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Risorgere adesso: la vita nuova che Cristo ha già preparato per te

Risorgere adesso: la vita nuova che Cristo ha già preparato per te

La riflessione di oggi parte da un’icona: quella dell’anastasi. Ed è davvero qualcosa di particolare. Di che si tratta? Scoprilo nel mio in(solito) commento a:

Dio non è dei morti, ma dei viventi (Lc 20,27-40)

Hai mai osservato l’icona dell’anastasi? Non è un quadro da museo: è un Vangelo dipinto. Cristo non è immobile. Sta scendendo. Scende negli inferi. Scende dove tutto sembra perduto, dove nessuna luce arriva. E proprio lì — nel luogo che noi chiameremmo il fondo — Lui rompe tutto ciò che ci imprigiona: le porte dell’Ade, spezzate sotto i Suoi piedi, le catene infrante, i lucchetti aperti. È come se gridasse a ogni uomo: “Non c’è prigione che possa trattenerti per sempre!”.

Ma la parte più bella, quella che parla al cuore, è un’altra. Gesù non porge la mano a Adamo… lo afferra per il polso. Lo tira su. Lo strappa via. Non aspetta che si convinca, non negozia: lo solleva. E insieme a lui solleva Eva, e con loro l’intera umanità. Quell’immagine mi commuove ogni volta perché sento che lì dentro ci sono anch’io. Ci sei tu.

Ecco perché quella luce che avvolge Gesù non è luce normale: è una mandorla, simbolo della gloria divina. È la luce che squarcia le tenebre, quella che nessuna notte può spegnere. E se la guardi bene, capisci una cosa enorme: se Cristo porta luce perfino agli inferi, allora può portarla anche dentro di noi.

Ma c’è un’altra risurrezione — più urgente di quella dopo la morte — che mi colpisce ogni volta che rileggo questo Vangelo: è la risurrezione dell’uomo vivo che però non vive. Quella dell’uomo spento, stanco, ferito. Quella dell’uomo che ha smesso di sperare. Forse anche tu, qualche volta, ti sei sentito così.

Mi ricordo ancora la mia reazione da bambino quando sentii dire: “Dio non è dei morti, ma dei viventi.”
Pensai: “Ma allora i morti? Sono lasciati fuori?”. Quanto mi sbagliavo! Col tempo ho capito che nessuno muore davvero. La morte non è un nero definitivo, ma una porta che si apre. Un passaggio. Una trasformazione. E questo cambia tutto.

Senza la speranza della risurrezione, la vita sarebbe uno di quei giochi a tempo che ti mette ansia perché sai che quando scade… è finita. E invece no. Non siamo lampade che si spengono. Non siamo macchine che si fermano. Siamo immagine di Dio. E Dio non muore.

La risurrezione non è una poesia: è una certezza. Gesù è risorto, e noi risorgeremo con Lui. E quando il Catechismo dice: “Con la morte, l’anima va incontro a Dio, in attesa del corpo glorificato” (CCC 997), tu capisci che la storia non finisce con un funerale. La storia continua. E continua in un modo ancora più luminoso.

Eppure c’è una cosa più urgente della morte fisica: è la morte dell’anima. La morte di chi si sente svuotato, scoraggiato, bloccato. È lì che Gesù ci afferra per il polso, proprio come nell’icona, e ci tira fuori dalle tenebre. Ci strappa dai nostri inferni. Ci restituisce la luce.

Allora oggi lasciati sollevare. Lasciati prendere per mano. Lasciati riportare alla vita. Perché Dio non è dei morti, ma è dei viventi. È tuo. È mio #Santanotte

Alessandro Ginotta

Il dipinto di oggi è: “Anastasi”, icona ortodossa

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