
“Sentire” la presenza di Dio
Potrei raccontarti mille storie. E forse non basterebbero. Perché la vita – la mia, la tua, la nostra – è un intreccio fitto di “coincidenze” così perfette da sembrare scritte col pennino d’oro del Cielo. Alcuni le chiamano Dio-incidenze. Io preferisco chiamarle carezze. Sì, proprio così: carezze di Dio. Sono quei momenti in cui il cielo si fa più sottile e il confine tra immanente e trascendente si avvicina a tal punto che è possibile percepire in qualche modo la presenza di Dio.
Il mio in(solito) commento a:
Alle mie pecore io do la vita eterna (Giovanni 10,27-30)
“Il filo della storia non dev’essere ridotto ad un succedersi superficiale di eventi, ad una nomenclatura di dati e di date. È, invece, il luogo in cui Dio rivela se stesso e il suo messaggio; l’attenzione ai segni dei tempi è, perciò, essenziale al fedele”. Sono parole di S.E.R. Card. Gianfranco Ravasi, che descrivono bene il fenomeno di cui ti sto per parlare.
Una sera, Roma. Io arrivo in città per un’intervista televisiva. È andata bene, sono soddisfatto. Esco dagli studi ed ecco che mi squilla il telefono: è un caro amico giornalista, siciliano. Anche lui, per caso, è in città. Mi propone una cena. Accetto, ovviamente. Ci incontriamo davanti alla Sala Stampa Vaticana e, da vecchi amici, ci infiliamo in una trattoria a Borgo Pio.
Un torinese e un siciliano a cena insieme, a Roma. Curioso, certo. Ma nulla di troppo straordinario. Fino a quando, tra una battuta e l’altra, viene fuori il nome di una terza persona: Daniele. Toscano di nascita, romano per vocazione, vecchio amico che non vedevo da anni. Negli ultimi giorni, chissà perché, il suo volto mi era tornato in mente più volte. Ma avevo perso le sue tracce. Lo sapevo tornato in Toscana. O almeno così credevo.
Ed ecco il colpo di scena. Suona il telefono del mio commensale: chi è? Proprio lui: Daniele! Anche lui è a Roma. A due passi da noi. Un taxi, una corsa e ci ritroviamo in tre. Un torinese, un siciliano e un toscano a spasso per Roma. No, non è l’inizio di una barzelletta. È vita vera. È Dio che intreccia i fili.
Devi sapere che tutti e tre eravamo accomunati da una persona, o meglio, da un grande santo: San Giovanni Paolo II, così, ben presto, la conversazione si incentra su di lui. Il tempo trascorre velocemente; guardo l’orologio: segnava l’una e mezza di notte. Noi cristiani siamo un po’ strani… così, per salutarci, ci alziamo dal tavolo del dehor dove eravamo seduti, formiamo un cerchio e ci prendiamo per mano per recitare un Padre nostro. Ricordo che fu Daniele a proporlo e Salvo ed io accettammo di buon grado.
Arriviamo verso la fine della preghiera, le mani ancora congiunte, quando a pochissima distanza dal ciglio della strada sopraggiunge pericolosamente un camion a tutta velocità: il mezzo aggancia proprio l’ombrellone sotto il quale eravamo seduti fino a poco prima, lo sbalza in aria. Le leggi della fisica ci dicono che l’ombrellone – che non era legato – si sarebbe dovuto muovere nella direzione del senso di marcia del veicolo, o comunque ci saremmo aspettati che cadesse. Mentre pensavamo questo ci auguravamo che non colpisse né noi, né nessun altro o, peggio ancora, che non causasse un incidente. La cosa più strana è che quell’ombrellone, dopo essersi alzato per più di un metro, con un gran tonfo ridiscese esattamente nel suo alloggiamento, riposizionandosi dov’era prima, come se nulla fosse accaduto. Nessun danno a persone o cose, il camion, noncurante, era sfrecciato via, mentre le nostre mani erano ancora collegate.
Daniele sussurrò: “Avete visto? Era Lui.”
E noi annuimmo, in silenzio, col cuore gonfio.
Da allora ci siamo sentiti almeno ogni settimana, fino a un paio di mesi fa. Oggi Daniele non c’è più. È mancato, poco più che cinquantenne, a seguito di un malore improvviso. Chissà, forse ora ci potrà far chiarezza sul mistero di quell’ombrellone…
Tu cosa pensi: sono davvero solo coincidenze? Oppure è Dio che lascia cadere segni sul nostro cammino?
Il Vangelo oggi ci regala parole che sanno di promessa: «Le mie pecore ascoltano la mia voce… Io do loro la vita eterna… Nessuno le strapperà dalla mia mano» (Giovanni 10,27-30).
Sì, Dio parla. Ogni giorno. Ti parla nei pensieri che ti sorprendono. In quell’immagine che ti sfiora il cuore. In quella pagina aperta per caso. È Lui. Basta solo un po’ di silenzio dentro, per riuscire a sentirlo davvero.
Perché Dio non grida. Ma quando parla, ti cambia. Ti solleva. Ti consola. Ti rende luce. Anche nei giorni bui.
E anche se ti capita di voltargli le spalle, Lui non se ne va. Cammina al tuo fianco. Sempre. Come ci ha promesso: «Ecco, io sono con voi, tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20).
Lo so. Ci sono momenti in cui ci sentiamo come naufraghi, dispersi in mezzo al mare. Ma anche lì, nel pieno della tempesta… Lui c’è. Anche se non lo vedi. Anche se non lo senti. È lì, accanto a te. Se non lo senti pensa solo questo: Dio c’è. Per quanto le tue preoccupazioni, le tue ansie, i tuoi malumori possano distrarti fino a impedirti di vederlo, Lui c’è.
Perché no, non sei solo. Non lo sei mai stato.
E se oggi ti senti fragile, confuso, in cerca di risposte…
Allora fai spazio. Dentro. Nel silenzio.
Perché la Sua voce, ti sta già cercando.
#Santanotte
Alessandro Ginotta

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