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Quanto vale un talento?

Quanto vale un talento?

Un talento serve per migliorare la vita a noi ed agli altri e noi abbiamo il dovere morale di non disperderlo. Già, ma quanto vale un talento? Quello innato non ha prezzo; ma ai tempi di Gesù un’unità di misura si chiamava proprio “talento”. Ti sorprenderà scoprirne il valore!

Il mio in(solito) commento a:
Perché non hai consegnato il mio denaro a una banca? (Luca 19,11-28)

Gesù ci incalza con la parabola dei talenti. La Liturgia ce la presenta in due versioni parallele: quella di san Matteo (Matteo 25,14-30) e quella di san Luca evangelista (Luca 19,11-28). Mine, come le chiama Luca, talenti, il termine utilizzato da Matteo, si riferiscono ad unità di misura (circa 30Kg per una mina e poco più di mezzo chilo per il talento). Probabilmente qui indicano un controvalore in argento. Un talento d’argento, al cambio attuale, varrebbe oltre 22 mila euro. Un importo che, ai tempi di Gesù, faceva girare la testa…

Pensa a quanto vale la più piccola delle nostre capacità! Una cifra da capogiro. E, credimi, per Gesù, un nostro talento non può essere misurato con il peso dell’argento o con il valore di qualche moneta. Perché la nostra vita non ha prezzo.

Sai, a me capita guardando mia figlia di pensare: “non vi rinuncerei neppure per tutto l’oro del mondo”. C’è qualcosa che tu non faresti per un figlio? Anche per Dio è così: Lui è smisuratamente innamorato di ciascuno di noi e non c’è nulla nell’universo che potrebbe farlo desistere dall’accoglierci, dal cercarci anche quando ci smarriamo nel deserto o negli anfratti più reconditi (cfr. Matteo 18,12-14), (cfr. Luca 15, 8-10).

Gesù ha lasciato la tranquillità dei cieli per scendere sulla terra ed incarnarsi nel Bambino nato in una mangiatoia. Al freddo ed al gelo. Povero tra i poveri, ha camminato in mezzo alla polvere, affamato, tra disagi e malattie. Insultato, frustato, denudato e condannato ad una morte tanto tremenda quanto ingiusta… Non esiste prezzo per la nostra salvezza. Non esiste prezzo per nessuno di noi!

Eppure noi spesso ci sprechiamo. Permettiamo che i talenti che Dio stesso ci ha donato deperiscano, senza metterli a frutto. Sciupiamo quanto di più prezioso ci sia mai stato dato per pigrizia o forse per paura. In ogni caso non mettiamo a frutto i doni di Dio. Noi forse non ci riflettiamo, ma ogni volta che, con leggerezza, rinunciamo ad impiegare anche uno soltanto dei talenti che abbiamo ricevuto, facciamo del male a noi stessi ed a chi ci sta accanto. Un talento serve per migliorare la vita a noi ed agli altri e noi abbiamo il dovere morale di non disperderlo.

Ecco perché dobbiamo agire. Non possiamo restare fermi sul cumulo di terra che ricopre un talento disgraziatamente sotterrato! Non sarebbe giusto per le persone che ci stanno attorno, che verrebbero defraudate del beneficio che il nostro talento avrebbe potuto creare. E non sarebbe corretto nei confronti di Gesù, che ha dato la sua stessa vita per noi.

Abbiamo l’obbligo morale di impegnarci in modo attivo per rendere il mondo un luogo più giusto, meno egoista, più accogliente, più rispettoso delle diversità e delle difficoltà altrui. Non restiamo passivi, perché davvero vale la pena di impegnarsi per Dio e con Dio, di rispondere alla sua chiamata tanto nelle scelte fondamentali quanto in quelle quotidiane. Possiamo e dobbiamo dimostrare, con la nostra stessa vita, che non necessariamente la molla che ci spinge ad agire è l’individualismo, il tornaconto personale… E allora, siamo chiamati a vivere una vita autentica e piena, di amore per il prossimo, di relazioni.

Perché il cuore di Dio si rattrista ogni volta che vede il suo dono sciupato, ogni volta che una vita viene sprecata, o non vissuta completamente, con intensità, con pienezza. Non deludiamo Gesù! #Santanotte

Alessandro Ginotta

Il dipinto di oggi è: “L’orazione di Gesù nell’Orto”, di Pietro Perugino, 1485, olio su pannello, Museo degli Uffizi, Firenze


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