Gesù, senza una dimora fissa, trovò in Cafarnao una sorta di casa tra amici e discepoli. Qui compì miracoli straordinari e portò guarigione e speranza. Eppure, proprio in questo villaggio di pescatori, le folle spesso dubitavano e la loro fede vacillava
Il mio in(solito) commento a:
Nel giorno del giudizio, Tiro e Sidòne e la terra di Sòdoma saranno trattate meno duramente di voi (Mt 11,20-24)
Dove viveva Gesù? «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo» (Matteo 8,20). Tuttavia, c’è una città che Gesù considerava casa più di altre: Cafarnao, un piccolo villaggio di pescatori sul mare di Tiberiade. Qui vivevano Simone, che conosceremo come Pietro, Andrea, Giacomo e Giovanni, i pescatori che lasciarono tutto per seguire il Maestro. A Cafarnao, Gesù venne ospitato nella casa di San Pietro e guarì sua suocera dalla febbre. Poco prima, aveva compiuto il primo esorcismo nella sinagoga della città.
“Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati. Tutta la città era riunita davanti alla porta. Guarì molti affetti da varie malattie e scacciò molti demòni; ma non permetteva ai demòni di parlare, perché lo conoscevano” (Matteo 8,32-34).
Eppure, proprio qui, nella sua città adottiva, le folle dubitavano e la loro fede vacillava. Così Gesù esclamò: «Guai a te, Corazìn! Guai a te, Betsàida! Perché se a Tiro e a Sidòne fossero avvenuti i prodigi che ci sono stati in mezzo a voi, già da tempo esse, vestite di sacco e cosparse di cenere, si sarebbero convertite. Nel giorno del giudizio, Tiro e Sidòne saranno trattate meno duramente di voi. E tu, Cafàrnao, sarai forse innalzata fino al cielo? Fino agli inferi precipiterai! Se a Sòdoma fossero avvenuti i prodigi che ci sono stati in mezzo a te, oggi essa esisterebbe ancora! Nel giorno del giudizio, la terra di Sòdoma sarà trattata meno duramente di te!» (Matteo 11,21-24).
Dio richiama spesso questo concetto: come un maestro severo con l’allievo capace che non studia, ma indulgente con chi fatica a comprendere. E c’è di peggio. Pensiamo agli angeli caduti: «Dio non risparmiò gli angeli che avevano peccato, ma li precipitò in abissi tenebrosi, tenendoli prigionieri per il giudizio» (2 Pietro 2,4). E ancora: «Il Signore tiene in catene eterne, nelle tenebre, per il giudizio del grande giorno, gli angeli che non conservarono il loro grado ma abbandonarono la propria dimora» (San Giuda Taddeo 6).
Fin dai tempi del peccato originale, il maligno infastidisce l’uomo perché, a differenza sua, è amato da Dio. E questo al maligno “proprio non va giù”. Lucifero e i demoni erano angeli, creature celesti al cospetto di Dio, ma l’orgoglio li travolse. Non accettarono l’autorità divina e si ribellarono. Fu una scelta libera, perché Dio, nella sua infinita bontà, concesse alle creature celesti, come a noi terrestri, il libero arbitrio. Decisero di trasformarsi in demoni, rinunciando a Dio: una scelta imperdonabile.
Ma perché Dio, così generoso con noi, pronto a perdonare ogni nostro errore, non perdonò gli angeli ribelli? Per via della loro conoscenza. Essi conoscevano bene la differenza tra bene e male, e scelsero il male. La loro consapevolezza li marchiò per sempre. Gli angeli ribelli non possono essere perdonati perché sapevano esattamente cosa stavano facendo, agendo con piena coscienza.
Siamo chiamati a fare un esame di coscienza: quando sbagliamo, lo facciamo consapevolmente o per ignoranza? La nostra colpa è minore se è l’ignoranza a guidarci. Ma i demoni, che conoscono bene l’identità di Gesù Cristo, mancano di carità e amore, i sentimenti che più ci avvicinano a Dio, che è amore.
Il più alto dei comandamenti ci dice: “Amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze, e il prossimo tuo come te stesso”. Questo, i demoni non lo vogliono fare. Ecco perché noi, agli occhi di Dio, valiamo di più!
Ama, vivi, prega. #Santanotte!
Alessandro Ginotta
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