
Sete d’infinito
Hai sete? Se anche tu, come me, a volte senti che qualcosa ti manca… Se anche la tua anima brucia di una sete che non sai spiegare… Allora siediti qui, accanto a me, e ascolta. Questo commento è per te. Perché – diciamocelo – senza Dio la vita diventa come sabbia nel deserto: arida, sterile, senza frutto
Il mio (in)solito commento a:
“Sgorgheranno fiumi di acqua viva” (Giovanni 7,37-39)
Un fiume attraversa la Bibbia, dalla prima all’ultima pagina. Non è fatto di onde o di correnti, ma di promesse, di speranza, di vita. È il fiume dell’acqua viva. Sì, perché l’uomo ha sete. Sete vera. Sete d’infinito. E quella sete ha un solo nome: Dio.
L’acqua è già lì, prima ancora che la vita cominci: “Lo spirito di Dio aleggiava sulle acque” (Genesi 1,2). Ed è lì, alla fine del viaggio: “Un fiume d’acqua viva, limpida come cristallo, scaturiva dal trono di Dio e dell’Agnello” (Apocalisse 22,1).
L’acqua segna i passi di Gesù, dall’inizio alla fine. Lo accoglie nel Battesimo: “Gesù uscì dall’acqua e vide lo Spirito discendere come una colomba” (Mt 3,16). Viene trasformata in vino nel suo primo miracolo (Giovanni 2, 1-25). E lo accompagna nella morte, quando dal suo fianco trafitto sgorgano sangue e acqua (Giovanni 19,34).
L’acqua, nella Scrittura, è un simbolo potente. È vita e distruzione. È salvezza e castigo. È carezza e tempesta. La trovi nella roccia percossa da Mosè, nel mare che si apre davanti agli ebrei in fuga, nel diluvio che tutto spazza via. È un dono che salva… o un abisso che inghiotte. Ma è sempre, comunque, un richiamo.
Richiamo a cosa? A dissetarci. Perché Dio non vuole lasciarci assetati. L’acqua purifica: ci lava, ci rinnova. Ricordi il Battesimo? Ricordi le nozze di Cana, quando quell’acqua divenne vino buono, il migliore? Dio trasforma. Trasforma anche te, anche me, se glielo permettiamo.
E poi c’è quel Gesù che cammina sulle acque e ci chiede di salire con Lui sulla barca. Ci chiede di fidarci. Di lasciarci portare. Ma non da spettatori. Da protagonisti. “Vi farò pescatori di uomini” ci dice (cfr. Matteo 11,19). E non è un mestiere, è una missione.
Sai cosa significava, all’epoca, “pescare”? Salvare. Salvare vite dall’abisso. Tendere la mano a chi affoga nei dubbi, nella solitudine, nel dolore. E allora, eccoci: salvatori che salvano salvandosi.
Cristo ci invita ad uscire. Fuori dal nostro comodo porto. Fuori, nel mare aperto dell’umanità. Ad essere testimoni di misericordia. A scrivere con la nostra vita un Vangelo vivente. Perché Lui ha bisogno di noi.
Ha bisogno di te.
Di persone normali, con vite normali, che però scelgono ogni giorno di fare il bene, anche quando nessuno guarda. Che scelgono di dissetarsi alla fonte della Parola, per diventare loro stessi sorgenti limpide. Per portare un po’ di Dio in chi Dio non lo cerca più. O, forse, non l’ha mai incontrato.
Sì, l’amore di Dio è come un’acqua che ci accarezza dentro. Il sangue del Figlio ci lava e ci cura. Il soffio dello Spirito ci spinge avanti, controvento, sempre. Perché non siamo soli. Non lo siamo mai stati.
Bevi. Dissetati. Vivi #Santanotte
Alessandro Ginotta

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