Se siamo davvero la luce del mondo (cfr. Matteo 5,13-16), allora tu ed io abbiamo una missione: brillare, anche per chi ci sta accanto e ha dimenticato come farlo. Non nascondiamo la nostra luce!
Il mio (in)solito commento a:
“La lampada si pone su un candelabro, perché chi entra veda la luce” (Luca 8,16-18)
In questi giorni, la Liturgia ci spinge a diventare noi stessi pagine viventi del Vangelo. Non basta leggerlo, dobbiamo viverlo. È il nostro modo di comportarci, le scelte che facciamo ogni giorno, che parlano dei valori che custodiamo nel cuore, ispirati dalla Parola. Tu ed io non possiamo tirarci indietro: dobbiamo dare il buon esempio, ora più che mai. Sprecare la luce che sprigiona dalla nostra anima sarebbe un peccato. E non solo in senso figurato.
La luce è il principio di tutto. Fin dalle prime pagine della Bibbia, Dio ha detto: “Sia la luce!” (Genesi 1,3), e alla fine, nell’Apocalisse, Dio stesso è la luce che trionfa sulle tenebre (Apocalisse 22,5). È la luce che svela il mondo: ci permette di vedere il cielo, la terra, il mare, e tutte le creature che ci circondano. Anche Dio è vestito di luce (Salmo 104,2), e Gesù, trasfigurato sul monte Tabor, brillava come il sole (Matteo 17,2). Mosè, dopo aver parlato con Dio, era avvolto da quella stessa luce (Esodo 34, 29-30). La Parola di Dio è una luce che illumina il cammino della vita (Salmo 119,105).
E ora, Gesù ci chiede di essere quella luce. San Paolo ci ricorda che siamo “figli della luce” (Efesini 5,8-9). Come Mosè rifletteva la gloria di Dio, anche tu ed io dobbiamo “vestirci di luce” e diventare un faro per chi è ancora immerso nelle tenebre. Abbiamo ascoltato la Parola, letto la Bibbia, meditato il Vangelo… ora tocca a noi illuminare chi non ha avuto ancora questa opportunità.
Non si tratta solo di dire le cose giuste. La nostra vita deve essere la testimonianza. Dio ha acceso una fiamma dentro di te, dentro di me, una luce che nessun peccato può spegnere, se non glielo permettiamo. Lasciamo che quella luce brilli e illumini il nostro cammino, così come quello di chi ci è vicino. Perché la luce di Dio è l’unica in grado di dissipare le tenebre del mondo.
Essere luce significa portare Gesù là dove non è ancora arrivato. Dobbiamo brillare per sconfiggere l’oscurità che avvolge tanti cuori: l’egoismo, il materialismo, la corsa al piacere fine a sé stesso. Non serve fare grandi discorsi. Basta vivere la nostra vita quotidiana: divertirci senza eccessi, stare bene con gli altri, aiutarsi a vicenda. Questa è l’alternativa cristiana. Questo è il nostro compito, il compito che Gesù ci affida. Anche noi, laici, siamo chiamati a farlo nel nostro mondo di tutti i giorni.
E ricorda bene, amico mio: sottrarsi a questa richiesta è un peccato. Forse anche più grave di quello commesso da chi vive lontano dalla luce. Non siamo chiamati a giudicare, ma a illuminare. Non spetta a noi decidere chi vive bene o male. Il nostro compito è semplice: brillare. Brillare della luce che Dio ha messo dentro di noi. Non possiamo restare comodamente seduti, nascosti sotto il moggio. Dobbiamo alzarci e metterci là, sul candelabro, dove la nostra luce può essere vista. Dove la nostra testimonianza può davvero fare la differenza.
Alessandro Ginotta
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