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Fra l’ultimo nostro respiro e l’inferno, c’è tutto l’oceano della misericordia di Dio

Fra l’ultimo nostro respiro e l’inferno, c’è tutto l’oceano della misericordia di Dio

Molti e molti passi di Vangelo ci insegnano che la misericordia e l’amore di Dio non hanno confini: Egli ci riserva sempre una seconda opportunità (ed una terza, ed una quarta…). Ma sarà sempre così, oppure verrà un momento in cui Gesù ci chiederà di rendere conto dei nostri misfatti?

Il mio in(solito) commento a:
Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli (Lc 12,35-38)

La prima volta che misi piede al Museo Egizio di Torino avevo sette anni. Rimasi subito affascinato da tutti quei reperti e dall’alone di storia e di mistero che li circondano. A colpirmi fu soprattutto un papiro che ritraeva il dio Anubi, con il corpo umano e la testa di sciacallo (lo scoprii solo in seguito, al momento ero convinto che si trattasse di un cane). Anubi teneva in mano una bilancia a due piatti: uno dei quali conteneva una piuma, il secondo era destinato ad accogliere l’anima del moribondo. Se quest’anima pesava meno della piuma, allora il defunto sarebbe stato accolto in paradiso. Questo atteggiamento manicheo che vede il bene ed il male contrapporsi in modo rigido senza ammettere mezze misure è piuttosto vicino al concetto di Dio, giudice severo, che troviamo in alcuni passi dell’Antico Testamento: chi si comporta bene avrà in premio il Paradiso, tutti gli altri verranno confinati all’inferno.

Il Nuovo Testamento introduce una rivoluzione presentandoci la figura di Dio Padre buono, pronto a riaccogliere tra le sue braccia il figlio fuggiasco che ha dilapidato le proprie sostanze, disposto a perdonare perfino i peccatori più incalliti purché se ne rendano conto e si pentano. Così il buon ladrone, San Disma, dopo una vita di ruberie e taglieggi, viene canonizzato da Gesù sulla croce, prima di esalare l’ultimo respiro. Come lui molti altri uomini e donne caduti in errore verranno perdonati e per loro si aprirà la possibilità concreta e fattiva di iniziare una vita nuova con Gesù ed i discepoli. Un Dio che ci sprona a perdonare: “Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette” (cfr. Matteo 18,21-35). Gesù ci invita ad amare il prossimo (cfr. Matteo 19,19; 22,39) anche quando il nostro prossimo si dimostra un nemico (Matteo 5,43-47).

Ma questo avverrà sempre? O ci sarà un momento in cui anche Gesù scruterà nel profondo della nostra anima per soppesare i nostri peccati?

San Paolo si esprime chiaramente: “è stabilito che gli uomini muoiano una sola volta e poi viene il giudizio” (Ebrei 9, 27), e in questo giudizio particolare “ciascuno riceve in base a ciò che ha fatto durante la sua vita mortale” (2 Corinzi 5, 10).

Tuttavia è nostro dovere astenerci dal giudicare o dal decidere se una persona vada o meno condannata all’inferno: perché “Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui” (Giovanni 3, 17). E ancora “Questa è la volontà di colui che mi ha mandato, che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma lo risusciti nell’ultimo giorno“, ed anche: “Così è volontà del Padre vostro che è nei cieli, che neanche uno di questi piccoli si perda” (Matteo 18, 14). Non possiamo sapere quali sentimenti abitino l’anima di un moribondo né se in cuor suo si sia pentito dei propri errori prima della morte. Sappiamo poi che “nulla è impossibile a Dio” (Luca 1 37). Ed anche che: “Questo è impossibile agli uomini, ma a Dio tutto è possibile” (Matteo 19, 26).

Allora a Dio che può tutto voglio chiedere la grazia di condurci tutti con sé in Paradiso. Voglio chiedere il miracolo della conversione di tutti noi affinché, pur con il nostro bagaglio di errori e di mancanze, possiamo lasciarci abbracciare dal suo Amore e accogliere il suo perdono. Siamo qui, come tanti figli prodighi. Siamo qui come tanti Disma. Non guardare alle nostre colpe, ma a quel barlume di bontà e speranza che alberga nel cuore di ciascuno di noi, là, dove tu hai posto una tua scintilla: nella nostra anima.

Perché, come recita quella splendida frase attribuita a Sant’Agostino: “Fra l’ultimo nostro respiro e l’inferno, c’è tutto l’oceano della misericordia di Dio” #Santanotte

Alessandro Ginotta

Il dipinto di oggi è: “L’Ascensione”, di Gustave Doré, 1879, olio su tela, 61×42 cm, Petit Palais, Parigi

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