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Non vivere come una fotocopia

Non vivere come una fotocopia

Hai mai sentito parlare della “vita fotocopia”? Quella che scorre tutta uguale, sempre in bianco e nero, dove ogni giorno si assomiglia al precedente… Il Beato Carlo Acutis ci mette in guardia proprio da questo: da una vita piatta, senza colori, senza senso. Una vita che, a ben guardare, non è nemmeno vita

Il mio in(solito) commento a:
Che cosa un uomo potrà dare in cambio della propria vita? (Matteo 16,24-28)

La vita vera, quella piena, quella che ti accende dentro… si trova solo seguendo Gesù. E sì, comporta anche accettare la nostra croce. Ma non siamo mai soli: c’è Lui, accanto a noi, che la porta con noi. E allora la croce pesa meno. O meglio: pesa amore.

Ripercorrendo la storia della salvezza, tutto sembra iniziare con uno “scaricabarile”: Adamo incolpa Eva, Eva incolpa il serpente… e da lì, in poi, è un continuo gioco a spostare le responsabilità. Caino si volta dall’altra parte: «Sono forse il guardiano di mio fratello?»… e Pilato si lava le mani. Sempre la stessa scena. Sempre la stessa fuga.

Gesù, invece, ci chiede qualcosa di diverso. Ci invita a diventare adulti nella fede. A guardare in faccia le nostre responsabilità. A non tirare indietro la mano.

Perché – ammettiamolo – la tentazione è forte: vivere comodi, evitare problemi, lasciare che siano “altri” a decidere. Anche quando le decisioni sono sbagliate. Anche quando davanti al dolore del fratello preferiamo voltarci dall’altra parte. Ci diciamo che “non ci riguarda”, che “non possiamo fare nulla”. Ma è davvero così?

In realtà, possiamo molto di più. Possiamo parlare, proporre, costruire. Possiamo metterci in gioco. Possiamo smettere di urlare e iniziare a dialogare. Perché, se è vero che la politica spesso non ascolta le urla, è altrettanto vero che sa ascoltare idee costruttive, proposte serie, parole vere.

E non basta scrivere lettere. Non basta pubblicare post indignati. Dobbiamo muoverci. Uscire. Incontrare. Riconoscere il nostro prossimo nel volto di chi soffre accanto a noi.
E allora sì, incontreremo davvero Gesù.

Se invece continueremo a vivere evitando la croce, resteremo bloccati, come Adamo ed Eva quando si scoprirono nudi. Nudi, impauriti, incapaci di muovere un passo.

Ma Dio… Dio non si allontana mai. Nemmeno quando sbagliamo tutto. È lì, come quando cucì quelle tuniche per coprire la vergogna dei primi uomini: “Il Signore Dio fece all’uomo e alla donna tuniche di pelli e li vestì” (Genesi 2,21). Dovevano lasciare il Paradiso Terrestre e Dio li vestì. Per proteggerli. Per difenderli dalle intemperie e dal disagio. Dio era lì, a un passo. Con amore. Vicino alle sue creature. Anche dopo il peccato originale. E Dio è qui, ora, accanto a noi. E lo sarà sempre, indipendentemente da come ci comporteremo.

Perché il problema non sono i drammi della vita, ma la mediocrità. L’indifferenza. Quel lasciarci andare che non è né umiltà né mitezza… ma rinuncia. È dire “non mi riguarda” e, così facendo, spegnere lentamente la luce dentro di noi.

E invece no. Siamo nati per brillare. Per amare. Per vivere intensamente. Non conta quanto sarà lunga la nostra vita… ma quanto sarà vera. E se accetteremo di perderla per amore, la ritroveremo luminosa. Immensamente piena. #Santanotte

Alessandro Ginotta

Il dipinto di oggi è: “San Francesco abbraccia Cristo”, di Bartolomé Esteban Murillo, 1668, olio su tela, Museo delle Belle Arti di Siviglia

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