Ti svelo una verità sorprendente: Dio desidera guarire quel sordomuto ancora più di quanto l’uomo stesso voglia liberarsi dalla sua malattia. Perché? Perché Dio vuole dialogare con lui, instaurare una relazione profonda che non può nascere se l’uomo non è in grado di ascoltare e rispondere.
Il mio (insolito) commento a: “Fa udire i sordi e fa parlare i muti” (Marco 7,31-37)
Spesso ti ho parlato della sete di Dio, quella fame di infinito che ci portiamo dentro, un’inquietudine che ci spinge a cercare qualcosa di eterno. Come dice Santa Teresa d’Avila: «La sete esprime il desiderio di qualcosa, un desiderio così intenso che ne moriamo se ne restiamo privi» (dal Cammino di perfezione). E qui sta il paradosso che ti lascerà di stucco: la sete di Dio per noi è ancora più grande. Dio ha sete della nostra sete di Lui. È un incontro di due desideri che si uniscono, una ricerca che si compie solo nell’infinito, dove Dio abbraccia l’uomo.
Ecco allora il legame tra questa sete e la guarigione del sordomuto. Leggiamo insieme il miracolo:
“Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente” (vv. 32-35).
Il sordomuto voleva sentire e parlare? Sì, ma c’era qualcosa di più profondo: Gesù desiderava aprire con lui un dialogo. Dio cerca sempre un modo per confortarci, seguirci, anticipare le nostre richieste. È come se non potesse essere felice senza di noi. L’amore di Dio ci precede, ci cerca, soprattutto quando ci sentiamo più miserabili e persi.
Ecco perché Dio voleva guarire quel sordomuto: non solo per restituirgli l’udito e la parola, ma per aprire un dialogo, una relazione che va oltre il fisico. E questo vale per tutti noi.
Facciamo un passo in avanti. Cosa significa, in senso più ampio, questa azione di Dio? Lui desidera comunicare con ciascuno di noi, anche con chi ha orecchie perfettamente funzionanti ma non ascolta con l’anima. Dio tocca continuamente le corde del nostro spirito per parlarci. Lo fa attraverso la sua Parola, che cresce dentro di noi; attraverso gli eventi della vita; e attraverso la meraviglia del creato, dal fascino di un tramonto all’ordine cosmico. Ogni cosa intorno a noi parla di Dio.
Ma quante volte ci rifiutiamo di ascoltarlo? È come se chiudessimo le orecchie e voltassimo lo sguardo dall’altra parte. Il caos delle nostre vite, fatto di preoccupazioni materiali, la ricerca ossessiva del consenso, la corsa a conformarsi senza un vero scopo, tutto questo ci stordisce. Ci rende sordi alla voce di Dio, muti nel dialogo con Lui.
Anche noi, ogni giorno, abbiamo bisogno del nostro «Effatà», del nostro «Apriti!». Abbiamo bisogno di risvegliarci e camminare nella luce di Dio.
#Santanotte #Effatà
Alessandro Ginotta
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