
Una sola Parola, e la vita ricomincia
Volevo scrivere un commento che non fosse banale, sai? Raccontare come Dio non sia una divinità lontana e distratta, ma qualcuno che si interessa davvero di noi. Di me, di te. Di ciò che proviamo, di ogni battito del nostro cuore, di ogni pensiero che ci attraversa la mente. Ma non basta dirlo. Voglio accompagnarti a scoprirlo insieme, passo dopo passo.
Il mio (in)solito commento a:
«Molti dall’oriente e dall’occidente verranno nel regno dei cieli» (Matteo 8,5-11)
Si dice che lo Spirito Santo soffi dove vuole (cfr. Giovanni 3,8). È vero. A volte soffia piano, come una brezza leggera che quasi non percepisci. Altre volte ti travolge come un vento improvviso, capace di cambiare tutto. Ecco, mentre rileggevo questo brano di Vangelo, cercavo qualcosa di originale, un pensiero che potesse accendere una luce nuova. Ma niente. Tutto mi sembrava già detto. Poi, d’un tratto, il vento dello Spirito ha cominciato a soffiare.
Il mio sguardo si è fermato su una parola semplice, ma immensa: entrare. «Entrato in Cafarnao…» (v. 5).
Gesù entra. Non resta fuori, non osserva da lontano. Entra nelle nostre case, nelle nostre ferite, nei nostri pensieri più nascosti. Entra in noi.
E poi un’altra parola mi ha raggiunto, dolce come una carezza: ascoltare. «Ascoltandolo, Gesù si meravigliò…» (v. 10). Ecco il segreto: Gesù entra e ascolta. Non giudica, non pretende, non impone. Si ferma, si china, accoglie.
Questo è il Dio-con-noi. Un Dio che cammina per le nostre strade, che respira la nostra aria, che si interessa a ciò che viviamo. Non un Dio lontano e irraggiungibile, ma un Dio che si avvicina, che tocca, che guarisce. E lo fa partendo dal cuore: trasformandoci dentro.
Perché quando Gesù entra, niente resta come prima. Tira fuori la parte più luminosa di noi, la fa fiorire, la nutre di bontà, di pazienza, di misericordia. Ci insegna ad essere migliori: più giusti, più attenti, più umani.
Ma attenzione: non è un Dio “dall’alto”. No! Gesù non chiede sacrifici da bruciare su un altare, né preghiere urlate verso il cielo. È Lui che scende. È Lui che viene a cercarci tra le nostre fatiche quotidiane, tra le nostre mani impolverate di vita. È un Dio che si muove, che non ha paura di sporcarsi i piedi nel fango delle nostre strade. Un Dio che si fa prossimo, che si china su di noi, che ci guarda negli occhi e dice: “Sono qui”.
Eppure, pensa: quanto sarebbe più semplice per Lui restare lassù, nella pace dei cieli, lontano dal rumore e dal dolore del mondo! Ma un Dio che si tiene a distanza sarebbe un sovrano, non un Padre. Lui invece ha scelto di essere Padre, e un Padre non abbandona mai i suoi figli. Così, Dio ha voluto vivere tutto: la nascita, la fame, la stanchezza, la malattia… persino la morte. Ha voluto sentire sulla pelle ogni nostra lacrima, per asciugarla con le sue mani trafitte.
E lo ha fatto per amore. Un amore che non resta nei libri, ma si fa carne.Che n on resta nei cieli, ma scende nella polvere. Che non resta parola, ma diventa presenza.
E poi, nel cuore di questo Vangelo, risuona una frase che attraversa i secoli come un’eco di fede:
«Signore, io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, ma di’ soltanto una parola e il mio servo sarà guarito».
Sono parole pronunciate da un uomo pagano, un centurione romano. Eppure, da duemila anni, quelle stesse parole vengono ripetute ogni giorno, da milioni di credenti, prima di accostarci all’Eucaristia: «O Signore, non sono degno di partecipare alla tua mensa, ma di’ soltanto una parola e io sarò salvato». Che mistero meraviglioso! L’umiltà di un soldato divenuta preghiera universale, la voce di uno straniero divenuta lingua della fede. Quelle parole non sono un gesto di sottomissione, ma un atto d’amore: riconoscere che solo la Parola di Dio può guarire davvero, solo il Suo sguardo può restituirci la vita.
Ogni volta che le pronunciamo nella Messa, rinnoviamo quell’incontro. È come se, per un istante, anche noi fossimo lì, davanti a Gesù, con il cuore nudo e le mani aperte. È l’attimo in cui la distanza si annulla, il cielo si piega sulla terra e l’Eterno entra nel nostro fragile presente. Perché basta una sola Parola di Dio per cambiare tutto. Una Parola, e la vita ricomincia. Una Parola, e il cuore guarisce. Una Parola… e l’anima risorge #Santanotte
Alessandro Ginotta

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