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Nemo propheta in patria

Nemo propheta in patria

Non so se capita anche a te, ma a me succede spesso: che si tratti di presentare un libro o di salire sul palco a condurre un convegno, i risultati migliori arrivano sempre lontano da casa. È come se il successo avesse bisogno di chilometri, di strada da macinare, prima di farsi trovare davvero.

Il mio (in)solito commento a: «Non è costui il figlio del falegname?» (Matteo 13,54-58)

Vieni con me. Facciamo insieme un viaggio nel tempo e andiamo a passeggiare per le strade polverose di Nazareth, duemila anni fa. Non troverai asfalto sotto i piedi, ma terra, polvere, fatica. Ed era proprio per questo che i padroni di casa offrivano ai visitatori una bacinella d’acqua per lavarsi i piedi. Non tutti, però. Ti ricordi Simone il fariseo? (Luca 7,36-50). Invitò Gesù a cena, ma con la precisa intenzione di metterlo a disagio. Niente catino d’acqua, niente accoglienza. Eppure, quella sera, fu una donna – definita peccatrice – a fare gli onori di casa. Lavò i piedi di Gesù con le sue lacrime e li asciugò con i capelli. Un gesto semplice, eppure rivoluzionario. Un gesto che la trasformò. Perché ogni incontro con Gesù… trasforma anche noi.

E oggi voglio portarti proprio lì, in quel luogo dove il Vangelo profuma di segatura: la bottega del falegname. Immagina una stradina stretta, polverosa, e in fondo, una finestra da cui filtra la luce tremolante di una lampada a olio. Vieni, avviciniamoci piano. Da lì possiamo spiare Gesù e Giuseppe, padre e figlio, intenti a lavorare fianco a fianco. Sgabelli, sedie, tavoli… e forse anche qualche croce, chissà. I Vangeli non ci raccontano molto di questi anni, ma la tradizione popolare ha conservato storie preziose.

C’è un racconto che mi è rimasto nel cuore, e oggi voglio condividerlo con te. Non è nei Vangeli canonici, lo trovi nel Vangelo dell’Infanzia (n. 13). È come un piccolo romanzo, ma ci aiuta a sbirciare in quella bottega. Si racconta che un giorno Giuseppe stava costruendo un letto, ma un’asse risultò troppo corta. Non sapeva come rimediare. Allora intervenne Gesù bambino: «Papà, appoggia le assi a terra e livellale a una delle estremità». Giuseppe obbedì, e il piccolo Gesù allungò l’asse corta finché fu della stessa misura dell’altra. Giuseppe, commosso, lo abbracciò e lo riempì di baci: «Felice me, perché Dio mi ha dato questo bambino!».

Sì, lo so, non è un racconto “ufficiale”, ma mi piace pensare che sia accaduto davvero. Perché ogni volta che incontro Gesù, anche solo con il cuore, Lui aggiusta qualcosa che io non riesco a raddrizzare.

E allora ti chiedo: i tuoi piedi sono impolverati? Spero di sì! Perché Gesù non ama i comodisti. Incontrarlo significa sporcarsi i piedi, e pure le mani. Non puoi restare seduto sul divano dopo averlo incontrato. Ti tocca scendere in strada, vivere davvero, portare il Vangelo nella concretezza della tua vita. Non serve chissà cosa, solo un pizzico di volontà e una piccola spinta iniziale. Ma ti assicuro: sarà una meraviglia!

Il miracolo che Gesù ti chiede oggi non è di quelli spettacolari. È semplice, quotidiano, ma potentissimo: vuole che il Vangelo scorra nelle tue vene, diventi il sale delle tue giornate, la scintilla che illumina il tuo piccolo mondo. Gesù ti aspetta lì, nel tuo lavoro, nello studio, nelle tue relazioni di ogni giorno. E ti chiede di essere Vangelo vivente. Non come sarebbe più comodo, ma come il cuore ti suggerisce.

E sai una cosa? È un miracolo che puoi fare. Perché mentre tu sbirciavi dalla finestra della bottega, Lui stava già illuminando il tuo cuore #Santanotte

Alessandro Ginotta

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