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Quattro chiacchiere con Gesù

Quattro chiacchiere con Gesù

Godiamoci questo frammento di vita privata: Gesù e un amico. Finalmente, qualcuno con cui può parlare davvero. Non uno qualunque. Un uomo dalla mente aperta, lo spirito vivace, pronto a rischiare pur di incontrarlo. Immagina la scena: è notte fonda. Le strade sono buie. E lui sgattaiola tra le ombre per non farsi vedere. Chi è? Seguimi, te lo racconto nel mio (in)solito commento a:

“Dio ha mandato il Figlio perché il mondo si salvi per mezzo di lui” (Giovanni 3,14-21)

Siamo in un villaggio, avvolti dal silenzio della notte. Una figura si muove cauta tra le vie. È Nicodèmo. Un fariseo. Un “capo dei Giudei”, dottore della Legge, membro del Sinedrio. Tre titoli che, sulla carta, lo metterebbero tra gli oppositori di Gesù. E invece no. Nicodèmo è diverso. Più di un discepolo: è un amico.

Non si presenta in pubblico, non sfida il giudizio degli altri, ma nel cuore della notte va a trovare Gesù. E con Lui parla. Parla davvero. Come si fa con chi ci capisce. Come si fa con chi ci tocca l’anima.

Ed è sempre lui che, quando tutto sembrava perduto, quando il Maestro è stato deposto dalla Croce, si presenta con una mistura di mirra e aloe dal valore inestimabile. Lo fa senza clamore, ma con un gesto che parla chiaro: sta onorando un Re.

Nicodèmo ha due grandi vantaggi. Primo: conosce le Scritture. Non si perde nei dettagli, ci si tuffa dentro. Secondo: ha il cuore libero. Libero dai pregiudizi, dalle rigide gabbie della sua classe. Non mette freni allo Spirito, lo lascia volare in alto. E lì, proprio lì dove l’aria è più sottile, ci si avvicina al mistero di Dio.

Ed è a lui, a questo amico speciale, che Gesù confida il segreto della Croce. Sì, perché la Croce non è solo dolore. È molto di più. È dono. È amore allo stato puro. Parte da lontano questo discorso: da un serpente di bronzo, innalzato da Mosè nel deserto. Un episodio che, letto da solo, può lasciare perplessi. Ma se lo guardi alla luce di questo dialogo intimo, si illumina.

“Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo…” (Gv 3,14).
Una scena che pare dura. Serpenti velenosi, morte, paura. Ma poi arriva la salvezza: chi guarda in alto, vive. E Gesù ci dice: è la Croce il nostro “guardare in alto”. Quello che sembra il punto più basso, diventa slancio verso il cielo.

E lì, sulla Croce, Dio si è mostrato per quello che è: amore. Senza condizioni. Senza tornaconti. Senza pretese. Ci ha amati per primo. E ci ama ancora, anche quando noi ci dimentichiamo di Lui. Perché non c’è amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici (Gv 15,13). E tu, lo senti questo amore? Lo vedi, anche quando è buio?

Già, il buio. Ma sai quando fa davvero buio? Quando abbiamo le tenebre dentro. Quando lasciamo che le nostre paure ci allontanino da Dio. Quando ci perdiamo nei nostri affanni e smettiamo di alzare lo sguardo.

Abbiamo bisogno anche noi di una Croce da guardare. Di un segno che ci costringa a sollevare lo sguardo e ritrovare la luce. Perché la luce è già venuta nel mondo. Ma sta a me, a te, accoglierla o rifiutarla.
Sta a noi scegliere: restare nelle tenebre… o camminare verso la luce.

E allora… vieni, alziamo lo sguardo. Là dove c’è la Croce. Là dove c’è l’Amore. Là dove c’è Dio #SantAnotte

Alessandro Ginotta

Il dipinto di oggi è: “Nicodemo incontra Gesù”, di autore caravaggesco del XVII secolo, olio su tela, 112.5 x 124.0 cm, collezione privata

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