
Convertirsi? È un po’ come rinascere!
Molti di noi pensano che convertirsi significhi cambiare religione. No. È molto di più. È tornare a casa. La conversione non è un gesto da santi, ma da innamorati. È scegliere ogni giorno di seguire il Vangelo con autenticità. Di smettere di ferire e iniziare a guarire. Di non chiudere gli occhi davanti al dolore dell’altro, ma di guardarlo con compassione. Di amare. Di perdonare. Di rialzarsi
Il mio (in)solito commento a:
«Convertitevi: il regno dei cieli è vicino!» (Matteo 3,1-12)
“Se sono già battezzato… perché dovrei convertirmi?”. Forse te lo sarai chiesto anche tu. O magari l’hai solo pensato, in silenzio, mentre la vita scorreva veloce e Dio sembrava lontano. Eppure, vedi, la conversione non è per “gli altri”. Non è roba da chi ha sbagliato tutto o da chi ha preso strade sbagliate. È anche per me. È anche per te. È per chiunque abbia ancora un sogno di bene dentro il cuore.
Convertirsi è fermarsi un istante, guardarsi dentro e dire: “Fin qui sono arrivato. Ma da ora voglio camminare con Te, Signore”. È come se Gesù ti prendesse per mano e ti dicesse: “Ricomincia. Ti do una seconda possibilità. Ti do la vita, di nuovo!”. Perché ogni volta che ti converti, tu rinasci.
Perfino Giovanni il Battista — sì, proprio lui, il profeta del deserto, il “precursore” — ha sperimentato la conversione. Anche lui dovette cambiare idea su Dio, imparare che il Messia non sarebbe venuto con potenza e trionfo, ma con la dolcezza di chi si lascia inchiodare per amore. La sua conversione si è compiuta in una cella, nel buio, dove ha imparato a fidarsi anche quando non capiva più.
E allora mi chiedo — e ti chiedo — quante volte anche noi abbiamo bisogno di “tornare” così? Non perché siamo cattivi, ma perché ci dimentichiamo della luce. Perché ci abituiamo a vivere con il cuore spento.
Ci sono peccati che si vedono da lontano — furti, menzogne, inganni — e poi ce ne sono altri, più subdoli, che si travestono da normalità. È il peccato dell’indifferenza. È la durezza di chi non si sente più toccato dal dolore dell’altro. È l’orgoglio di chi pensa di essere già a posto, già giusto, già salvo.
E invece no. La verità è che tutti abbiamo bisogno di conversione. Io. Tu. Tutti. Perché non c’è cuore che non abbia qualche graffio. Non c’è anima che non porti una ferita da guarire. Convertirsi è come ripartire da zero. È sfogliare il libro della tua vita, arrivare a una pagina difficile e scriverci sopra una parola nuova: “ricomincio”.
È guardare al futuro senza paura del passato. È credere che Dio non si è stancato di te. Mai.
Quando ti converti, cambia tutto. Non fuori, ma dentro. Ti accorgi che anche i problemi restano gli stessi… ma sei tu ad essere diverso. Hai occhi nuovi, cuore nuovo, forza nuova. La vita ti sembra di nuovo un dono, non un peso.
E allora sì, ora è chiaro: convertirsi non è rinunciare a qualcosa. È scegliere di vivere davvero. Di respirare più a fondo. Di amare più forte. Di sperare di più #Santanotte
Alessandro Ginotta

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