
Dio abita in te
Se è vero che Dio è ovunque, è altrettanto vero che ha una preferenza: il cuore dell’uomo. Perché lì si sente a casa. Lì, tra le nostre paure, i nostri sogni, le nostre cadute e i nostri slanci, Dio prende dimora. Non è un inquilino occasionale: è un Padre che bussa per restare.
Il mio in(solito) commento a:
Lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome vi insegnerà ogni cosa (Giovanni 14,21-26)
No, Dio non è fatto per restare chiuso in una pisside dorata. Non è un tesoro da blindare in un forziere. Non è un oggetto da custodire dietro a una teca, come un cimelio antico. Dio è un dono, e i doni non si nascondono: si aprono, si offrono, si condividono. Dio è pane che si spezza, acqua che disseta, luce che cerca spiragli per entrare. Dio è fatto per essere vissuto.
Santa Teresa di Lisieux lo diceva con parole piene d’incanto: «Nostro Signore non scende dal cielo ogni giorno per restare chiuso in una pisside d’oro. Cerca un altro cielo: il cielo delle nostre anime». Ed è proprio lì che vuole abitare.
Ma dove abita davvero Dio?
Abita in alto, certo. Al di là delle stelle, oltre le galassie, perfino dentro quei misteriosi buchi neri che sfuggono alla nostra comprensione. Dio è più grande dell’universo stesso. Ma allo stesso tempo è minuscolo, fragile, concreto come un pezzetto di pane consacrato. È l’infinito che si fa intimo. L’eterno che si fa vicino.
Dio ha abitato questa terra, camminando con i sandali impolverati delle nostre strade. E ancora oggi, dimora nel silenzio dei tabernacoli delle nostre chiese. Ma non gli basta. Il Cielo non gli basta. Il cosmo non gli basta. Neppure le chiese gli bastano. Perché Dio cerca casa nel cuore dell’uomo.
«Se uno mi ama, osserverà la mia parola», dice Gesù, «e il Padre mio lo amerà, e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui». Dio vuole abitare in noi. Vuole entrare nelle nostre giornate, mescolarsi alla nostra quotidianità, fare casa nei nostri pensieri. Non ci guarda dall’alto: ci abita dentro.
Certo, ci sono modi diversi di cercarlo. C’è chi lo insegue nel silenzio, in un monastero antico, o tra le pieghe di una preghiera sussurrata. E poi c’è chi, magari in modo un po’ originale, finisce per… trattenerlo. Come quella vecchina gentile che conosco: una donna buona, che conserva da anni, in salotto, una particola consacrata. Rimasta lì da una Messa celebrata in casa sua, racchiusa in una scatolina decorata, attorno alla quale ha costruito un piccolo altare. E sai una cosa? Non lo tiene nascosto. Anzi, chiunque entri in casa sua, finisce per ascoltare una catechesi. Racconta quel frammento di Pane come si racconta una storia d’amore. E così quel Gesù, apparentemente “prigioniero”, in realtà viene spezzato ogni volta in un incontro, in un dialogo, in una testimonianza.
C’è poi chi Lo va a cercare nei margini, dove la vita fa più male. San Vincenzo de Paoli ci insegna che Dio si nasconde tra i poveri, nei volti feriti di chi ha perso la speranza. Ed è vero: là, tra le pieghe della sofferenza, Dio si lascia trovare.
Ma Dio non è solo nella croce. È anche nella gioia. Quella autentica, che ti scoppia nel cuore e ti fa danzare l’anima. Come successe ai settantadue discepoli, di ritorno dalla missione: pieni di entusiasmo, pieni di Dio. Come Gesù stesso, che esulta di gioia nello Spirito (Lc 10,21). Come la folla a Pentecoste, quando ascolta la Parola nella propria lingua e si sente compresa. Amata.
E se è vero che Dio è ovunque, è altrettanto vero che ha una preferenza: il cuore dell’uomo. Perché lì si sente a casa. Lì, tra le nostre paure, i nostri sogni, le nostre cadute e i nostri slanci, Dio prende dimora. Non è un inquilino occasionale: è un Padre che bussa per restare.
E così, perfino quella particola in salotto, così fuori posto secondo le regole, finisce per parlarci di Lui. Perché, anche lì, Dio non si è lasciato chiudere. Anche lì, ha trovato il modo per farsi dono, per uscire, per raccontarsi. Perché Dio è fatto così: non sopporta le gabbie. Non si lascia bloccare da una pietra sul sepolcro, da chiodi, da una lancia. E neppure da un cuore chiuso.
La sua forza è nell’andare, nell’abitare, nel farsi Pane. E in quel Pane spezzato c’è tutta la fame d’infinito che portiamo dentro.
Allora, non chiederti soltanto dove cercarlo. Prova, piuttosto, a sentire che Lui… ti abita già #Santanotte
Alessandro Ginotta

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