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Perché non bisogna perdere la speranza?

Perché sperare quando tutto sembra perduto?

La speranza può nascere dal dubbio? Ti sembrerà strano, ma prova a leggere queste righe e scoprirai che…

Il mio in(solito) commento a:
Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro? (Matteo 11,2-11)

Il pennello di san Luca (sapevate che, oltre ad essere medico, era anche un pittore?) dipinge per noi un ritratto di Gesù determinato e indiscutibilmente concreto: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?» (v. 3) è la domanda dei discepoli del Battista. La risposta? Un’esplosione di miracoli!

In quello stesso momento Gesù guarì molti da malattie, da infermità, da spiriti cattivi e donò la vista a molti ciechi. Poi diede loro questa risposta: «Andate e riferite a Giovanni ciò che avete visto e udito: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciata la buona notizia. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!» (vv. 4-6). Quando si suol dire una risposta pratica!

Mi ha sempre stupito il dubbio del Battista: è cresciuto vicino a Gesù, il primo incontro ancora nel grembo delle madri (cfr. Luca 1,39-45); probabilmente, negli anni dell’infanzia, lo avrà visto compiere quei prodigi e miracoli che sono taciuti dai Vangeli, ma narrati nella letteratura apocrifa; sulle rive del Giordano è certo e deciso e lo indica alle folle: «Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo!» (Giovanni 1,29); è stato anche testimone oculare di un evento straordinario: “Quando tutto il popolo fu battezzato e mentre Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e scese su di lui lo Spirito Santo in apparenza corporea, come di colomba, e vi fu una voce dal cielo: «Tu sei il mio figlio prediletto, in te mi sono compiaciuto»” (Luca 3,21-22); eppure qui sembra dubitare. Perché?

Io credo che Dio ci abbia voluto regalare una carezza con questo dubbio. Una carezza che assomiglia molto ad un’altra: quella del dubbio di San Tommaso. In entrambi i casi la risposta di Gesù cancella ogni incertezza. Ambedue le volte a parlare non è la voce di Gesù, ma sono i fatti: un dito che viene invitato a toccare le piaghe di Cristo; un grappolo di miracoli eclatanti. Due risposte talmente dirette, forti ed inequivocabili, da spazzare via ogni dubbio ed ogni ombra.

Dio ci accarezza, consolandoci. Perché, se anche un apostolo come San Tommaso, che visse per lungo tempo insieme a Gesù, ascoltando la sua voce, osservando le sue gesta, meravigliandosi davanti ai suoi miracoli, ha dubitato. E, se anche San Giovanni il Battista, l’ultimo dei profeti, un grande: «Io vi dico anzi, più di un profeta. Io vi dico fra i nati di donna non vi è alcuno più grande di Giovanni» (cfr. Matteo 11,2-11) è stato colto dal dubbio, allora ogni nostro tentennamento è ampiamente giustificato. Eccola la carezza di Dio: noi, che siamo piccoli, non dobbiamo torturarci per i nostri dubbi, perché anche i grandi, i più grandi, dubitano di tanto in tanto.

Vedete, amici, San Giovanni il Battista, il precursore, è anche un anello di congiunzione: egli ha un piede nell’Antico ed uno nel Nuovo Testamento. Ed anche la sua idea di Dio è ancora “a cavallo”. Il Battista è in carcere e sta per andare incontro a morte sicura. L’immagine di un Dio “giudice severo” e “vendicatore”, che emerge da alcuni brani dell’Antico Testamento, fa sì che Giovanni creda che un angelo dal cielo verrà a salvarlo ed a punire Erode, colui che lo arrestò ingiustamente. Ma questo non accade. E il Battista entra in crisi: “Perché Dio non mi salva? Mi sarò sbagliato?”. Ecco la goccia del dubbio che scava anche la roccia più dura.

Perfino Giovanni, colui che predicava la conversione, si dovrà a sua volta “convertire”: dovrà cambiare la sua idea di Dio. Dovrà imparare a conoscere la croce. E il suo calvario sarà il carcere, dove verrà ingiustamente giustiziato.

Come San Giovanni il Battista, anche noi ci aspettiamo che Dio, nella sua onnipotenza, sconfiggerà il male, il peccato e la sofferenza con uno schiocco di dita. Per questo anche noi dubitiamo. Ma Dio ci sorprende sempre. Egli sa scrivere bene anche sulle righe più storte e sa trasformare quello che sembra una sconfitta, la morte in croce, in un trionfo: la Risurrezione.

L’immagine di Gesù in croce è quella di uomo sconfitto: patisce, è tradito, è schernito, è offeso ed infine muore. Sembra la fine di tutto. Anche i discepoli, uno ad uno, se ne andranno con la coda tra le gambe. Ci siamo illusi. Dio è morto.

Invece no! La passione di Gesù non è un incidente, la sua morte – quella morte – era scritta. E’ sempre stata nel disegno del Padre. Così la Risurrezione rappresenta l’intervento di Dio là dove s’infrange la speranza umana: il momento nel quale tutto sembra perduto, il tempo del dolore nel quale tante persone sentono come il bisogno scendere dalla croce, è il momento più vicino alla Resurrezione.

Avete visto, amici cari, che cosa ci insegna il dubbio di Giovanni il Battista? Che il momento della disperazione più totale, quando tutto attorno a noi sembra inutile, non è il tempo della sconfitta, ma è il tempo di aprirci fiduciosi alla speranza in Dio, come ha fatto Gesù!

Alessandro Ginotta

Perché sperare quando tutto sembra perduto?
Il dipinto di oggi è: “Il Battesimo di Cristo”, di Piero della Francesca, 1450, tempera su tavola, 167×116 cm, The National Gallery, Londra

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