
Giovanni, il ponte tra il cielo e la terra, ci aiuta a riconoscere il Volto di Dio
Immaginalo, Giovanni. Non un uomo elegante, ma un’anima selvaggia, libera, che vive di miele e di vento. Sulle rive del Giordano, tra la polvere e la sete, la sua voce è come un fiume che scava nella roccia. Parla di conversione, ma non con durezza: con forza. Con quella forza che nasce solo dall’amore. Lo vedo, nella mia mente, come un uomo possente, la pelle bruciata dal sole, gli occhi pieni di cielo, le mani che uniscono due colonne fatte di pagine: da un lato l’Antico Testamento, dall’altro il Nuovo. E lui, teso tra quei due mondi, li tiene uniti, permettendo alla Parola di compiere il suo salto verso l’eternità
Il mio in(solito) commento a:
Non ci fu uomo più grande di Giovanni Battista (Matteo 11,11-15)
Giovanni è il ponte tra due volti di Dio. Perché sì, Dio non cambia, ma cambia la nostra percezione di Lui. Stiamo imparando a conoscere Dio. A piccoli passi. Come chi mette a fuoco un’immagine sfocata: prima solo ombre, poi linee, infine un volto che finalmente ci guarda.
Ci sono uomini che, nel grande disegno della storia, diventano ponti tra cielo e terra. Uomini che aprono strade, che non si limitano a parlare di Dio, ma lo indicano. Giovanni il Battista è uno di loro. Anzi, è il più grande. Il suo nome risuona tra le pietre del deserto, la sua voce è un’eco che squarcia il silenzio dell’attesa: “Preparate la via del Signore”.
Ma Giovanni non è solo il profeta che annuncia. È il punto d’incontro tra due mondi: l’ultimo dei profeti e il primo dei discepoli. In lui, l’Antico e il Nuovo Testamento si stringono la mano. Mi piace immaginarlo come un uomo possente, teso tra due colonne fatte di pagine sacre: da una parte la Legge, dall’altra la Grazia. E lui, con le braccia aperte, tiene unite quelle due storie, per farne una sola: la storia di un Dio che si fa vicino.
Perché sì, è proprio questo che accade con Giovanni: l’immagine di Dio cambia. Non è più il Dio delle tempeste e dei fulmini, quello che punisce e distrugge. È lo stesso Dio, ma noi lo vediamo con occhi nuovi. È come se, lungo i secoli, la nostra capacità di comprenderlo si fosse allargata, e il suo volto fosse diventato più nitido, più umano, più amorevole.
Nel deserto del Giordano, Giovanni non parla di un Dio irraggiungibile, ma di un Dio che si china, che si sporca le mani, che cammina tra noi. Un Dio che non cancella la Legge, ma la porta a compimento. Un Dio che non giudica per distruggere, ma per guarire.
E allora, se prima vedevamo un Giudice severo, ora cominciamo a scorgere un Padre. Un Padre che, anche dopo il primo peccato, invece di abbandonare i suoi figli, “fece per loro tuniche di pelle e li vestì”. Ti rendi conto? Proprio lì, dove nasce la colpa, fiorisce la tenerezza. È l’immagine più bella del perdono: Dio che copre la nostra vergogna e ci riveste d’amore.
Nulla ci separa da Lui, tranne noi stessi. È la nostra durezza di cuore, il nostro voler fare da soli, che ci allontana. E allora l’inferno non è un luogo: è la distanza da Dio, il freddo che si prova quando ci si stacca dal suo abbraccio. Ma anche lì, nel gelo della solitudine, Lui non smette di cercarci. È sempre pronto a cucire per noi un’altra tunica, a restituirci dignità, a ricordarci che siamo amati. Sempre.
Giovanni lo aveva capito. Per questo non si è mai messo al centro. Lui sapeva che stava per arrivare Qualcuno più grande, e ha preparato il mondo ad accoglierlo: “Io vi battezzo con acqua, ma viene colui che vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco”. Quel fuoco è l’amore che trasforma tutto, che accende la speranza, che illumina il volto di Dio.
Così, nel cammino dei secoli, anche noi impariamo a vedere più chiaramente. A comprendere che Dio non cambia: cambiamo noi. Cresciamo. Passiamo da un’immagine infantile a una relazione matura, come dice San Paolo: “Ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa; ma allora vedremo a faccia a faccia”.
E forse è proprio questo il senso della fede: imparare a guardare, un po’ alla volta, finché il volto di Dio diventa luce negli occhi e calore nel cuore #Santanotte
Alessandro Ginotta

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