Perché Dio ama (anche) i peccatori?
Quando siamo noi ad allontanarci, perché non lo riconosciamo, o perché desideriamo la libertà di sbagliare con le nostre stesse mani, allora Gesù si fa ancora più vicino. Ci tende la mano. Ci cinge con il suo braccio. Ci risolleva e ci conforta…
Il mio in(solito) commento a:
Non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori (Matteo 9,9-13)
Certo che Dio è “strano”. Il suo modo di pensare e di agire è così diverso dal nostro, che spesso ci risulta difficile da comprendere. Così, tra le pagine dei Vangeli, potremo trovare Gesù: ora intento a discorrere con una peccatrice al pozzo, ora a salvare un’adultera dalla lapidazione, ora a lasciarsi lavare e baciare i piedi da una donna con un passato discutibile, ora a cenare con un truffatore con la passione di salire sugli alberi ed ora perfino a promettere il Paradiso ad un ladro in procinto di scontare una condanna a morte. Sono innumerevoli i casi in cui Cristo “…un mangione e un beone, amico dei pubblicani e peccatori…” (cfr. Matteo 11,19) si relaziona con persone “difficili”, che hanno commesso parecchi errori. Entra nelle loro vite e le trasforma, liberando i peccatori dal pesante giogo del loro peccato e trasformandoli in persone “normali”, capaci di amare e vivere esistenze “normali”, senza trascinarsi dietro scomodi fardelli legati alla propria anima.
Un Dio che poteva restare a godersi le sue “comodità” nei cieli, ha deciso di scendere sulla terra, di incarnarsi e vivere un’esistenza difficile. Una vita in mezzo agli ultimi, nascendo in una mangiatoia, al freddo ed al gelo. Rischiando ripetutamente la propria vita, fino a perderla per noi. Un Dio che fa questo per amore, non può non amare le proprie creature. E così Gesù si è fatto carne per camminare in mezzo a noi. Si è fatto uomo per vivere in mezzo a noi. Per salvarci. Per guarirci. Per liberarci dal male. Per portarci a vivere insieme a Lui.
No. Gesù non è venuto sulla terra per dare una pacca sulle spalle ai migliori. Ma per restare più vicino a chi ne ha bisogno, a chi soffre e si lamenta, a chi cerca luce lontano da Lui. A chi cerca, nella vita, quel surrogato di Dio che è la finta felicità, quella che sorride, ma non scalda il cuore. Quella che fa star male e stordisce. Quella che ci porta sulla cattiva strada. Ma Dio non lo può permettere.
Egli è il buon Pastore che non esita a lasciare il gregge di novantanove pecore per inoltrarsi nel deserto a cercare l’unica che si è smarrita. perché Dio è così: non sa stare lontano da noi. E, quando siamo noi ad allontanarci, perché non lo riconosciamo, o perché desideriamo la libertà di sbagliare con le nostre stesse mani, allora Gesù si fa ancora più vicino. Ci tende la mano. Ci cinge con il suo braccio. Ci risolleva e ci conforta.
Perché “ci sarà più gioia in cielo per un peccatore convertito, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione” (Luca 15,7).
Perché il cuore di Dio palpita di quell’amore unico, infinito ed incontenibile che porta il padre buono a riaccogliere il figliol prodigo (cfr. Luca 15,11-32).
Perché Dio camminerà sempre con noi, anche – e soprattutto – nei momenti più dolorosi, anche – e soprattutto – nei momenti più brutti. E’ lì che il Signore ci starà più vicino!
No, Dio non è un vendicatore od un giustiziere, come ci sarebbe più facile vederlo. No. Dio non viene a giudicare, ma per amare.
#Santanotte amici cari. Amati dal Signore cerchiamo di portare nelle nostre vite “normali” un po’ di quell’amore che Dio, generosamente, riversa su tutti noi. Dio vi e ci benedica amici cari!
Alessandro Ginotta
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