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Posso sentire la voce di Dio?

Si può sentire la voce di Dio?

Siete pronti a camminare un po’ in salita? Insieme incontreremo Gesù e, se faremo attenzione, potremo ascoltare la voce di Dio!

Il mio in(solito) commento a:
Fu trasfigurato davanti a loro (Marco 9,2-13)

Inoltriamoci attraverso questo sentiero, è un po’ ripido, ma la strada è sicura. Raggi di sole si infilano tra il manto delle foglie disegnando lame di luce che giocano con l’ombra sulla terra umida. L’odore intenso della corteccia bagnata si mescola al profumo del muschio che cresce lungo le sponde di un ruscello. Saliamo ancora. D’un tratto la vegetazione si apre sull’azzurro del cielo che scende a baciare esili steli d’erba cullati dal vento. Di salita in salita, arriviamo al monte Thabor: “Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli. Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati. Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!». E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro” (vv. 2-8).

C’era un momento in cui Dio viveva con gli uomini e spesso si intratteneva a parlare con loro. No, non mi riferisco alla vita pubblica di Gesù, oh, certo, anche in quel caso Dio fattosi uomo camminava insieme agli uomini e dialogava con loro. Ma quel che vi racconterò ora accadde molto, molto tempo prima. Leggiamo nella Genesi: “Poi udirono il Signore Dio che passeggiava nel giardino alla brezza del giorno e l’uomo con sua moglie si nascosero dal Signore Dio, in mezzo agli alberi del giardino. Ma il Signore Dio chiamò l’uomo e gli disse: «Dove sei?». Rispose: «Ho udito il tuo passo nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto»” (Genesi 3,8-10). Già agli albori della Creazione, Dio viveva in mezzo all’uomo. Camminava con lui. Discorreva con lui e lo ascoltava. Da quell’”Adamo, dove sei?” Dio parlerà molte volte all’uomo.

E così lo vediamo conversare con Mosè, in vari momenti “forti” della sua vita e della storia del popolo di Dio. La prima volta sotto le sembianze di un roveto ardente: “Egli guardò ed ecco: il roveto ardeva per il fuoco, ma quel roveto non si consumava. Mosè pensò: «Voglio avvicinarmi a osservare questo grande spettacolo: perché il roveto non brucia?». Il Signore vide che si era avvicinato per guardare; Dio gridò a lui dal roveto: «Mosè, Mosè!». Rispose: «Eccomi!». Riprese: «Non avvicinarti oltre! Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è suolo santo!». E disse: «Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe». Mosè allora si coprì il volto, perché aveva paura di guardare verso Dio” (Esodo 3,2-6). E Mosè indosserà più volte il velo nella sua vita, dopo aver parlato “a tu per tu” con Dio. Sì, perché restando vicino a Lui si trasformava: quando discese dal Monte con le tavole della legge, Mosè “non sapeva che la pelle del suo viso era diventata raggiante, poiché aveva conversato con lui” (Esodo 34,29).

Ma Aronne e tutti gli Israeliti, vedendo che la pelle del suo viso era raggiante, ebbero timore di avvicinarsi a lui. Il suo volto risplende di una luce nuova e diversa, perché riflette la luce di Dio. Restare in intimità con Dio, ascoltare le sue parole, parlare insieme a Lui è un’esperienza che ci trasforma nel nostro intimo. Dopo l’incontro con Dio non siamo più gli stessi. E’ un po’ come se brillasse anche il nostro volto. Una luce nuova accende i nostri occhi. Un’energia nuova anima le nostre azioni. Perfino la parola è più convincente.

Spesso mi capita di parlare in pubblico, in televisione, oppure ad una conferenza. Ogni volta che posso, percorro gli ultimi passi, prima di avvicinarmi ad un microfono, ripetendo dentro di me le parole di Gesù: «Quando vi condurranno davanti alle sinagoghe, ai magistrati e alle autorità, non preoccupatevi come discolparvi o che cosa dire; perché lo Spirito Santo vi insegnerà in quel momento ciò che bisogna dire» (Luca 12,11-12). E credetemi, amici cari, le mie performance migliori, sono state quelle “non preparate”. Quelle in cui lasciavo la mia parola (con la “p” minuscola), libera di cibarsi della Parola (con la “P” maiuscola) di Dio. Perché: “non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me” (cfr. Galati 2,20).

E’ quando rinunciamo al nostro egoismo, quando svuotiamo il nostro “io” di tutte le sue boriose certezze e ci mettiamo nelle mani di Dio, quando lasciamo che il suo pensiero prenda il posto delle nostre idee, quando permettiamo alla sua volontà di essere più forte della nostra, che facciamo un capolavoro: allora la nostra anima risplende, non della nostra luce, ma di quella di Dio. Allora le nostre labbra diventano strumenti di Dio e pronunciano parole che davvero lasciano il segno nel cuore di chi ci ascolta.

E’ un’esperienza unica ed intensa che trasforma noi stessi, prima ancora di chi ci ascolta. Perché Dio opera miracoli in chi si lascia guidare da Lui. E, badate bene, amici, che non succede solo in me, ma in tutti noi. Tutti, ma proprio tutti, possiamo prestare la nostra voce a Dio. Scrive San Paolo: “uno alla volta, infatti, potete tutti profetare, perché tutti possano imparare ed essere esortati” (1Corinzi 14,31). Ci sono numerosi passi che vi vorrei citare, come ad esempio il racconto della Pentecoste che troviamo negli Atti degli Apostoli (Atti 2,1-21), o la coraggiosa “contrattazione” in cui Abramo “rilancerà”, a più riprese, la propria “posta” con Dio per ottenere la salvezza di una città (cfr. Gen 18, 20-33). Oppure ancora l’incontro, pieno di poesia, del profeta Elia con Dio sul monte Oreb (1 Re 19, 1-18).

Ma un brano in particolare lo voglio richiamare qui per esteso: la prima volta in cui Samuele udì la voce di Dio. Era un bambino ed abitava nella casa del sommo sacerdote Eli, che, al tempo, custodiva l’Arca dell’Alleanza: “In quel tempo Eli stava riposando in casa, perché i suoi occhi cominciavano a indebolirsi e non riusciva più a vedere. La lampada di Dio non era ancora spenta e Samuele era coricato nel tempio del Signore, dove si trovava l’arca di Dio. Allora il Signore chiamò: «Samuele!» e quegli rispose: «Eccomi», poi corse da Eli e gli disse: «Mi hai chiamato, eccomi!». Egli rispose: «Non ti ho chiamato, torna a dormire!». Tornò e si mise a dormire. Ma il Signore chiamò di nuovo: «Samuele!» e Samuele, alzatosi, corse da Eli dicendo: «Mi hai chiamato, eccomi!». Ma quegli rispose di nuovo: «Non ti ho chiamato, figlio mio, torna a dormire!». In realtà Samuele fino allora non aveva ancora conosciuto il Signore, né gli era stata ancora rivelata la parola del Signore. Il Signore tornò a chiamare: «Samuele!» per la terza volta; questi si alzò ancora e corse da Eli dicendo: «Mi hai chiamato, eccomi!». Allora Eli comprese che il Signore chiamava il giovinetto. Eli disse a Samuele: «Vattene a dormire e, se ti si chiamerà ancora, dirai: Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta». Samuele andò a coricarsi al suo posto. Venne il Signore, stette di nuovo accanto a lui e lo chiamò ancora come le altre volte: «Samuele, Samuele!». Samuele rispose subito: «Parla, perché il tuo servo ti ascolta». Allora il Signore disse a Samuele: «Ecco io sto per fare in Israele una cosa tale che chiunque udirà ne avrà storditi gli orecchi…»” (1Samuele 3,2-11).

Anche a noi, come fece con Samuele, Dio parla. E lo fa ogni giorno. Qualche volta Dio parla nei nostri pensieri. Qualche altra volta con un’immagine che scorgiamo distratti. Qualche altra ancora, Dio, ci parla attraverso le pagine di un libro, o in tantissimi altri modi. Basta saperlo ascoltare. Non dobbiamo commettere l’errore del giovane Samuele e scambiare la voce di Dio per qualcos’altro. E’ facile, quando siamo distratti dai mille pensieri e preoccupazioni di questo mondo, confondere la voce di Dio con il rumore nel quale siamo costantemente immersi. Ma quando riusciamo a fare silenzio nei nostri pensieri, allora sì, che possiamo sentire dentro di noi le parole di Dio e permettergli di cambiarci dall’interno. Allora anche il nostro volto brillerà di una luce nuova.

Vorrei parlarvi ancora di come si può dialogare con Dio. Forse lo farò in un libro, forse sarà l’argomento di qualche conferenza, ma certo ci sono ancora tante cose che vi vorrei raccontare. Ad esempio vorrei approfondire i numerosi riferimenti che possiamo trovare nella Bibbia (nei libri di Samuele, di Esdra, ma anche nei libri dell’Esodo e di Osea), che descrivono alcuni mezzi, usati dagli antichi profeti, per facilitare il dialogo con il Signore. Ma per concludere la riflessione di oggi vorrei tornare al punto di partenza: “E venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento»” (Marco 1,11).E’ la voce di Dio Padre, che scende potente dal cielo e ci parla di Gesù. Le stesse parole, Dio Padre, le pronuncerà un’altra volta, durante l’episodio della Trasfigurazione (cfr. Marco 9,2-8).

Ci sono momenti forti nella storia dell’umanità in cui il Cielo e la terra si fondono. Il confine che separa l’uomo da Dio si contrae. Il Creatore, spinto dal suo irrefrenabile amore, entra in contatto con la sua creatura e l’abbraccia, la nutre, la trasforma, le parla.

#Santanotte amici, la vostra anima stia sempre in ascolto della voce di Dio. Egli sussurra ogni istante parole d’amore, d’incitazione, di incoraggiamento, di indirizzo. La vostra anima ascolti, le vostre braccia mettano in pratica. Dio vi benedica, amati dal Signore!

Alessandro Ginotta

Il dipinto di oggi è: “La Trasfigurazione”, di Fra Angelico (Giovanni da Fiesole), 1446, affresco, 192 x 167 cm, Museo di San Marco, Firenze
Il dipinto di oggi è: “La Trasfigurazione”, di Fra Angelico (Giovanni da Fiesole), 1446, affresco, 192 x 167 cm, Museo di San Marco, Firenze

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