
Sai camminare a passo veloce?
A piccoli passi, tra montagne e speranze, due miracoli si vengono incontro. E in quell’abbraccio, silenzioso e potente, si spalanca il cielo.
Il mio in(solito) commento a:
«Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente: ha innalzato gli umili» (Lc 1,39-56)
Chiudi gli occhi per un momento. Riesci a sentirli quei passi? Quelli di Maria, ancora ragazza, che sale in fretta verso la casa di Elisabetta. Come saranno stati? Leggeri come una danza o esitanti come i primi passi nel buio? Forse colmi di gioia, perché dentro di lei cresceva il Verbo fatto carne… oppure appesantiti dalla meraviglia, dallo stupore, dalla responsabilità immensa che si era appena posata sul suo cuore.
Io me la immagino così: decisa. Con un fuoco negli occhi e un sorriso che non riusciva a trattenere. Maria non scappa, non si nasconde. Va. In fretta. Perché l’amore vero non aspetta.
E allora ti chiedo: cosa la spinge a muoversi così? Il bisogno di condividere con Elisabetta quella notizia così grande? Forse. O il desiderio profondo di comprendere meglio, di trovare conferme, conforto, uno sguardo che capisca senza parlare? Anche.
Ma io credo che, più di tutto, Maria sapesse. Sapeva nel profondo che Dio aveva mantenuto la promessa. E la Parola che portava in grembo – quella Parola viva – le dava forza, coraggio e slancio. Non c’erano dubbi in lei. C’era fede. Quella vera, che ti fa camminare anche quando non vedi la strada.
E poi accade l’incredibile: due donne, due grembi abitati dal cielo, si incontrano. E tutto vibra. Giovanni sussulta nel ventre di Elisabetta. È la gioia che esplode. È l’annuncio che già fa frutto. Perché quando il Vangelo entra nella vita, la trasforma. La solleva. La rende feconda.
È una gioia in cammino, quella che ci racconta Luca. Una gioia che esce da sé per diventare dono. Che si muove, che cerca, che raggiunge. Proprio come ci ricorda Papa Francesco nella Evangelii Gaudium: “La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù”.
Maria avrebbe avuto tutte le ragioni per restare a casa, proteggere sé stessa e il mistero che portava dentro. Ma no. Sceglie di uscire. Di servire. Di amare con i piedi, con le mani, con il cuore. E in questo gesto c’è tutta la bellezza di una Chiesa che non resta chiusa nei propri pensieri, ma si fa prossima, si fa vicina, si fa umile.
E proprio lì, nel Magnificat, scopriamo il segreto della vera grandezza: l’umiltà. Maria non si mette al centro, lascia che sia Dio a risplendere. E lo fa con una semplicità disarmante: “Ha guardato l’umiltà della sua serva”. Ecco il ribaltamento evangelico. Il mondo applaude i potenti, Dio innalza i piccoli. Il mondo cerca applausi, Dio guarda il cuore.
Non dimentichiamolo mai: le protagoniste di questa scena sono due donne. Donne in un tempo che le relegava ai margini. Ma il Vangelo le mette al centro, le rende annunciatrici, testimoni, colonne di un disegno che cambia la storia.
Cosa ci resta allora da fare? Imparare da Maria. Riconoscere la voce dell’Angelo anche quando sussurra appena. E poi muoverci. Non restare fermi a meditare in eterno… ma metterci in cammino. In fretta. Verso l’altro. Portando anche noi ciò che abbiamo di più prezioso: la nostra fede, la nostra esperienza di Dio, la nostra vita trasformata dalla Sua Parola. Sì, possiamo essere anche noi pagine viventi di Vangelo. Pagine che si leggono non con gli occhi, ma con il cuore.
Andiamo. In fretta. C’è qualcuno che ci aspetta #Santanotte
Alessandro Ginotta

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