• La Buona Parola - il blog di Alessandro Ginotta
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Cinquecento anni prima…

Cinquecento anni prima…

Il Vangelo di oggi è come una porta nel tempo. Ci bastano appena sette versetti per fare un balzo indietro di oltre 500 anni. E non è un salto nel vuoto, ma un tuffo dentro una profezia che – meravigliosamente – si sta compiendo sotto i nostri occhi. Sì, perché san Matteo ci prende per mano e ci guida tra le pagine dell’Antico Testamento, là dove Isaia aveva già intuito, sussurrato, annunciato.

Il mio in(solito) commento a:
«Impose loro di non divulgarlo, perché si compisse ciò che era stato detto» (Matteo 12,14-21)

Ti sei mai chiesto chi è davvero un profeta? Non un veggente con la sfera di cristallo, né un indovino da circo. Il profeta è una persona normale, come te, come me, che ha prestato la propria voce a Dio. In greco si dice pro-phemi, cioè “parlare al posto di”. In ebraico nabi, il “chiamato”, l’“inviato”. Ecco: il profeta è qualcuno che ha accolto una chiamata e si è messo in cammino per conto di Dio.

Oggi, Matteo ci fa ascoltare uno dei quattro canti del Servo di Javeh. È Isaia che parla, scrivendo tra il 550 e il 539 a.C., ed è come se stesse descrivendo Gesù in diretta:

«Ecco il mio servo che io sostengo, il mio eletto di cui mi compiaccio. Ho posto il mio spirito su di lui…» (Isaia 42,1)

Ti suona familiare? Sì, perché al Battesimo nel Giordano, Matteo ci racconta che «si aprirono i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio scendere come una colomba su di lui» (Mt 3,16). È come se le parole di Isaia avessero viaggiato nel tempo, custodite per secoli, pronte ad accendersi di significato nel momento giusto.

Ecco il punto: la Bibbia non è un libro antico da mettere in una teca. È un tesoro vivo, che parla, consola, provoca. Una Parola che non invecchia, ma che si rinnova ogni volta che la lasci entrare. San Paolo lo dice chiaramente: «La Parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio» (Ebrei 4,12). Ed è viva perché continua a compiersi. Perché Dio ha ancora qualcosa da dire… proprio a te.

Vedi, oggi siamo noi i profeti. Non perché dobbiamo salire su un palco o scrivere libri sacri, ma perché siamo chiamati – ognuno con la propria voce, il proprio cammino, la propria ferita – a far risplendere un pezzo di Vangelo. Ogni volta che scegliamo la giustizia, il perdono, la compassione… stiamo parlando con la voce di Dio.

Il profeta non punta il dito. Guarda la sua gente con amore, soffre per gli sbagli ma non giudica. Apre strade di speranza, ricorda che c’è sempre un motivo per rialzarsi e ricominciare.

E Gesù? Gesù è il volto visibile di questa tenerezza. Non spezza la canna incrinata: la rialza. Non soffoca lo stoppino fumante: soffia lo Spirito e lo ravviva. E fa lo stesso con me, con te. Ogni volta che inciampiamo, Lui è lì, pronto a rimetterci in piedi. Quando ci spegniamo un po’, quando perdiamo luce, Lui non si stanca di soffiare sul nostro cuore.

Sì, questo è il Dio che ci ha voluto bene fino a farsi Uomo. Il Dio che ci cerca anche quando ci nascondiamo. Il Dio che ci aspetta, ci aggiusta, ci accompagna, tutti i giorni… fino alla fine del mondo.

Allora, lascia entrare la Sua Parola nel tuo cuore. Non avere paura. Lei sa dove mettere radici. E, come un piccolo seme, crescerà. Cambierà qualcosa dentro di te, piano piano, giorno dopo giorno. Ti renderà più simile a Lui.

Perché tu sei fatto a immagine e somiglianza di Dio.
E Lui, credimi, non fa mai errori.
#Santanotte

Alessandro Ginotta

Il dipinto di oggi è: “La Trasfigurazione”, di Giovanni Bellini, 1487, olio su tavola, 115×152 cm, Museo nazionale di Capodimonte, Napoli

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