
Silenzio e fede
Quando la fede vacilla… anche la voce trema. Ma il silenzio, a volte, grida.
Il mio (in)solito commento a:
Giovanni è il suo nome (Luca 1,57-66.80)
Sai, quando la fede viene meno, diventiamo un po’ tutti come Zaccaria. Muti. Non solo nella voce, ma anche nel cuore. Ci blocchiamo, restiamo fermi, come se qualcosa dentro di noi si fosse inceppato. Eppure… il silenzio non è sempre vuoto. Anzi, certe volte sa parlare più forte di mille parole.
Ti porto con me in una scena di Vangelo che ogni volta mi emoziona. Zaccaria ha appena assistito alla nascita del figlio. Un evento straordinario, inaspettato. Un miracolo. Lui, che aveva dubitato, ora si ritrova ad accogliere il dono più grande. E, proprio mentre tutti si aspettano che dia al bambino un nome “di famiglia”, lui prende una tavoletta e scrive: «Giovanni è il suo nome».
Giovanni. Che significa: “dono di Dio”. Un nome che racchiude una storia, una rinascita, un salto nella fede.
Ti ricordi cosa era successo prima? Zaccaria, anziano sacerdote, si era trovato davanti a Gabriele, l’arcangelo. E aveva dubitato: “Io sono vecchio, e mia moglie pure…” (Lc 1,18). In risposta, il cielo lo aveva consegnato al silenzio: “Tu sarai muto… perché non hai creduto” (Lc 1,20).
Quante volte capita anche a me, anche a te, di non riuscire a credere fino in fondo? Quante volte restiamo muti davanti alla vita, alle sue sorprese, ai suoi dolori? Eppure – e questa è la bellezza – Dio non si ferma. Non si arrende ai nostri tentennamenti. Il dubbio non blocca i Suoi piani. Il nostro silenzio non spegne la Sua voce.
Zaccaria non poteva più benedire, non poteva più parlare… ma quel silenzio non era vuoto. Era un’attesa. Un tempo fecondo. Come dice l’Ecclesiaste: “C’è un tempo per tacere e un tempo per parlare” (3,7).
E quando finalmente arriva il tempo di parlare, Zaccaria lo fa con un canto. Non una semplice frase, non una parola qualunque. Ma un inno che ancora oggi ci emoziona: il Benedictus. È come se tutta la sua fede, la sua gratitudine, la sua speranza… fossero esplose in quelle parole:
“Benedetto il Signore, Dio di Israele,
perché ha visitato e redento il suo popolo…
per dirigere i nostri passi sulla via della pace”
(Lc 1,68-79).
Un canto nato dal silenzio. Un silenzio che ha custodito la fede, come una gemma preziosa.
Zaccaria non l’aveva persa, no… l’aveva semplicemente lasciata maturare, come si fa con i frutti migliori.
Ed è proprio così che nasce Giovanni, il “dono di Dio”, la voce che grida nel deserto, quella che prepara la strada. Sì, proprio quella voce… che era nata dal silenzio di un padre che aveva imparato ad ascoltare.
Allora oggi mi domando – e ti domando: Tu come ti poni davanti all’annuncio di Dio? Hai bisogno di segni per crederci? O riesci ad abbandonarti alla Sua Parola anche quando tutto sembra incerto? Quando la vita ti mette alla prova, riesci a testimoniare la tua fede… o a volte perdi anche tu la voce? E infine: se e quando la ritrovi… sei pronto a usarla per benedire, per lodare, per dire grazie? Zaccaria ci insegna che anche nel silenzio può nascere la fede. E che ogni parola ritrovata può diventare una lode.
Proprio come lui… anche noi possiamo tornare a parlare. Ma con parole nuove. Parole che benedicono. Parole che nascono dal cuore. Parole che riconoscono che tutto, davvero tutto… è dono di Dio #Santanotte
Alessandro Ginotta

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