
Il vero significato della parola “guai”
Se anche tu, qualche volta, ti sei sentito piccolo, inadeguato, imperfetto… sappi che è proprio lì, nella tua fragilità, che Dio ti abbraccia più forte. Perché non si innamora delle maschere, ma dei cuori veri.
Il mio (in)solito commento a:
«Guai a voi, farisei; guai a voi dottori della legge» (Luca 11,42-46)
Hai mai visto Gesù arrabbiarsi? Non capita spesso. Ma oggi, nel Vangelo, lo fa. E lo fa con forza. Perché davanti all’ipocrisia, anche il cuore più misericordioso si indigna.
Immagina la scena. Gesù parla in mezzo alla folla, e i farisei, con i loro abiti perfetti e il naso all’insù, si fanno largo tra la gente. Credono di essere i migliori, i più giusti, i più vicini a Dio. Ma Gesù li guarda, e in quello sguardo c’è tutta la delusione di chi vede l’amore trasformato in potere, la fede ridotta a formalità.
«Guai a voi», dice. E non è una minaccia, è un grido di dolore. Tu sai che io preferisco usare parole semplici e non mi piace fare ricorso a citazioni greche o latine, tuttavia qui mi serve farlo per capire meglio il significato di questo “Guai”, che non vuole essere una “minaccia”, ma una constatazione piena di dolore. La frase “guai a voi”, infatti, in greco è espressa dalla parola ouai (οὐαί). Il termine ouai è una forma di esclamazione, simile a “ahi”, “ahimè”, che può essere anche tradotta con “guai”, e indica un’espressione di condanna o di profonda tristezza. In questo caso però io leggo in queste parole che escono dalla penna di San Luca evangelista qualcosa di simile a “Oh poveri voi!”.
L’ipocrisia ferisce. Ferisce chi la subisce, ma ferisce anche chi la pratica. È una maschera che toglie respiro all’anima. I farisei avevano trasformato la fede in una vetrina. Rispettavano la legge, sì, ma solo per farsi vedere. Pregavano, ma per essere applauditi. Offrivano, ma per vantarsi. Erano esperti nel dare lezioni agli altri, ma incapaci di guardarsi dentro.
E tu, quante volte ti sei sentito giudicato da qualcuno che “si crede migliore”? Quante volte hai pensato che, se anche Dio fosse come certi uomini, non ci sarebbe speranza per nessuno? Eppure Dio non è così. Dio non mette voti. Non fa classifiche. Lui guarda al cuore. Sempre.
Gesù non sopporta chi usa la fede per opprimere. Chi si nasconde dietro le regole per evitare di amare davvero. Chi pesa ogni gesto degli altri, ma non pesa mai i propri. E sai perché? Perché l’amore non si misura. L’amore si vive. Quando la religione perde il calore della misericordia, diventa solo un guscio vuoto.
Gesù ci invita a non essere come loro. A non vivere la fede come un copione da recitare, ma come una storia d’amore da scrivere ogni giorno. Ci chiede di essere autentici, di mettere il cuore dove gli altri mettono solo apparenza.
Sì, Dio è buono. Ma non è ingenuo. Non si lascia ingannare da chi finge di servirlo per servire se stesso.
E allora, oggi, questo “guai a voi” non è una condanna, ma un appello. È la voce di un Padre che ci scuote: “Smetti di fingere. Torna a vivere con sincerità. Torna ad amare davvero.”
Gesù non ci vuole perfetti. Ci vuole veri. Vuole mani che si sporcano, cuori che perdonano, occhi che sanno vedere oltre le apparenze.
E se anche tu, qualche volta, ti sei sentito piccolo, inadeguato, imperfetto… sappi che è proprio lì, nella tua fragilità, che Dio ti abbraccia più forte. Perché non si innamora delle maschere, ma dei cuori veri.
Lascia cadere ogni finzione. Lascia che la tua fede profumi di vita. Perché il Vangelo non è un dovere da rispettare, ma una festa da vivere. E la gioia – quella vera – nasce solo quando smettiamo di fingere e iniziamo ad amare #Santanotte
Alessandro Ginotta

Sostieni labuonaparola.it
La tua donazione mi aiuterà a continuare a creare contenuti di qualità:
Ogni contributo, grande o piccolo, fa la differenza. Grazie per il tuo sostegno!
Gli in(soliti) commenti di La buona Parola nella tua e-mail!
Iscriviti ora alla newsletter: è completamente gratis e potrai cancellarti in ogni momento.


