
Pescatori e pastori
Pescatori e pastori. Due mestieri semplici, concreti, umili. Ma, soprattutto, veri. Gente che sa cosa significhi sudare, aspettare, fidarsi del cielo. Gente vicina alla terra… e quindi più vicina al Cielo
Il mio in(solito) commento a:
Io sono la porta delle pecore (Giovanni 10,1-10)
Gesù ha scelto proprio loro. E non è stato un caso. Perché anche Lui, come loro, ha scelto di stare in mezzo alla gente. Non sopra. Non distante. Ma accanto. Accanto a me. Accanto a te.
Gesù è vicino ai tuoi guai, alle mie paure, alle nostre fragilità. E, se solo ci fermiamo un attimo ad ascoltarlo, sa essere quella voce che ci accende dentro: un invito dolce a fare il bene… e un freno fermo quando stiamo per sbagliare strada.
Sai chi furono i primi ad adorare il Bambino nella grotta? Non re, non sapienti. Ma pastori. Sporchi di polvere e verità, furono loro i primi a riconoscere il volto di Dio.
E la Bibbia ne è piena di pastori. Davide lo era. Mosè pure. Prima di diventare re, guide, profeti… pascolavano pecore. Ma in realtà, si stavano già allenando a guidare anime. “Così gli ultimi saranno primi, e i primi ultimi” (Matteo 20,16). È lì, in quella frase capovolta, che si nasconde il cuore del Vangelo.
Ora vieni con me: ti porto in Galilea. Guarda quel cerchio di pietre su una collina che guarda il Mare di Tiberiade. È un ovile. Un recinto semplice, fatto di pietre grezze, sovrapposte senza malta. Solo una piccola apertura. Una porta. Così stretta che solo una pecora alla volta può passarci.
Perché nessuna si perda. Perché il pastore le conti una a una. Perché se anche una sola si smarrisce, lui lasci le altre per cercarla. E, quando la ritrova, fa festa. Sì, festa. Perché ogni pecora conta. Ogni anima vale. Anche – anzi, soprattutto – quella che si è persa. Vale te. Valgo io.
Ecco perché Gesù si presenta così: come il Buon Pastore che guida e protegge… e anche come la porta. Sì, proprio la porta da cui si entra per trovare rifugio. Ma anche quella da cui si esce per andare a pascolare. Un passaggio sicuro. Un invito alla vita.
Fuori, i lupi. Nel buio, i ladri. E no, non è solo un racconto di pastori: è la tua vita, la mia. Ci sono tentazioni che si arrampicano di notte per rubarci la pace. Ma Gesù è lì. Custode. Guida. Amico.
E poi ci prende per mano. E ci porta al pascolo. Ascolta:
«Il Signore è il mio pastore:
non manco di nulla.
Su pascoli erbosi mi fa riposare,
ad acque tranquille mi conduce…»
(Salmo 23)
Lo scrisse Davide tremila anni fa. E ancora oggi, questo salmo è una carezza. Un abbraccio di parole che ci racconta un Dio che non è lontano, ma innamorato del suo gregge. Un Dio che appare come un pastore… ma si comporta da padre. Che prepara una mensa per noi – e come non pensare all’Eucaristia? – Che ci riempie il calice fino a farlo traboccare. Perché il Suo amore non è mai al risparmio.
Ricordi i pani e i pesci? Ricordi le ceste piene di avanzi? Ecco, con Dio c’è sempre abbondanza. Perché Lui è venuto “perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” (v. 10).
Ed è anche un Dio che promette: «Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato» (v. 9). Io ci credo. E tu?
Fidiamoci della Sua voce. È quella che ci chiama per nome, che ci cerca quando ci perdiamo, che ci accoglie quando torniamo. E forse, per qualcuno di noi, è quella che udiamo proprio ora #Santanotte
Alessandro Ginotta

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