Non sono venuto ad abolire ma a dare compimento

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Un Gesù da Antico Testamento? E’ tornato il Dio vendicativo e punitivo che ci sembra che venga tratteggiato da alcuni dei libri più antichi della Bibbia? O forse… non abbiamo capito bene?

Il mio in(solito) commento a:
Non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento (Matteo 5,17-19)

Questa pagina dell’evangelista Matteo va “masticata” e “digerita” bene, perché sembra difficile da comprendere. 

Chi si accontenterà di una lettura superficiale, troverà questo brano “graffiante”: è un po’ come se Gesù volesse tirare fuori tutta la severità che ci ha risparmiato fino ad ora. Da queste righe traspare (sembra trasparire) una rigidità che pensavamo di aver “dimenticato” tra le pagine dell’Antico Testamento. Ma dov’è finita la misericordia? No, amici cari, non è così! Quello che emerge da una riflessione più attenta è lo stesso Gesù, perdutamente innamorato dell’uomo, che noi conosciamo. Un Gesù che desidera per noi solo cose buone. Un Gesù che ci offre la sua chiave di lettura dei Comandamenti e dei per aiutarci a vivere una vita migliore. Un Gesù che, non giudica, ma che propone un’alternativa, quella cristiana, alla vita del mondo. Un Gesù che “ci aggiusta il cuore”, scavando fino alla radice del problema. 

Riflettiamoci un istante, amici cari: non adirarsi con il proprio fratello, non offendere, riconciliarsi… Cristo traccia il cammino del buon cristiano, mettendo in pratica il comandamento dell’amore: la legge superiore ad ogni altra, che regola tutta la nostra vita. Se noi ameremo il nostro fratello, non ci adireremo con lui, non lo offenderemo, non gli faremo un torto.

Sta a noi diventare lampada da mettere sul moggio. Sta a noi fare ogni sforzo per riconciliarci con il nostro fratello: fare pace con lui, per avvicinarci a Dio. Per riempire il vuoto che abbiamo dentro con il calore dell’amore: “Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono” (vv. 23-24).Le risposte ad un’offesa sono soltanto due: la vendetta o il perdono. Chi sceglie la prima, pensa di poter guarire una ferita provocandone un’altra. Ma il male non è mai una medicina. E dopo le ferite da rimarginare saranno due e non una soltanto: «occhio per occhio. Se fosse applicata questa legge il mondo sarebbe cieco» (Kalil Gibran).

Ecco che si apre l’altra strada, quella difficile, l’unica davvero percorribile se vogliamo rimettere a posto le cose: il perdono.

Il perdono, amici cari, guarda avanti. Al domani. Mentre il rancore guarda al passato, a quello che è accaduto ieri. L’odio, la vendetta, sono false soluzioni, servono solo ad aggravare un dolore (il nostro) rendendoci complici di chi, quel dolore, la ha provocato dentro di noi. Perché non perdonando il male, facciamo a nostra volta male. E ci allontaniamo da Dio e dalla sua luce. Se vogliamo liberarci dai pesi che ci opprimono, dobbiamo imparare a perdonare.

Non è per nulla facile, ma se solo ci vorremo provare, sperimenteremo l’amore di Dio che scorre dentro di noi. Perché perdonare significa, secondo l’etimologia del greco aphíemi, lasciare andare, liberare, troncare quei tentacoli e quelle catene che ci imprigionano al dolore del passato. E’ a questo che serve il perdono. A fare stare meglio noi stessi. Perché sentendoci in pace con il prossimo, saremo anche in pace con Dio. E con la nostra coscienza.

Vedete, amici cari, come non ci sia nulla di difficile? Alla fine, anche questa complessa pagina di Vangelo si traduce nel mettere in pratica il più alto dei comandamenti: se noi ameremo, il nostro cuore si aggiusterà, e non proveremo più né odio, né invidia, né desiderio di possedere la cosa o la donna d’altri. 

Non servono i cattivi sentimenti: sono tutte situazioni tossiche che ci appesantiscono inutilmente, che ci fanno stare male. Noi dobbiamo amare. E basta. Perché siamo fatti ad immagine e somiglianza di Dio. E “Dio è amore”, come leggiamo nella prima lettera dell’evangelista Giovanni: “amiamoci gli uni gli altri, perché l’amore è da Dio: chiunque ama è stato generato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore”. (1Giovanni 4,7-8). L’amore. Un sentimento che aggiusta il cuore. Un sentimento che rende inutile il peccato.

#Santanotte amici. Non dimentichiamo che, come ci insegna San Giovanni della Croce: “al tramonto della vita saremo giudicati sull’amore”. Eh sì: tutto l’amore che abbiamo saputo provare e… anche quello che proprio non siamo riusciti a dare. Dio vi e ci benedica amici cari e ci renda capaci di amare proprio come Lui: senza condizioni e senza misura! 🙂 🙂 🙂

Alessandro Ginotta

Il dipinto di oggi è: “Salvator Mundi” di Andrea Previtali, 1519, olio su tavola, 61.6 × 53 cm, The National Gallery, Londra

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