“Cultura è ciò che resta nella memoria quando si è dimenticato tutto”. Questa citazione dal sapore un po’ cinico dello psicologo statunitense Burrhus Frederic Skinner rende bene l’idea. Analogamente potremmo dire che lo Spirito Santo è quel fuoco d’amore che resta acceso sotto la cenere delle nostre colpe.
Il mio in(solito) commento a:
Pregherò il Padre e vi darà un altro Paràclito (Giovanni 14,15-21)
Hai mai guardato un neonato? L’innocenza che vedi sul suo volto è lo specchio della sua anima. Veniamo al mondo con un tesoro inestimabile: la luce di Gesù che brilla nel nostro cuore. Nasciamo, a sua immagine e somiglianza. Poi, crescendo, sperimentiamo il dolore, la sofferenza, il male. Sia il male che ci viene inferto da chi ci sta attorno (e lascia delle cicatrici nella nostra anima), sia il male che, strisciando, si fa strada dentro di noi e ci contamina da dentro (inducendoci al peccato ed allontanandoci da Dio). Il male, da qualunque parte arrivi, sporca la nostra anima. Ne annerisce le pareti e, pian piano, impedisce alla luce di quella fiammella che Dio ha posto in noi, di penetrare oltre la cortina di peccato e dolore che incrosta la superficie della nostra anima. Così ci sono persone più luminose, che sono state meno “contaminate” dal male e riescono ancora a brillare un po’ all’esterno di quella luce che viene da Dio. E ci sono persone “spente”, che in realtà sono spente solo apparentemente, solo perché le pareti della loro anima sono sporche ed il male sembra soffocare quella fiamma. In realtà nessuno di noi è senza luce. Nasciamo tutti con un “pezzo di Dio” dentro. Oltre alla sua somiglianza portiamo in noi una sua scintilla: quella speranza che ci rischiara da dentro ogni volta che siamo troppo tristi per sorridere, troppo abbattuti per combattere, troppo stanchi per rialzarci. Eppure Lui, Dio, è lì, dentro di noi, anche in quei momenti. E la sua luce brilla, così come il suo calore ci scalda. Dobbiamo solo riuscire a soffiare forte dall’interno della nostra anima e rimuovere le incrostazioni di peccato che la annebbiano. E tutto tornerà a risplendere.
Ti sto parlando di luce in modo figurato, intendendo la luce della bontà e dell’amore. Ma forse il paragone della luminosità calza ancora meglio di quanto potremmo ritenere. Ricordi l’episodio della Trasfigurazione? Quando: “il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce” (Matteo 17,2). Oppure ricordi come brillava il volto di Mosè dopo essere stato davanti a Dio? (cfr. Esodo 34,29).
Paraclito è il termine greco che usa l’evangelista san Giovanni per indicare lo Spirito Santo. Il significato letterale si può tradurre come “chiamare vicino”, il cui participio passato aveva come equivalente latino l’ad-vocatus, cioè avvocato, inteso come “difensore” o “soccorritore”, per estensione “consolatore”.
Sì, lo Spirito Santo è quel fuoco d’amore che resta acceso sotto la cenere delle nostre colpe. E’ quella energia del bene che è più forte di ogni male. E’ quella capacità di resistere, anche davanti al dolore della Croce; perché noi sappiamo che, dietro l’ombra di ogni croce, per quanto buia, si staglia la luce della Risurrezione.
Sforziamoci allora di risorgere, anche qui, anche ora, oggi stesso, mentre leggiamo queste righe. Cacciamo da noi la tristezza e le preoccupazioni originate dal male riponendo tutte le nostre preoccupazioni in Gesù. Bruciamole su questa brace alimentata dallo Spirito Santo, permettiamo allo Spirito di Dio di soffiare su di noi ed allontanare da noi le ceneri del peccato e dei cattivi pensieri. Perché come vento entri nella nostra anima e la ripulisca da ogni incrostazione malvagia e ci dia la forza di rialzarci in piedi e tornare a sorridere alla vita. Dio lo può. Dio lo vuole.
La luce che brilla dentro di te rischiari sempre il tuo cammino e quello di chi ti sta accanto #Santanotte.
Alessandro Ginotta
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