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Si può guarire con un miracolo al rallentatore?

Si può guarire con un miracolo?

Non tutti i miracoli vanno alla stessa velocità: ci sono guarigioni improvvise ed altre che richiedono più tempo. Oggi vedremo perché.

Il mio in(solito) commento a:
Il cieco fu guarito e da lontano vedeva distintamente ogni cosa (Marco 8,22-26)

Esistono miracoli che viaggiano alla velocità della folgore, come avvenne a San Paolo, che in un istante si trasformò da persecutore dei cristiani al più appassionato degli apostoli, poi ce ne sono altri che richiedono più tempo: ore, giorni, talvolta anni.

Abbiamo fretta, vorremmo che ogni problema si potesse risolvere con uno schiocco di dita. Ma i tempi di Dio non coincidono con i nostri. Così può capitare di pregare e pregare e pregare ancora, un po’ come avviene alla signora anziana nella parabola del giudice iniquo (cfr. Lc 18,1-8) finché, in un bell’istante, la nostra richiesta si avvera. Dio ci ha (finalmente) ascoltato. O forse no: perché Dio ci ascolta sempre, il suo orecchio è teso a percepire anche la più flebile delle nostre preghiere. Ma Lui sa come e quando fare accadere le cose. E il suo “quando” è per noi sempre il momento migliore. Anche se il “quando” non è subito.

Forse il tempo in cui noi chiediamo qualcosa che non si avvera è per noi un tempo acerbo: un periodo durante il quale non saremmo pronti a ricevere quanto desideriamo, un periodo in cui, se la nostra richiesta venisse esaurita, l’oggetto del nostro desiderio rischierebbe di ritorcersi contro di noi.

E Gesù prova ad insegnarcelo con questa parabola. Nel brano di oggi impariamo a guarire a poco a poco. Guarire nell’anima, per poi guarire nel corpo. Ecco la bella pagina del cieco di Betsàida, che grazie all’intervento di Gesù recupera la vista poco alla volta: all’inizio vede le persone come delle figure “a forma di alberi”, che camminano e, solo dopo la seconda imposizione delle mani di Gesù, riesce a vedere tutto distintamente. È un miracolo che ci lascia perplessi, perché siamo abituati al “dì soltanto una parola e io sarò salvato”, alla guarigione a distanza del servo del centurione, al Miracolo “istantaneo”. Forse la malattia di quest’uomo era così grave che neppure Gesù è riuscito a guarirlo con un intervento soltanto? Certo che no!

Non esiste nulla di impossibile a Dio! Cristo che richiama dal sepolcro l’amico Lazzaro (Gv 11,1-44), che restituisce la vita al figlio della vedova di Nain (Lc 7,11-17), che non solo permette al paralitico di camminare, ma pure di prendere sulle spalle il proprio lettuccio (Gv 5,1-16), non avrebbe certo nessuna difficoltà a fare recuperare istantaneamente la vista a questo cieco. Ma allora perché questa guarigione così laboriosa? In questo caso il Figlio di Dio ci vuole insegnare che per guarire completamente la nostra anima, per abbandonare la strada del male e convertirci, abbiamo bisogno di tempo. Dobbiamo passare talvolta attraverso errori, imboccare strade sbagliate, rendercene conto e tornare indietro. Cadere e rialzarci per rimetterci a camminare, fino a raggiungere la meta definitiva: vedere chiaramente e distintamente l’amore di Dio che ci circonda. Rendercene conto e sentirlo su di noi.

È questa una percezione che possiamo raggiungere solo per gradi. Leggiamo la Bibbia, ci avviciniamo a Dio, iniziamo a percepire il suo mistero dapprima in modo sfocato, poi sempre più nitido. Finché non arriveremo a completare il nostro percorso di conversione. Oh, ma quanto è bello arrivare a cogliere, anche soltanto in modo sfocato, la grandezza di Dio ed il suo traboccante amore per noi!

#Santanotte non siamo impazienti, non mettiamo fretta a Dio, ma impariamo ad accettare i suoi tempi (che poi sono i migliori per noi).

Alessandro Ginotta

Il dipinto di oggi è:
Il dipinto di oggi è: “La guarigione dell’uomo cieco”, di Václav Mánes, 1832, olio su tela, 90×108 cm, The National Gallery Prague

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