi luoghi è in accordo con le ipotesi degli storici.

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La tridimensionalità.
L’analisi digitale dell’immagine ha evidenziato che essa possiede caratteristiche tridimensionali. L’immagine sul Telo è stata generata da un corpo che aveva un suo spessore. Non sarebbe dunque né un dipinto né una fotografia. Inoltre sulla palpebra destra è stata individuata la traccia di un oggetto che sembrerebbe essere una moneta romana della prima metà del primo secolo d.C.

Le modalità di formazione dell’immagine. Sul Telo non si riscontra traccia di pigmenti coloranti organici e inorganici, né di alcun composto chimico estraneo alle fibre di lino. Sull’impronta corporea si possono osservare evidenti macchie di colore rossastro che, come è stato appurato da ricerche biomediche, sono dovute a materiale ematico. Al di sotto delle macchie di sangue è stato accertato che non esiste immagine; ciò a prova del fatto che questa si è formata in istanti successivi all’apporto ematico. Ad oggi come si sia formata l’immagine è ancora un mistero. Nonostante numerosi e ripetuti tentativi, nessuno scienziato o artista è ancora riuscito a riprodurre una Sindone “sintetica”.
Un recente studio (centro Enea di Frascati anni 2005-2010) ha ipotizzato che “un brevissimo e intenso lampo di radiazione VUV direzionale potrebbe colorare un tessuto di lino in modo da riprodurre molte delle peculiari caratteristiche dell’immagine corporea della Sindone di Torino”. Potrebbe essere stata proprio l’energia sviluppata durante la Resurrezione ad impressionare il Telo. Una notevole esplosione di energia proveniente dall’interno del corpo avvolto. L’ipotesi è affascinante.

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La datazione. Una prima datazione al carbonio 14, eseguita nel 1988, sembrava fare risalire al Medioevo l’epoca di realizzazione del tessuto. Tale risultato è stato inficiato però da clamorosi errori metodologici. È stato provato che contaminazioni di tipo biologico, chimico e tessile sono in grado di alterare considerevolmente l’età radiocarbonica di un tessuto. Uno studio più recente effettuato da una equipe dell’Università di Padova guidata dal professor Giulio Fanti, e tre nuove analisi (due chimiche e una meccanica multi-parametrica), hanno prodotto datazioni tutte tra loro compatibili fornendo una data del 33 a.C. con un’incertezza di 250 anni.

Il Mandylion. A tutt’oggi le prime testimonianze documentarie sicure e irrefutabili relative alla Sindone di Torino datano alla metà del XIV secolo. Esistono però nella storia tracce di un altro reperto: il Mandylion o “Immagine di Edessa”. Il Mandylion era un telo conservato dapprima a Edessa (oggi Urfa, in Turchia) almeno dal 544, poi dal 944 a Costantinopoli dove se ne persero le tracce dopo i saccheggi del 1204. Le fonti lo descrivono come un fazzoletto che recava impressa in modo miracoloso l’immagine del viso di Gesù. Alcuni ritengono che il Mandylion fosse la Sindone piegata in otto e chiusa in un reliquiario, in modo da lasciare visibile solo l’immagine del viso. Il Mandylion potrebbe essere stato portato ad Edessa proprio da San Giuda Taddeo, apostolo e probabilmente cugino di Gesù. Esiste un documento del segretario del patriarca Tarasio, che narra l’arrivo di San Giuda Taddeo ad Edessa e la venerazione degli abitanti alla «fisionomia del Signore non fatta da mano d’uomo».

Il Velo della Veronica. In una delle tradizionali stazioni della Via Crucis troviamo il racconto di una donna, di nome Veronica, che asciugò il volto di Gesù con un panno durante la sua salita al Calvario; sul panno si impresse miracolosamente l’immagine del volto.

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Intervista a Marco Tosatti. Sull’argomento della Sindone ho avuto il piacere di intervistare Marco Tosatti, giornalista e scrittore. Tosatti ha compiuto più di cento viaggi all’estero per seguire San Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, ed ha scritto più di quindici libri di carattere storico e religioso:

Dott. Tosatti, Lei si è occupato molto della Sindone, alla quale Lei ha dedicato anche il Suo libro: “Inchiesta sulla Sindone”. Che cosa ha acceso la Sua curiosità per il Sacro Lino?

Ho vissuto a lungo a Torino, la Sindone la conosco da bambino; allora era un’entità misteriosa viva nei ricordi infantili, racchiusa in un duomo scuro di una Torino brumosa, in cui c’erano nebbia e neve, una città cupa. Era un oggetto misterioso di cui si parlava sottovoce, circondato da un alone di timore. Per molti anni non le ho dato attenzione. E’ rientrata di prepotenza nella mia esistenza quando l’amico Diego Manetti, che lavorava per l’editore che più di frequente pubblicava le mie operette, chiacchierando mi chiese perché non scrivessi una breve inchiesta su quel telo di lino intorno a cui si sono combattute tante battaglie. Ho accolto la sua domanda; mi sono chiesto quali fossero le verità nascoste nei singoli aspetti di questa storia, di questo oggetto misterioso. Perché è un oggetto misterioso, dal momento che la scienza ancora ci deve spiegare come si è formata quell’immagine.

Dopo le discusse analisi effettuate nel 1988 con il metdo del Carbonio 14, uno studio più recente del prof. Giulio Fanti dell’Università di Padova sembrerebbe confermare che la Sindone risalga al 33 d.C. con un’incertezza di 250 anni circa. Lei cosa pensa dei vari studi che si sono susseguiti nel tempo?

Prima di Fanti, nel mio “Inchiesta sulla Sindone” racconto di come due professori di Statistica e Matematica dell’Università La Sapienza di Roma, Livia De Giovanni e Pierluigi Conti, abbiano esaminato i dati matematici delle analisi dei tre laboratori, e abbiano scritto una relazione dettagliata e puntuale che smonta l’esame al Carbonio 14. Una relazione documentata e firmata. In parole povere: a differenza di quanto è stato propagandato e sostenuto in maniera a dir poco imprudente, se non scorretta, non si sarebbe potuto affermare che il telo aveva un’età medievale. E una quantità di altri elementi fanno pensare a un’epoca molto più antica, e compatibile con i racconti evangelici.

Secondo Lei, dott. Tosatti, la Sindone conservata a Torino, il Velo della Veronica citato nella Via Crucis ed il Mandylion con la figura di Gesù che nel Vangelo apocrifo di Nicodemo ed in altri testi del II secolo d.C. si racconta venisse conservato da San Giuda Taddeo, potrebbero essere identificati come la stessa reliquia?

Io non sono un esperto, e neanche un sindonologo, sia ben chiaro. Sono solo un ricercatore, un giornalista, che cerca elementi convincenti per ricostruire un percorso. Io penso che la Sindone di Torino sia il telo portato via da Gerusalemme prima del 70 D.C., passato per Odessa e Costantinopoli, e infine giunto in Francia. Mi sembra che ci siano punti di appoggio convincenti per questa ipotesi.

Durante le Sue ricerche Lei sarà entrato in contatto con moltissimi scienziati ed esperti. Le è mai capitato di assistere ad una conversione di qualche scienziato non credente che, studiando la Sindone, abbia scoperto o riscoperto la propria fede?

Più che altro, mi ha sorpreso e incuriosito il fatto che non pochi degli esperti che hanno studiato la Sindone, e hanno dato grandi contributi a smentire l’ipotesi – secondo me difficilmente difendibile – del falso non erano credenti, appartenevano a altre religioni o non erano cattolici. E mi stupisce per altri versi il modo in cui la Chiesa nelle sue varie istanze si sia fatta giocare, all’epoca dell’esame del Carbonio 14; e come adesso, nonostante che sia a disposizione una quantità di materiale dopo il “restauro” di qualche anno fa, la Chiesa non voglia affidare a scienziati responsabili e affidabili un nuovo ciclo di esami. Ci sono molte strade – penso ai pollini, per esempio – che meriterebbero di essere percorse. Ma da giovane leggevo molti libri gialli, e a naso, a fiuto, ho come l’impressione che intorno alla Sindone vi siano sempre giochi delicati in corso…

Infine, dott. Tosatti, ci può raccontare la Sua esperienza personale davanti alla Sindone? Qual’è la Sua sensazione contemplando il Telo?

E’ il volto, quello che mi colpisce. Profondamente, dentro. E’ una via di meditazione interiore fortissima.

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1988. La Sindone e San Giovanni Paolo II. Durante l’ostensione del 1988, San Giovanni Paolo II pronunciò queste parole: “Ciò che soprattutto conta per il credente è che la Sindone è specchio del Vangelo. In effetti, se si riflette sul sacro Lino, non si può prescindere dalla considerazione che l’immagine in esso presente ha un rapporto così profondo con quanto i Vangeli raccontano della passione e morte di Gesù che ogni uomo sensibile si sente interiormente toccato e commosso nel contemplarla. Chi ad essa si avvicina è, altresì, consapevole che la Sindone non arresta in sé il cuore della gente, ma rimanda a Colui al cui servizio la Provvidenza amorosa del Padre l’ha posta”.

2010. La Sindone e Benedetto XVI. Dodici anni dopo la venuta di Giovanni Paolo II, Torino ha accolto Benedetto XVI, che aveva espresso il desiderio di venire nel capoluogo subalpino per venerare la Sindone già il 2 giugno del 2008 quando nell’Aula Paolo VI aveva annunciato l’ostensione del 2010: “Se Dio mi darà salute e vita – aveva detto – anch’io verrò”. Benedetto XVI definì la Sindone “un mistero di croce e di luce”. Quell’inspiegabile e irriproducibile immagine corporea impressa sul telo è la testimonianza della passione e della morte di Gesù, ma anche della sua Risurrezione.

2013. La Sindone e Papa Francesco. Nel suo videomessaggio per l’Ostensione televisiva della Sindone Papa Francesco ha detto: “Questo Volto ha gli occhi chiusi, è il volto di un defunto, eppure misteriosamente ci guarda, e nel silenzio ci parla. Come è possibile? Come mai il popolo fedele, come voi, vuole fermarsi davanti a questa Icona di un Uomo flagellato e crocifisso? Perché l’Uomo della Sindone ci invita a contemplare Gesù di Nazaret. Questa immagine – impressa nel telo – parla al nostro cuore e ci spinge a salire il Monte del Calvario, a guardare al legno della Croce, a immergerci nel silenzio eloquente dell’amore. Lasciamoci dunque raggiungere da questo sguardo, che non cerca i nostri occhi ma il nostro cuore. Ascoltiamo ciò che vuole dirci, nel silenzio, oltrepassando la stessa morte. Attraverso la sacra Sindone ci giunge la Parola unica ed ultima di Dio: l’Amore fatto uomo, incarnato nella nostra storia; l’Amore misericordioso di Dio che ha preso su di sé tutto il male del mondo per liberarci dal suo dominio. Questo Volto sfigurato assomiglia a tanti volti di uomini e donne feriti da una vita non rispettosa della loro dignità, da guerre e violenze che colpiscono i più deboli… Eppure il Volto della Sindone comunica una grande pace; questo Corpo torturato esprime una sovrana maestà. E’ come se lasciasse trasparire un’energia contenuta ma potente, è come se ci dicesse: abbi fiducia, non perdere la speranza; la forza dell’amore di Dio, la forza del Risorto vince tutto”.

Concludo questo articolo con le parole dell’evangelista San Giovanni: “Voi mi vedrete” (Gv 14, 19). Gesù non è più di questo mondo, ma i discepoli lo vedranno vivo, resuscitato, in una visione che, oltre ad essere sensibile, dovrà necessariamente essere anche spirituale, nella fede.

Di Alessandro Ginotta

L’articolo originale è stato pubblicato su PAPABOYS 3.0
http://www.papaboys.org/sindone-un-mistero-di-croce-e-di-luce/

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