Due storie, intrecciate come in un romanzo avvincente, ci vengono raccontate da San Marco: l’audace emorroissa e la risurrezione della figlia di Giairo.
Ecco il mio in(solito) commento a: “Fanciulla, io ti dico: Alzati!” (Mc 5,21-43).
Il coraggio, intrecciato con la fede, fa proprio miracoli! Una donna temeraria, che da più di dodici anni soffre di perdite di sangue, raggiunge Gesù, si getta a terra e allunga la mano per toccare una frangia del suo mantello. La sua storia si intreccia con quella della figlia di Giairo. Qui, il coraggioso è proprio lui, il padre, che lascia la fanciulla sul letto di morte per cercare Gesù, convinto che Lui la possa riportare in vita. Due racconti che emergono con una grande fede, una caparbietà fuori dal comune, una volontà straordinaria.
Fede e coraggio sono la trama e l’ordito di questa narrazione. La fede vera è sempre audace, richiede coraggio per “credere contro ogni speranza” (cfr. Romani 4,18). Bisogna sperare, anche quando sembra sconsiderato e irragionevole. Dobbiamo sperare mentre tutto attorno a noi è buio e non avere paura di lamentarci con Dio, perché anche questa è una forma di preghiera.
L’emorroissa lo sa bene. A causa della sua malattia, era considerata impura dagli anziani e dai farisei: “chiunque la toccherà sarà immondo fino alla sera” (Levitico 15,19). Pensiamo a quanto devono essere stati difficili per lei questi dodici anni, costretta a fuggire lontano da tutti, evitando i contatti. Eppure, prende il coraggio tra le mani e afferra una frangia della tunica del Maestro. Secondo la Legge del Levitico, avrebbe reso Gesù impuro fino a sera, ma è Lui a “contaminare” lei con la sua grazia e a guarirla.
Vedi quanto è rivoluzionaria la figura di Gesù? Guarisce e fa miracoli di sabato, tocca lebbrosi e donne con perdite di sangue senza contaminarsi, purificandoli. Ci libera dal peccato, dal maligno e… può perfino salvarci dalla morte. Una figura così “destabilizzante” che farisei, scribi e dottori della Legge decisero di eliminarla.
Torniamo al coraggio. Lo troviamo anche in questo padre, ricco e potente funzionario. Quanta fermezza nelle sue parole: “Mia figlia è morta proprio ora; ma vieni, imponi la tua mano su di lei ed ella vivrà” (v. 18). Non c’è ombra di dubbio in lui. Solo fede. E la fede viene ricompensata: la figlia, che tanto amava, viene strappata alla morte.
L’amore che Dio prova per noi è così grande che il suo cuore si muove a compassione ogni volta che un ammalato gli chiede soccorso. Ma, c’è un ma! Gesù non guariva “tutti” ma curava “tutti quelli che incontrava”. E c’è differenza tra guarire e curare.
L’incontro con Gesù è qualcosa che ci trasforma radicalmente. Lo sa bene San Paolo, che da persecutore dei cristiani si trasformò nel più appassionato degli apostoli, dopo aver incontrato Gesù sulla via verso Damasco. E l’incontro deve essere a “doppio senso”: da un lato Dio, proteso verso l’uomo, cerca sempre di incontrarci.
Per guarire, dobbiamo accettare la cura di Gesù. Bisogna lasciarci toccare l’anima da Lui. Essere così audaci, come l’emorroissa, da inseguire Gesù e toccare la sua anima!
Egli è sempre qui, nonostante il nostro rifiuto. Nonostante il nostro prendere le distanze da Lui. Mentre noi non sempre siamo disposti ad incontrarlo. Non sempre abbiamo la volontà di ascoltarlo. Talvolta, ostinandoci nel nostro peccato, gli impediamo di guarirci anche se Lui lo vorrebbe. Perché? Perché Dio ci ama così tanto da concederci il libero arbitrio, ossia: la facoltà di sbagliare. Ogni volta che commettiamo il peccato ci allontaniamo da Lui, come se gli voltassimo le spalle, come se gli dicessimo: no, non mi interessa la tua guarigione, mi tengo la mia malattia.
E così, chi di noi si comporta come un fariseo, convinto di essere perfetto, certo di essere nel giusto, chiuso nella bolla del proprio orgoglio, non potrà guarire. Dio non si impone, si propone. Così, quando vede una lacrima scendere sul nostro viso, non può che commuoversi e accorrere in nostro aiuto. Poi sta a noi. Se davvero vogliamo guarire, dobbiamo essere disposti a cambiare. Non dobbiamo sentirci sicuri come il fariseo, ma sempre pronti a metterci in discussione come il pubblicano. Dobbiamo accogliere il suo amore, se vogliamo guarire. Dobbiamo permettere a Gesù di toccare la nostra anima, guarire prima lei e poi tutto il corpo.
Abbi anche tu il coraggio di sfiorare il mantello di Gesù. Sii audace nella preghiera e Dio ti ricompenserà! #Santanotte
Alessandro Ginotta
Sostieni labuonaparola.it
Se ti piace questo blog sostienilo. La tua donazione mi aiuterà a continuare a creare contenuti di qualità.
Ogni contributo, grande o piccolo, fa la differenza. Grazie per il tuo sostegno!
Scopri di più da La buona Parola
Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.