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Perché cercare tra i morti colui che è vivo?

Perché cercare tra i morti colui che è vivo?

Inutile cercarlo nel sepolcro. Inutile aspettarsi di trovarlo tra i defunti. Perché Dio non è affatto morto!

Il mio in(solito) commento a:
Perché cercate tra i morti colui che è vivo? (Luca 24,1-12)

Sul dipinto che accompagna questo commento ho scritto l’articolo: “Il segreto della Risurrezione nascosto in un dipinto”, che è stato pubblicato su “Il Corriere della Valle”. Leggetelo, perché scoprirete qualcosa che vi sorprenderà!

Ma torniamo al Vangelo di oggi: proprio mentre Anna, Caifa, Pilato, Erode Antipa, decine di membri del Sinedrio, scribi, farisei, dottori della Legge, legionari, e chissà quanti tra le persone comuni, tiravano un sospiro di sollievo perché Cristo era morto sulla croce e tutto, ma proprio tutto, attorno portava i segni della sconfitta, dello scoraggiamento, del dolore, del buio, dello spavento, lì, dietro a quel masso che sembrava troppo pesante da potersi spostare, si stava scrivendo il capitolo più sfolgorante e luminoso che mai un libro abbia potuto contenere: la Risurrezione.

Non c’è un momento in cui Dio è stato più vivo di questo. Mai come ora è stato più vero il versetto: Dio non è dei morti, ma dei viventi (Luca 20,38). Inutile cercarlo nel sepolcro. Inutile aspettarsi di trovarlo tra i defunti. Perché Dio non è affatto morto, ma è Risorto!

C’è un dipinto che più di ogni altro, ci può aiutare ad entrare nell’atmosfera di questo istante: è il Cristo morto di Andrea Mantegna. Ma come? Osserverete voi: per parlare di Cristo Risorto dobbiamo immaginarlo morto? Sì, perché il pennello del Mantegna, amici cari, ha realizzato un’opera unica nel suo genere: con un fortissimo impatto emotivo il dipinto ci permette di entrare direttamente nella scena. E’ la tela che ci trasforma in testimoni oculari, ponendoci proprio di fronte a Cristo. Non possiamo fare a meno di guardare da un punto di vista leggermente rialzato: abbiamo tutto Gesù davanti ai nostri occhi, ci pare quasi di poterlo toccare. Dai piedi, che ci colpiscono in primissimo piano, l’inconsueta prospettiva, accompagna il nostro sguardo lungo il suo corpo risalendo fino al volto. Ed ogni suo tratto ci parla con la voce della sofferenza e della Passione. Ma sapete che cos’è più sconvolgente? Che questo dipinto non ritrae per nulla un cadavere, ma un vivente. Sì, amici: notate i muscoli come sono tesi? Il torace inarcato? Le mani quasi sollevate? E che dire della serenità disarmante che ci trasmette il volto? C’è tutta l’anima che palpita dentro questo corpo pronto a riprendere vita. Mantegna è riuscito mirabilmente a ritrarre Cristo, un istante prima della sua Risurrezione: a ben guardare, pare quasi di vederlo mentre inizia a muoversi per alzarsi dalla lastra di marmo sulla quale era adagiato. Questo Gesù non-morto, sta proprio davanti a noi e ci offre una prospettiva di speranza: Dio è dalla nostra parte anche davanti alla morte e la supera. Così, con gli occhi della fede, possiamo scrutare la notte ed osare di cercare i primi segni dell’alba.

Con questa immagine impressa nella nostra fantasia, socchiudiamo gli occhi ed immaginiamo proprio quel telo, che fino ad un istante prima velava le sembianze senza vita del Signore, librarsi nell’aria come sospeso, sotto una luce potentissima, per poi afflosciarsi vuoto. Ecco l’istante! La Risurrezione è avvenuta davanti ai nostri occhi! Ecco un sguardo di speranza che si spinge oltre l’infinito.

Dio è molto più presente di quanto noi crediamo nelle nostre vite. E se impareremo a leggere questo brano, capiremo che Gesù ci sta invitando ad utilizzare le nostre energie per riconoscere i segni della sua presenza, e non, al contrario, per sprecarle per sottolineare i vuoti lasciati dalla sua assenza. 

Proviamo a pensare per un istante alla croce: attraverso gli occhi degli uomini parrebbe significare la morte, la fine di tutto. La vittoria del male che ha tolto al mondo quel Dio che era sceso sulla terra per camminare in mezzo agli uomini. 

Invece che accadrebbe se la guardassimo attraverso gli occhi di Dio? La Croce diventerebbe uno strumento per arrivare alla Risurrezione. Per mantenere quella promessa che la storia ci vorrebbe presentare come disattesa. Il Figlio di Dio che, riscattato attraverso la Risurrezione si presenta all’umanità come colui che Vive, colui che ha vinto anche le tenebre della morte! 

Ed è con questi occhi, amici, che dobbiamo imparare a vedere Gesù. Con occhi di fede, con occhi di gioia, con occhi rivolti alla luce ed al futuro. Non con lo sguardo rivolto verso il basso e velato dalle lacrime. Perché Cristo vive. Lui è in noi, Lui è con noi e non se ne va mai. Per quanto noi ci potremo allontanare, accanto a noi troveremo sempre il Risorto, che ci chiama e ci attende per ricominciare. Nella tristezza, tra i rancori, le paure, i dubbi e i fallimenti, Lui sarà sempre qui per ridarci la forza e la speranza.

La Croce di Cristo è il segno della speranza che non delude e ci dice che nemmeno una lacrima, nemmeno un gemito andranno perduti nel disegno di salvezza di Dio. Non guardiamo al vuoto delle tenebre, ma alla luce che scaturisce da Cristo che, anche oggi, spezza il pane per noi! 

#Santanotte. La Parola di Dio entri dentro di voi e raggiunga il vostro cuore. Lì, come un piccolo seme, produrrà germogli di speranza e di vita. Dio vi benedica! Buona Pasqua, amici cari.

Alessandro Ginotta

Il dipinto di oggi è: “Il Cristo morto (o Lamentazione siul Cristo morto)” uno dei più celebri dipinti di Andrea Mantegna, tempera su tela (68×81 cm), databile con incertezza tra il 1475-1478 circa e conservato nella Pinacoteca di Brera a Milano. L’opera è celeberrima per il vertiginoso scorcio prospettico della figura del Cristo disteso, che ha la particolarità di “seguire” lo spettatore che ne fissi i piedi scorrendo davanti al quadro stesso”
Il dipinto di oggi è: “Il Cristo morto (o Lamentazione siul Cristo morto)” uno dei più celebri dipinti di Andrea Mantegna, tempera su tela (68×81 cm), databile con incertezza tra il 1475-1478 circa e conservato nella Pinacoteca di Brera a Milano. L’opera è celeberrima per il vertiginoso scorcio prospettico della figura del Cristo disteso, che ha la particolarità di “seguire” lo spettatore che ne fissi i piedi scorrendo davanti al quadro stesso


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