
Le lacrime di Dio: la pace che non abbiamo ancora capito
La pace non nasce dalla spada. Nasce dalla compassione. Nasce da uno sguardo che si commuove, da una vicinanza che non molla, da una tenerezza che non si arrende di fronte al rifiuto. Nasce dal coraggio di restare accanto perfino a chi scappa, perfino a chi rinnega, perfino a chi spezza il cuore
Il mio (in)solito commento a:
Se avessi compreso quello che porta alla pace! (Luca 19,41-44)
Quanta umanità rivela Gesù… e non quando compie miracoli spettacolari, ma quando piange. Sì, piange per un uomo – e per un’umanità intera – che lo rinnega. È uno dei paradossi più belli del Vangelo: noi ci aspetteremmo un Dio pronto a impugnare la spada, a dividere i buoni dai cattivi con un colpo netto. E invece no: il Dio che ci sorprende è un Dio che si commuove. Un Dio che, invece di giudicare dall’alto, scende nel nostro fango, lo tocca, lo attraversa… e si lascia ferire.
Ora vieni con me, perché questa pagina del Vangelo voglio fartela vivere da dentro. Immagina il Maestro che si avvicina a Gerusalemme. Non è arrabbiato, non è indignato. È straziato. Tre volte, nei Vangeli, le lacrime gli rigano il volto: davanti alla morte dell’amico Lazzaro, nella notte disperata del Getsemani e ora, guardando quella città che porta sulle sue pietre la storia delle nostre continue, ostinate infedeltà.
Gerusalemme… il cuore del mondo. La città in cui le tre grandi religioni monoteiste si sfiorano, si sovrappongono, a volte si feriscono. Terra contesa, ferita, martoriata: lo era ai tempi di Gesù, lo è ancora oggi. E mentre le nazioni continuano a spartire ciò che non gli appartiene, risuona il grido dei profeti: «Là le chiamerò in giudizio… del mio paese, che hanno spartito fra di loro» (Gioele 3,2).
E Gesù? Non accusa. Piange. Perché l’amore vero non punta il dito: si spezza.
Sì, Gesù piange sempre per amore. Per l’amico, per il discepolo, per te. Sfoglia la Bibbia all’indietro: scoprirai un Dio che dichiara il suo amore migliaia di volte… e un’umanità che migliaia di volte gli volta le spalle. Eppure Lui rimane. Ci sfama, ci guarisce, ci sostiene, ci perdona. E noi? Quante volte, come i nove lebbrosi guariti, riceviamo un dono e poi torniamo alla nostra vita senza nemmeno dirgli “grazie”.
E nonostante tutto, Dio continua ad amarci. Lo vedi già nell’alba della Creazione: Adamo ed Eva cadono, scoprono la loro fragilità, si nascondono. E che cosa fa Dio? Prima ancora di allontanarli dal giardino, li veste. «Il Signore Dio fece all’uomo e alla donna tuniche di pelli e li vestì» (Genesi 3,21). Non li umilia. Non li abbandona. Li copre. Li protegge. Si prende cura della loro dignità ferita. Dimmi: non è questo il gesto di un Padre che ama oltre ogni logica?
Ecco chi è il nostro Dio: un Padre che veglia sui tuoi sogni, che asciuga le tue lacrime prima ancora che tu te ne accorga. E noi, spesso, siamo come adolescenti ribelli che sbattono la porta e poi pretendono comunque abbracci e carezze.
Ma è qui che il Vangelo diventa rivoluzione. Perché Gesù non risponde al male con la vendetta, ma con le lacrime. Non con il distacco, ma con la vicinanza. Non con la forza, ma con la fragilità che si offre. E proprio in quel pianto trovi la risposta che da sempre cerchi: questa è la via della pace.
La pace non nasce dalla spada. Nasce dalla compassione. Nasce da uno sguardo che si commuove, da una vicinanza che non molla, da una tenerezza che non si arrende di fronte al rifiuto. Nasce dal coraggio di restare accanto perfino a chi scappa, perfino a chi rinnega, perfino a chi spezza il cuore.
Questa è la pace che ancora non abbiamo compreso. La comprenderemo mai?
#Santanotte
Alessandro Ginotta

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