
Il colpo più grosso di tutta la vita
Hai mai pensato che il primo santo canonizzato da Gesù non fosse un discepolo, né un profeta, né un uomo giusto… ma un ladro? Sì, proprio così.
Il mio (in)solito commento a:
Signore, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno (Luca 23,35-43)
Il suo nome è San Disma, “il buon ladrone”. Crocifisso accanto a Gesù, con le mani inchiodate e la vita appesa a un filo, trova la forza di pronunciare una delle preghiere più semplici e più potenti della storia: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno».
Nel Vangelo di Luca il suo nome non compare, ma la tradizione lo tramanda dal Vangelo apocrifo di Nicodemo, e il Martirologio Romano lo ricorda il 25 marzo, lo stesso giorno dell’Annunciazione. È come se la Chiesa avesse voluto unire, in un solo giorno, l’inizio della vita di Cristo nel grembo di Maria e la rinascita di Disma ai piedi della Croce. In entrambi i casi, la Parola si fa carne: una volta nel grembo di una Madre, l’altra nel cuore di un peccatore pentito.
E qui c’è un dettaglio sorprendente. La parola “Paradiso” nei Vangeli appare una sola volta. Solo in questa scena. Solo per lui. Non per Pietro, non per Giovanni, non per nessuno dei discepoli. Gesù la pronuncia per un uomo condannato, uno che aveva sbagliato tutto. Eppure basta quel soffio di fede, quel “ricordati di me”, per spalancare le porte del Cielo.
È incredibile come Dio riesca a ribaltare le situazioni. Ai piedi della Croce, molti avranno pensato: “Finalmente la giustizia è fatta!”. Due criminali e un “sobillatore del popolo” (Luca 23,14) vengono giustiziati. Ma Dio, ancora una volta, scompiglia le carte. Proprio nel luogo della sconfitta, nel buio più profondo della storia, nasce la vittoria più grande: quella della vita sulla morte, dell’amore sull’odio, della misericordia sul peccato.
E tra quelle tre croci, una luce improvvisa squarcia le tenebre. È la luce che si accende nel cuore di Disma. Il suo sguardo incrocia quello di Gesù, e tutto cambia. Non chiede di essere liberato dal dolore, non implora di scendere dalla croce. Chiede soltanto una cosa: di essere ricordato. E in quell’istante, scassina il cuore di Dio. Il buon ladrone compie il colpo più grosso della sua vita: ruba il Paradiso.
C’è qualcosa di meravigliosamente umano in tutto questo. La scintilla di Dio che brilla nel cuore di Disma è la stessa che abita anche in te, in me, in ciascuno di noi. È quella voce interiore che, anche quando tutto sembra perduto, ti sussurra che non è mai troppo tardi per rialzarti, per chiedere perdono, per tornare a Lui.
Se Disma fosse rimasto un ladro, avrebbe cercato di rubare la vita, di salvarsi dalla morte. Invece sceglie di “rubare” l’eternità. Capisce che la vita terrena non è tutto. Che le cose di Lassù valgono più delle illusioni di quaggiù. E così, in quell’ultimo respiro, conquista la vera libertà.
E tu? Cosa avresti fatto al suo posto? Avresti chiesto di scendere dalla croce… o di salire in Paradiso? #Santanotte
Alessandro Ginotta

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