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San Giovanni Battista decollato

San Giovanni Battista decollato

Hai mai decapitato un profeta?

Lo so, ti sembra una domanda assurda. Forse, mentre la leggi, hai anche fatto una smorfia: “Io? Ma figurati! Non farei mai una cosa simile!”. Eppure… aspetta un momento, non scappare subito. Questa sera, sul mio blog, ti porto a riflettere su questa provocazione che, in fondo, tanto assurda non è.

Il mio in(solito) commento a:
«Erode mandò a decapitare Giovanni e i suoi discepoli andarono a informare Gesù» (Matteo 14,1-12).

C’è stato un tempo in cui i profeti venivano eliminati fisicamente, perché erano troppo scomodi. È successo a Geremia, finito lapidato dai suoi stessi connazionali, stanchi dei suoi rimproveri. È successo a Elia, costretto a fuggire dalla regina Gezabele e a nascondersi nel deserto. Giona, per non fare il profeta “scomodo”, preferì buttarsi in mare, finendo nella pancia di un pesce. E oggi? Credi che sia cambiato qualcosa? Prima di rispondere, immergiamoci in questa pagina di Vangelo.

C’è un dettaglio che molti si perdono: gli Erode del Vangelo non sono tutti uguali. Il primo, Erode il Grande, è quello che ingannò i Magi e ordinò la strage degli innocenti, sperando di far fuori anche Gesù. Il secondo, Erode Antipa, non era nemmeno re: era un tetrarca, un governatore a cui la corona sfuggì di mano, finita al fratello Archelao.

Ma non farti ingannare dalle apparenze. Se il primo Erode fu assassino di bambini, Antipa non fu certo da meno nei peccati. Si innamorò di Erodiade, moglie di suo fratello Filippo, e non si fece scrupoli a portarsela via e sposarla, nonostante fosse per lui sia nipote che cognata. Giovanni Battista provò a scuoterlo, a fargli capire l’immoralità di ciò che stava facendo, ma il male, si sa, è come un serpente: striscia nell’ombra, ci avvolge e ci soffoca. Erode Antipa rimase ammaliato anche da Salomè, figlia di Erodiade e sua pronipote. Fu lei, danzando davanti a lui, a ottenere la testa di Giovanni.

E qui sta la sottile verità: entrambi gli Erode hanno ucciso per mettere a tacere Dio. Uno cercando di assassinare Gesù appena nato. L’altro facendo tacere Giovanni Battista, il più grande tra i nati da donna.

E noi? Noi non siamo forse come loro ogni volta che soffochiamo quella voce interiore che ci spinge a fare il bene? Ogni volta che zittiamo la coscienza, che ignoriamo il “profeta” che ci parla dentro, noi stiamo facendo esattamente lo stesso. Lo decapitiamo. Lo mettiamo a tacere perché ci infastidisce, perché ci rimprovera, perché ci spinge a cambiare direzione quando noi invece vogliamo tirare dritto.

È terribile da dire, ma è così: anche noi, a volte, uccidiamo Gesù. Lo uccidiamo dentro di noi, quando lo dimentichiamo. Quando preferiamo il male al bene. Quando lasciamo che la nostra coscienza ci appaia come un peso e ci liberiamo di lei, anziché ascoltarla. Spegniamo quella fiammella divina che Dio ha acceso nel nostro cuore per farci luce nelle notti più buie.

Ma fermiamoci qui. Perché c’è una buona notizia: Dio non smette di amarci. Noi possiamo anche provare a fuggire, a nasconderci, a metterlo a tacere… Lui no. Lui continua a cercarci. Non è il giudice severo che immaginiamo, ma il più tenero dei padri, pronto a perdonare tutto, al minimo cenno del nostro cuore.

Non esiste peccato così grande da non poter essere perdonato. Non esiste figlio che non venga riaccolto tra le braccia del Padre. Perché Dio è più grande delle nostre paure. È più grande del nostro peccato. È più grande perfino della nostra testardaggine.

E allora… prima di “decapitare” il prossimo profeta che ci urta la coscienza, proviamo ad ascoltarlo. Potrebbe essere la voce stessa di Dio che ci sussurra: “Coraggio, riparti, io sono con te”.

#Santanotte

Alessandro Ginotta

Il dipinto di oggi è: “San Giovanni Battista nel deserto”, di José Leonardo, 1635, olio su tela, 195.58 × 118.75 cm, LACMA, Los Angeles, USA

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