• La Buona Parola - il blog di Alessandro Ginotta
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Invitati speciali

Invitati speciali

Questa parabola va ben oltre l’immagine di un pranzo o di una cena. Non parla solo di chi invitiamo a tavola, ma di chi lasciamo entrare nella nostra vita. Quante volte scegliamo le persone “giuste” da frequentare, quelle che ci fanno comodo, che ci valorizzano, che non ci complicano la vita. Gesù invece ci chiede di aprire la porta a chi può solo “toglierci tempo”, a chi non ha nulla da darci se non la sua presenza ferita, la sua storia difficile

Il mio (in)solito commento a:
«Non invitare i tuoi amici, ma poveri, storpi, zoppi e ciechi» (Luca 14,12-14)

Sai qual è la vera rivoluzione del Vangelo di oggi? Gesù ci invita a cambiare la lista dei nostri “ospiti”.
Ci chiede di spostare l’attenzione: non verso chi può restituire, ma verso chi può solo ricevere. Non verso chi ci somiglia, ma verso chi ci scomoda.

“Poveri, storpi, zoppi, ciechi”… parole che oggi suonano dure, quasi scandalose. Ma Gesù non le usa per ferire: le usa per aprirci gli occhi. Ai suoi tempi erano semplicemente parole vere, dirette. Non esistevano termini più dolci, ma soprattutto non esistevano schermi tra le persone. Ecco, forse è proprio questo che manca oggi: la verità degli sguardi.

Gesù ci mette davanti allo specchio e ci dice: smettila di invitare solo chi ti fa sentire a tuo agio. Apri la porta anche a chi ti mette in crisi, a chi non ha nulla da offrirti se non la propria fragilità.
Perché è lì — proprio lì, dove non c’è contraccambio — che si nasconde la benedizione.

E tu, lo senti? Il disagio che nasce quando pensi di accogliere qualcuno che non conosci, qualcuno che “non è come te”? È il primo passo verso il Vangelo. È la soglia della conversione del cuore.

Ma questa parabola va ben oltre l’immagine di un pranzo o di una cena. Non parla solo di chi invitiamo a tavola, ma di chi lasciamo entrare nella nostra vita. Quante volte scegliamo le persone “giuste” da frequentare, quelle che ci fanno comodo, che ci valorizzano, che non ci complicano la vita. Gesù invece ci chiede di aprire la porta a chi può solo “toglierci tempo”, a chi non ha nulla da darci se non la sua presenza ferita, la sua storia difficile. È un invito a vivere la gratuità in ogni ambito: nei rapporti, nel lavoro, nei gesti quotidiani.

Essere cristiani, infatti, non significa fare beneficenza a tempo perso, ma imparare a vivere ogni relazione come un dono. A non pesare quanto ci viene restituito, ma a donare perché è bello farlo.
A smettere di calcolare il rendimento dell’amore.

Gesù ci insegna che la vita non è una bilancia, ma una tavola imbandita. E che la gioia non sta nel sedersi accanto ai migliori, ma nel far spazio a chi nessuno invita mai.

Perché ogni volta che scegli di amare senza aspettarti nulla, tu stai già partecipando al banchetto del Regno. E Dio, in silenzio, si siede accanto a te.

Non dimenticarlo: Gesù non è venuto a farci i complimenti, ma a cambiare le nostre priorità.
Non è sceso per applaudire i vincenti, ma per sedersi accanto a chi è rimasto indietro.

E allora prova, la prossima volta che prepari la tua “tavola”, ad aggiungere un posto in più.
Quel posto vuoto… è il posto di Dio #Santanotte

Alessandro Ginotta

Il dipinto di oggi è: “L’Ultima Cena”, di Juan Vicente Macip, 1562, olio su tavola, 116×191 cm, Museo del Prado, Madrid

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