
Quando la notte non tornerà più
I brani che ascoltiamo in questi giorni ci raccontano di sventure, di distruzioni, di segni nel cielo. Parlano della Parusia, la Seconda Venuta di Cristo sulla terra. Eppure, non è un racconto di paura. È una chiamata a sperare. A fidarci. Perché il Vangelo non è mai scritto per spaventarci, ma per risvegliare la speranza.
Il mio (in)solito commento a:
«Quando vedrete accadere queste cose, sappiate che il regno di Dio è vicino» (Luca 21,29-33)
Sai, anche la parola “Apocalisse” non significa distruzione. Significa rivelazione. Viene dal greco apokálypsis, che vuol dire “togliere il velo”, “svelare ciò che era nascosto”. Non è, dunque, la fine di tutto, ma l’inizio di una verità che finalmente si mostra. L’Apocalisse non ci parla di un mondo che muore, ma di un mondo che si trasforma, di una creazione che torna al suo Creatore.
“Non ci sarà più notte, perché il Signore Dio li illuminerà” (Ap 22,5). Non ti sembra meraviglioso? È come se ci venisse detto che il buio che ci fa paura, quello che a volte ci sembra vincere, ha già i giorni contati. Che ogni nostra notte avrà un’alba.
Eppure, anche i primi cristiani si lasciarono spaventare. San Paolo dovette ricordarlo con parole ferme e tenere insieme: non lasciatevi confondere, non correte dietro a chi annuncia che la fine è imminente. Perché la fede non è attesa angosciata, ma fiducia che cammina. Non serve chiudersi in casa o smettere di vivere: serve accendere la lampada, quella dell’Avvento, e continuare a fare il bene, ogni giorno, finché Dio non verrà a completarlo.
Perché nessuno sa quando sarà quel giorno. “Né gli angeli, né il Figlio, ma solo il Padre” (Mt 24,36). E allora, che senso avrebbe aver paura? Il mondo finirà, certo. Ma non finirà l’amore. Perché la fine del mondo non sarà una fine, ma un passaggio. Sarà il nuovo inizio di una vita diversa, luminosa, piena, in cui Dio non sarà più un mistero da cercare, ma una Presenza da abbracciare.
Immagina: una città dove non servono più porte, perché non esiste il male. Dove non ci sarà bisogno di lampade, perché la luce sarà Dio stesso. È questa la “nuova Gerusalemme”. È questo il destino promesso a chi non si lascia vincere dalla paura.
E allora ascolta queste parole come un invito: “Ecco, io sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e apre, io entrerò da lui, cenerò con lui ed egli con me” (Ap 3,20).
Apri quella porta. Lascia entrare la Luce. Perché Dio non viene mai per spaventare, ma per dimorare. Non per distruggere, ma per ricreare.
E quando le prime lampade dell’Avvento si accenderanno, ricordati che ogni fiamma è un segno di questo ritorno. Che ogni luce è un piccolo anticipo del Regno che si avvicina. Perché la notte è già iniziata… e non tornerà più. #Santanotte
Alessandro Ginotta

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