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Spalanca le porte del Cenacolo che è in te!

Spalanca le porte del Cenacolo che è in te!

Ora, chissà… potrebbero arrivare da un momento all’altro. I soldati, intendo. Abbiamo chiuso a doppia mandata, sprangato ogni porta, ci siamo serrati dentro questo rifugio improvvisato. Eppure il cuore non si lascia imbrigliare: batte forte, scalpita, urla nella gola secca. Poi, di colpo, come un tuono che squarcia il silenzio, sentiamo un rombo, come un vento che si precipita dentro. E qualcosa – o qualcuno – prende forma davanti ai nostri occhi sbarrati.

Il mio in(solito) commento a:
Otto giorni dopo venne Gesù (Giovanni 20,19-31)

Un’ombra, dapprima evanescente, si ispessisce, diventa corpo, vita. Dove prima c’era solo il vuoto, ora c’è una presenza. È successo di nuovo. Proprio come otto giorni fa…

Eravamo lì, impauriti, smarriti. Nel luogo stesso dove, solo pochi giorni prima, avevamo celebrato la Pasqua con Lui. E ricordavamo ancora quei gesti strani, le parole misteriose: uno di noi lo avrebbe tradito. Lui, il Maestro, che si cingeva i fianchi con un asciugamano e si chinava a lavarci i piedi. Non riuscivamo a capire. Poi… la croce, la morte, il sepolcro. Le donne che parlavano di angeli. La tomba vuota, il telo piegato. E noi… smarriti, sospesi tra la paura e una speranza che non osavamo nemmeno nominare.

Ora lo so. Senza Dio nel cuore, noi uomini siamo poca cosa. Ci illudiamo di bastare a noi stessi, ma basta un soffio, una crepa, e tutto il nostro castello crolla. Anche noi, come Tommaso, abbiamo bisogno di toccare con mano, di vedere per credere. Abbiamo bisogno che lo Spirito Santo ci apra il cuore.

Otto giorni prima Tommaso non c’era. Non aveva visto Gesù. E così, quando gliene parlarono, il dubbio lo divorava. Eppure, quando finalmente incontra il Risorto, tutto cambia. Non servono più prove, non servono più ferite da toccare: il cuore, colmo della presenza viva di Cristo, grida: «Mio Signore e mio Dio!».

Anche a noi Gesù ripete quelle due parole semplici e immense: Venite e vedrete! Venite. È l’invito, dolce e forte, a non avere paura di avvicinarci. Vedrete. È la promessa che chi cerca, troverà. Ma non basta guardare da lontano: ci è chiesto di andare oltre, di immergerci, di sporcarci le mani con la vita vera, di toccare le piaghe dell’umanità, di provarne il dolore e di scoprire la gioia che nasce dalla condivisione.

Perché Gesù non vuole spettatori. Ci chiama ad essere protagonisti. Ci invita a costruire con Lui un Regno fatto di amore, di perdono, di accoglienza. Ora tocca a me. Ora tocca a te. Abbiamo incontrato il Risorto: non possiamo più stare fermi. Come Tommaso, come gli apostoli, siamo chiamati ad andare. A testimoniare. Con la vita, con i gesti, con lo sguardo che accoglie, con le mani che si tendono. Siamo chiamati a diventare pagine viventi di Vangelo, a dimostrare che sì, un altro mondo è possibile. Che l’amore può vincere sull’egoismo. Che la speranza può spezzare il cinismo.

Dio si lascia trovare da chi lo cerca. Che il nostro cuore, allora, sia sempre pieno di Lui! #Santanotte

Alessandro Ginotta

Il dipinto di oggi è: “L’incredulità di San Tommaso”, di un allievo di Caravaggio, 1580, olio su tela, 124×167 cm, collezione privata

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