Perché diciamo: “ma dì soltanto una parola ed io sarò salvato”?
Nello stesso istante in cui una preghiera scaturisce sincera dal nostro cuore, questa è già ad un passo dal cuore di Dio
Il mio in(solito) commento a:
Neanche in Israele ho trovato una fede così grande (Luca 7,1-10)
Un buon titolo per il commento di oggi potrebbe essere: “guarigione a distanza”. A “distanza” perché al contrario di quanto troviamo in San Matteo (cfr. Matteo 8, 5-11), che ci narra l’incontro tra Gesù ed il centurione che si prostra ai suoi piedi, San Luca, in questo brano, ci parla solo di messaggeri.
Arrivano degli anziani giudei e pregano Gesù di recarsi a casa del centurione, per guarire il suo servo: “Costoro, giunti da Gesù, lo supplicavano con insistenza: «Egli merita che tu gli conceda quello che chiede – dicevano -, perché ama il nostro popolo ed è stato lui a costruirci la sinagoga»” (vv. 4-5). Gesù decide di seguirli e si incammina con loro: “Non era ormai molto distante dalla casa, quando il centurione mandò alcuni amici a dirgli: «Signore, non disturbarti! Io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto; per questo io stesso non mi sono ritenuto degno di venire da te; ma di’ una parola e il mio servo sarà guarito. Anch’io infatti sono nella condizione di subalterno e ho dei soldati sotto di me e dico a uno: «Va’!», ed egli va; e a un altro: «Vieni!», ed egli viene; e al mio servo: «Fa’ questo!», ed egli lo fa». All’udire questo, Gesù lo ammirò e, volgendosi alla folla che lo seguiva, disse: «Io vi dico che neanche in Israele ho trovato una fede così grande!». E gli inviati, quando tornarono a casa, trovarono il servo guarito“. (vv. 6-10).
“Io stesso non mi sono ritenuto degno di venire da te; ma di’ una parola e il mio servo sarà guarito” (v. 7). Riconosci queste parole? Le recitiamo ogni volta che partecipiamo alla Santa Messa poco prima di ricevere l’Eucarestia: “O Signore, io non son degno di partecipare alla Tua mensa, ma dì soltanto una parola ed io sarò salvato“.
Un brano che sembra così lontano dai più noti del Vangelo, un racconto dove Gesù neppure incontra la persona che chiede la grazia, si rivela così importante da venire citato ogni giorno a distanza di quasi duemila anni!
Quante cose ci insegna questo centurione!
Questo stesso deve essere il nostro atteggiamento nel momento in cui stiamo per ricevere il Signore nel nostro cuore. Di sicuro nessuno di noi è “degno” di Gesù, della sua presenza e del suo amore, ma sappiamo nella fede che ci basta anche solo un suo cenno, una parola, un solo sguardo ed Egli ci potrà salvare.
Gesù è pronto ad esaudire le nostre preghiere, ma desidera una cosa da noi: la fede. Se avremo fede, Dio potrà moltiplicare i nostri sforzi e permetterci di ottenere un risultato impensabile.
Che cosa ci chiede in cambio? Soltanto di crederci! Sì, di crederci. Di non scoraggiarci. Di continuare a provare. Di continuare ad impegnarci. Di continuare a pregare, un po’ come la vedova molesta che incalza il giudice della parabola (cfr. Lc 18,1-8). Gesù ci invita a non abbandonare mai la fede, a perseverare nella preghiera e a desiderare, veramente, di poter spostare perfino le montagne!
Sì, amici cari, perché la fede che Dio ci chiede è una forza rivoluzionaria che non si piega al ricatto della realtà, ma che la trasforma, permettendo, anche all’impossibile, di accadere. E’ una fede coraggiosa, che non si ferma davanti a nulla e nessuno. E’ una speranza contro ogni speranza.
L’incredulità, la mancanza di fede, è quanto sta portando alla rovina il nostro mondo. Perché, come ci ricorda Papa Francesco: “Spesso il problema della fede è la mancanza di gioia. La fede vacilla quando ci si barcamena nella tristezza e nello scoraggiamento. Quando viviamo nella sfiducia, chiusi in noi stessi, contraddiciamo la fede, perché anziché sentirci figli per i quali Dio fa grandi cose, rimpiccioliamo tutto alla misura dei nostri problemi e ci dimentichiamo che non siamo orfani: abbiamo un Padre in mezzo a noi, salvatore potente” (Cattedrale Cattolica di San Giuseppe, Bucarest, venerdì 31 maggio 2019).
A tutti noi, che vogliamo credere, che vogliamo avere fede, Gesù chiede di non rinchiuderci nei nostri schemi asfittici e riduttivi, di non affidarci al calcolo ed alla ragione, ma di alzare lo sguardo oltre l’orizzonte e contemplare la vastità del cielo. La vastità di Dio. E lasciare che, i nostri pensieri, vengano trasportati dall’alito dello Spirito Santo “che soffia dove vuole e quando vuole”.
#Santanotte La nostra fede sia, prima di tutto, fantasia e coraggio. E nessun ostacolo ci fermerà!
Alessandro Ginotta
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