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La felicità nella Bibbia

Perché Gesù ci promette il centuplo?

“Chi pianta in lacrime raccoglierà con grida di gioia” (Salmo 126,5). Un verso scritto tre secoli prima di Cristo contiene una promessa di felicità.

Il mio in(solito) commento a:
Nessuno potrà togliervi la vostra gioia (Gv 16,20-23)

Una promessa che ritroviamo nelle parole di Gesù: «In verità, in verità io vi dico: voi piangerete e gemerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia.
La donna, quando partorisce, è nel dolore, perché è venuta la sua ora; ma, quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più della sofferenza, per la gioia che è venuto al mondo un uomo. Così anche voi, ora, siete nel dolore; ma vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno potrà togliervi la vostra gioia. Quel giorno non mi domanderete più nulla»
(Gv 16,20-23).

Nella nostra vita non sempre tutto va bene. Talvolta giungono piccole o grandi difficoltà, che ci rubano il sorriso, quando non addirittura la gioia.

Perché esiste il male?

E’ la domanda che si è posto Giobbe il giusto, al culmine della sua disperazione. Ma che cos’è il male? Perché Dio lo permette? Pensiamo un istante, amici cari: può Dio, che ha creato il mondo e l’uomo a sua immagine e somiglianza, che ci ha amati a tal punto da inviare sulla terra il proprio figlio a morire per noi, a farsi Pane per la nostra salvezza, può quel Pastore che non esita a lasciare le novantanove pecorelle per inoltrarsi nel deserto a cercare la centesima, l’unica che si sarà smarrita… può Dio che ci ama a dismisura, desiderare il male per noi?

Già vedo le vostre teste che si scuotono: no! Non può. E allora perché il male è presente nel mondo? Vedete, amici, ci sono due tipi di male: uno che dipende da noi, dalla nostra cattiveria, dalla nostra negligenza, dalla nostra bramosia di possedere tutto e tutti, dal nostro orgoglio. E’ un “male che fa male”, perché si potrebbe evitare, se soltanto nelle nostre vene circolasse più amore e meno invidia. E’ il male che ci conduce all’inferno, proprio perché, scegliendo liberamente di commetterlo, pecchiamo contro il comandamento dell’amore: se nuociamo al nostro fratello significa che non lo amiamo (cfr. Luca 10,25-28). E’ il male commesso da Pilato, quello di Hitler, quello degli assassini e di ogni uomo che, deliberatamente, sceglie il male.

E poi ci sono le tragedie, come quella della torre di Siloe che cade sulle persone ignare e le uccide. Come la pandemia. O i terremoti. Un male che, se proprio vogliamo andare a guardare alla radice, deriva comunque da una scelta: quella del demonio. Sì, Satana scelse deliberatamente di non riconoscere Dio: si riteneva superiore e lo sfidò.

Ma che c’entra questo con le disgrazie che accadono? C’entra, amici cari! Perché sotto le sembianze del serpente, fu proprio il Male in persona ad ingannare Eva ed a spingere Adamo a compiere il peccato originale, aprendo così una ferita, tra materia e spirito. Una ferita che ancora oggi sanguina. L’eco di quella scelta compiuta dal primo uomo, che riverbera la scelta, ancora peggiore, operata dal demonio quando ancora era in cielo, sta ancora ripercuotendosi sulla materia. L’universo intero vibra e stride come un violino con una corda rotta in seguito all’azione scellerata del demonio. L’armonia del cosmo è ancora oggi turbata e deturpata da quel peccato che ha separato l’uomo da Dio.

E, il male, amici cari, esiste come “vuoto di bene”. Dove non c’è l’amore c’è il male. Nel cuore di Satana, orgoglio ed invidia sono cresciuti a dismisura, ed hanno allontanato l’amore. Ecco che, chi un tempo era un angelo, è diventato il principe dei demoni. Creature angeliche che, nella grande libertà che Dio ha lasciato a loro (ed a noi) hanno scelto di operare il male. Hanno scelto di allontanarsi da Dio. E così, anche oggi, all’inferno vanno quelle anime che hanno scelto volutamente di allontanarsi da Dio. Che hanno deciso di non accogliere la sua offerta di perdono.

Dio non ci ha lasciati soli in balìa del male, ma ha mandato il proprio Figlio per salvarci e dare un senso anche al dolore. Al di là di ogni spiegazione logica che possiamo escogitare, infatti, la fede è l’unica vera risposta al dramma della sofferenza.

Noi crediamo che Dio stesso, per mezzo del proprio Figlio, condividendo la nostra natura umana, ha sperimentato il dolore, l’ingiustizia, la persecuzione, la morte. Come leggiamo nel Vangelo di Giovanni: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna» (Giovanni 3,16). In questo modo Gesù Cristo, il Figlio di Dio, si è unito alla passione di ogni essere umano, a tutti coloro che soffrono, sono malati, torturati, segnati da malattie o vittime di tragedie.

Però noi stiamo male nella sola misura in cui non permettiamo a Gesù di offrirci il suo amore. Sì, perché l’amore che Egli ci dà tutti i giorni è capace di superare ogni male. Ma non sempre come vogliamo noi, bensì come vuole Lui. Eh sì, perché non è detto che toglierci da una situazione insidiosa schioccando le dita sia il modo migliore di risolvere il problema. D’altra parte, neppure Gesù si schiodò dalla croce (e ne avrebbe avuto la possibilità), ma l’accettò: “Quelli che passavano di lì lo insultavano, scuotendo il capo e dicendo: «Tu, che distruggi il tempio e in tre giorni lo ricostruisci, salva te stesso, se tu sei Figlio di Dio, e scendi dalla croce!»” (cfr. Matteo 27,39-40). Perché c’è un modo di vedere le cose degli uomini, ed un modo di vedere le cose di Dio: “E avanzatosi un poco, si prostrò con la faccia a terra e pregava dicendo: «Padre mio, se è possibile, passi da me questo calice! Però non come voglio io, ma come vuoi tu!»” (cfr. Matteo 26,39).

Anche se non lo capiamo, il modo di Dio è senz’altro giusto. Lo capiremo solo poi. Quando si avvererà la seconda parte della promessa: «ma vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno potrà togliervi la vostra gioia. Quel giorno non mi domanderete più nulla» (v. 23). Fino ad allora, fidiamoci di Lui. Manteniamo salda la nostra fede in Dio anche se non capiamo perché soffriamo.

L’amore di Dio può darci la forza di superare un dolore. Può darci la capacità di accettare una malattia. E può perfino consentirci di accogliere la morte di una persona cara. Perché l’amore di Dio è più grande di qualsiasi dolore.

Scrive San Paolo, in un altro verso di gioia: “Il nostro cuore soffre, ma abbiamo sempre gioia. Siamo poveri, ma diamo ricchezze spirituali agli altri. Non possediamo nulla, eppure abbiamo tutto” (2 Corinzi 6-10). E’ questa la soluzione: qualsiasi cosa accada, se nel nostro cuore avremo Dio, allora avremo tutto. Anche se saremo poveri. Anche se saremo ammalati.

Perché: “chi confida nel Signore sarà gioioso” (cfr. Salmo 16,20). E ancora: “Gioiosi sono coloro che mi ascoltano, che mi cercano ogni giorno alle mie porte, che mi aspettano fuori dalla mia casa! Perché chi mi trova trova la vita e riceve favore dal Signore” (Proverbi 8, 34-35).

Mi piace ricordare questi altri due versetti: “Il Signore è la mia forza e il mio scudo. Io confido in lui con tutto il mio cuore. Egli mi aiuta e il mio cuore è pieno di gioia. Scoppio in canti di ringraziamento” (Salmo 28,7). “Coloro che guardano a lui per aiuto saranno raggianti di gioia; nessuna ombra di vergogna oscurerà il loro volto” (Salmo 34,5).

#Santanotte amici. Confidiamo nel Signore: anche se non comprendiamo come Egli opera, sappiamo che Lui sta già preparando per noi la cosa migliore. Dio vi e ci benedica amici cari!

Alessandro Ginotta

Il dipinto di oggi è: “Christus Consolator”, di Carl Heinrich Bloch, 1875, olio su tela, Brigham Young University Museum of Art

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