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Dal sogno di Giuseppe alla svolta del mondo

Dal sogno di Giuseppe alla svolta del mondo

Qui non siamo davanti a un miracolo “da calendario”, uno di quelli che si osservano da lontano. No. Qui siamo davanti a una svolta della storia, a una cerniera invisibile che unisce cielo e terra, Antico e Nuovo Testamento, promesse antiche e carne viva. Da questo “sì” silenzioso nasce un prima e un dopo che ha cambiato il modo stesso di contare il tempo… e il modo di stare al mondo.

Il mio decisamente in(solito) commento a:
«Gesù nascerà da Maria, sposa di Giuseppe, della stirpe di Davide»
(Matteo 1,18-24)

Fermati un attimo. Respira. Perché questa non è solo una pagina di Vangelo: è uno specchio. E, se hai il coraggio di guardarlo davvero, potresti riconoscerti.

Un Angelo ha chiesto fiducia a Maria. Un altro ha chiesto fiducia a Giuseppe. Due annunci diversi, due modalità opposte, un’unica richiesta: fidati di Dio quando non capisci.

Giuseppe. Prova a stargli accanto. Non idealizzarlo. Guardalo da vicino: è un uomo ferito. Deluso. Confuso. Ama Maria, ma il suo cuore è un campo minato. Sa che non è lui il padre di quel Bambino. E decide di farsi piccolo, di sparire senza clamore, di proteggere la donna che ama a qualunque costo.

E proprio lì, quando Giuseppe tocca il fondo del suo silenzio, Dio entra. Non entra sfondando. Entra chiedendo permesso: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere». Ogni volta che Dio chiama, lo fa così. Perché sa che la fiducia passa sempre attraverso la paura. Dio non la nega. La attraversa con noi.

Gli dice di prendere con sé Maria. Di prendersi carico di un Mistero più grande di lui. Di dare un nome a quel Bambino. Di diventare padre… senza esserlo nel modo che aveva immaginato.

E Giuseppe, quando si sveglia, fa. Non discute. Non contratta. Non rimanda. Fa come gli è stato detto.

Dimmi: quando è stata l’ultima volta che hai fatto così anche tu? Perché, se siamo onesti, quante volte ci lamentiamo che Dio non risponde, che sembra assente, che la nostra preghiera cade nel vuoto… ma noi, davvero, lo ascoltiamo? O ascoltiamo solo quello che ci conviene?

Dio parla. Sempre. Parla nella Parola che ti abita e ti inquieta. Parla negli eventi che ti scombinano i piani.
Parla nella bellezza che ti spiazza: un cielo che si accende al tramonto, l’armonia invisibile delle particelle, l’immensità del cosmo che ti ricorda quanto sei piccolo… e quanto sei amato. Ma spesso non vogliamo vedere. Non vogliamo sentire. Perché ascoltare Dio significa lasciarsi spostare. E noi, diciamolo, amiamo le nostre certezze anche quando ci fanno male.

I doni di Dio, però, hanno una legge precisa: non crescono senza la nostra disponibilità. Dio non forza mai la mano. Attende. Bussa piano. Sussurra. E rischia persino di non essere ascoltato. Ascoltare oggi è difficile. Viviamo immersi nel rumore, nella fretta, nel chiasso continuo che riempie le strade, le case, perfino il cuore. E così rischiamo di perdere la voce di Dio. Non perché Egli non parli, ma perché noi non facciamo più silenzio.

Eppure, se togli il superfluo…
se spegni il frastuono…
se resti un po’ in ascolto…
quella voce ritorna.

Non come un comando, ma come una chiamata alla vita: testimonia con ciò che sei che Dio è con noi. Giuseppe non ha pronunciato una sola parola nei Vangeli. Eppure ha custodito il Verbo. Ha cambiato la storia senza fare rumore.

Forse oggi Dio non ti chiede di capire tutto. Ti chiede solo di fidarti. Di prendere con te ciò che non avevi previsto. Di lasciare che il Mistero trovi casa nella tua vita.

Perché Dio continua a nascere così: nel silenzio di chi ascolta e nel coraggio di chi dice “sì” anche tremando #Santanotte

Alessandro Ginotta

Il dipinto di oggi è: “Il sogno di San Giuseppe”, di Daniele Crespi, 1620, olio su tela, 297X203 cm, Kunsthistorisches Museum, Vienna

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