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Meditazioni e preghiere
Rubare Dio: il peccato più grave!

Rubare Dio: il peccato più grave!

Lo sai qual è il peccato più grave che si possa commettere? Rubare Dio. Già… proprio così. Portarlo via. Nasconderlo. Tenerlo solo per sé. E adesso ti spiego perché

Il mio (in)solito commento a:
«Chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio»
(Matteo 5,20-26)

Gesù oggi ci parla in modo chiaro, netto, quasi tagliente: «Se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli». Parole forti. Parole che scuotono. Ma chi erano, davvero, questi scribi e farisei?

Gli scribi erano i custodi della Legge, studiosi attenti delle Scritture. Avevano il compito di interpretare, consigliare, guidare. Ma a un certo punto, qualcosa si è incrinato. L’orgoglio ha fatto breccia, e anziché custodire la misericordia, hanno cominciato a difendere la Legge. Non quella viva, che ti spinge ad amare, ma quella fatta di regole, codici, punizioni. E la misericordia? Cancellata.

Gesù non gliele mandava a dire: «Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che chiudete il regno dei cieli davanti agli uomini». E in effetti… non solo loro non entravano, ma impedivano anche agli altri di avvicinarsi.
Rubavano Dio.

I farisei invece… beh, erano un po’ più “in alto”. Si sentivano superiori, separati (è questo che significa il loro nome): più santi, più puri, più bravi. Ma la verità è che, invece di elevare il popolo con la loro conoscenza, lo tenevano a distanza. Un popolo ignorante è un popolo più facile da gestire. E così, tenevano per sé la chiave del sapere… e con essa, quella della salvezza. Un paradosso amaro: anziché portare Dio al popolo, tenevano il popolo lontano da Dio. E questo, lascia che te lo dica col cuore in mano, è il peccato più grave: negare Dio a chi lo cerca.

Non riuscivano ad accettare Gesù, un Maestro che parlava con parole semplici, che abbracciava gli ultimi, che osava portare la Legge nel cuore, e non solo sulla carta. E allora… lo mettevano in discussione: «Con quale autorità fai queste cose?».

Quante volte, anche oggi, vediamo lo stesso atteggiamento? Persone che si sentono superiori, che custodiscono la verità come fosse un privilegio personale, che trattano la fede come una proprietà privata. E quante volte, se guardo bene anche dentro di me, mi accorgo che quel fariseo… ci abita. Quella voglia di giudicare prima ancora di capire. Quel sentirsi migliori, più giusti, più meritevoli. Quel parlare senza ascoltare. Quella lingua che corre più veloce del cuore…

E poi c’è chi la fede la usa per difendere la propria posizione. Chi la trasforma in un codice di esclusione. Chi mette Dio sotto chiave, lo chiude dentro un tabernacolo, dietro una balaustra, come se avesse paura che… possa scappare! Come se potesse cambiare davvero il mondo. Eppure, Dio è venuto proprio per questo.

Santa Teresa di Lisieux lo diceva con una dolcezza disarmante: «Nostro Signore non scende dal cielo ogni giorno per stare in una pisside d’oro… ma per abitare nel cielo delle nostre anime». Un cielo che gli somiglia. Un cielo vivo. Un cielo che pulsa amore.

Dio non è un trofeo da custodire, è pane da spezzare, acqua da condividere, vita da offrire. Allora mi domando: che cosa direbbe oggi Gesù a chi lo nega ai peccatori? A chi si sente “migliore” e guarda gli altri dall’alto in basso? A chi si separa, si isola, si crede perfetto?

Io credo che direbbe una sola cosa: “Scendi. E condividi”. Perché il Vangelo – lo ripeto spesso – va raccontato con parole semplici, comprensibili, vere. Perché possa arrivare a tutti. A chi prega inginocchiato davanti all’altare, ma anche – e forse soprattutto – a chi da quella chiesa resta lontano.
Perché Gesù ha detto: Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura” (Mc 16,15). A ogni creatura. Senza distinzione. Senza giudizi. Senza barriere.

E allora tocca a te. E a me. Diventare pagine viventi del Vangelo. Non per predicare, ma per amare. Non per imporre, ma per servire. Non per chiudere, ma per accogliere.

Perché sì, un altro mondo è possibile. Uno dove l’egoismo non ha l’ultima parola. Uno dove Dio non si ruba, ma si dona a piene mani! #Santanotte

Alessandro Ginotta

Il dipinto di oggi è: “Christus Consolator”, di Carl Heinrich Bloch, 1875, olio su tela, Brigham Young University Museum of Art

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