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La Natività di Maria nei Vangeli nascosti

La Natività di Maria nei Vangeli nascosti

Ecco tutta l’impazienza della meraviglia e lo stupore di una fede che si confessa come un amore.

Il mio in(solito) commento a:
Il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo (Matteo 1,1-16.18-23)

Un miracolo nel miracolo. Se i quattro Vangeli tacciono sulla natività di Maria, la letteratura cristiana conserva per noi un tesoro inestimabile valore in decine di testi che hanno alimentato l’iconografia cristiana dei primi secoli. Il Protovangelo di Giacomo è forse il più noto e risale al 140-170 d.C., ma non dobbiamo dimenticare il papiro Bodmer, il Vangelo armeno della Natività di Maria, i manoscritti Hereford e Arundel e molti altri frammenti, alcuni scritti in greco, altri in latino, lingua copta, aramaico e addirittura in lingua araba. Sono testi talvolta controversi, che spesso citano eventi favolistici, ma palpitano con l’impazienza della meraviglia e lo stupore di una fede che si confessa come un amore.

Non dobbiamo prenderli per “Verità” (quella con la “V” maiuscola, che troviamo solo nei quattro Vangeli canonici), ma certamente possiamo lasciarci accarezzare dalle ali della fantasia leggendoli, perché essi ci consentono di immaginare la vita di personaggi come Anna e Gioacchino, i genitori della Vergine Maria, i cui nomi sono noti proprio attraverso questi testi. Anche l’episodio della presentazione di Maria al tempio, sebbene inserito nel calendario liturgico, deriva da questa letteratura non canonica; così come la tradizione della nascita di Gesù in una grotta; la presenza del bue e dell’asinello nel presepe; il numero ed il nome dei magi (Gaspare, Melchiorre e Baldassarre); i nomi dei due ladroni crocifissi con Gesù (Dima e Gesta); il nome del soldato che colpì Gesù con una lancia (Longino); la storia del Velo della Veronica o la discesa di Gesù agli inferi (che preghiamo nel Simbolo degli Apostoli) e molte altre indicazioni che provengono dalla tradizione e non troviamo nei quattro Vangeli.

Perdonatemi dunque se questa sera, per raccontarvi della nascita della Vergine Maria – evento di cui non ci parlano i testi canonici – ricorrerò a brani estrapolati dal Codice Arundel 404, noto anche come Liber de Infantia Salvatoris (Libro dell’infanzia del Salvatore) o Natività di Maria e di Gesù, che costituisce una variante del Protovangelo di Giacomo (II secolo). Il codice è conservato presso il British Museum: “I genitori di Maria. Nella terra di Gerusalemme ci fu un uomo molto ricco, di nome Gioacchino, della tribù di Giuda, della stirpe di Davide. Costui temeva il Signore con semplicità e pascolava le sue pecore. Di altro non ci curava, se non di amministrare il frutto dei suoi greggi nel timore di Dio”.

Ma… Gioacchino era già anziano e senza figli, cosa che al tempo era considerata una disgrazia: “Mentre Gioacchino stava preparando i suoi doni davanti al Signore, gli si avvicinò uno scriba del tempio, di nome Ruben, e gli disse: A te non è lecito offrire i tuoi doni con i sacrifici di Dio, giacché Dio non ti ha benedetto dandoti una discendenza in Israele. Molto addolorato e svergognato davanti al popolo, si allontanò dal tempio piangendo, e non ritornò a casa sua”. A casa però… “Alzando il suo lamento, sua moglie Anna piangeva, dicendo: Piangerò la mia vedovanza, piangerò anche la mia sterilità, essendo senza figli”. Anna e Gioacchino si raccoglieranno in una intensa preghiera e, contemporaneamente, verranno visitati da un angelo, che ad Anna disse: “Anna, non temere, il Signore ha esaudito la tua preghiera e ha annuito alla tua domanda; è infatti intenzione di Dio che la tua discendenza e ciò che da te nascerà costituisca l’ammirazione di tutti i secoli, e la tua discendenza sarà celebrata in tutta la terra fino alla fine”. E a Gioacchino: “Io sono un angelo di Dio, oggi sono apparso a tua moglie piangente e orante, e l’ho consolata. Sappi dunque che essa, dal tuo seme, ha concepito una figlia. Questa sarà tempio di Dio, su di lei riposerà lo Spirito santo, e la sua beatitudine, superiore a quella di tutte le altre sante donne, sarà di tal genere e così grande quale non fu mai alcuna altra prima di lei. Ma anche dopo di lei, nessuna le assomiglierà, sicché nessuno potrà dire che vi fu una come lei”. E i due si riunirono: “Anna, vai alla porta detta “aurea” ad incontrare tuo marito giacché oggi viene da te con i suoi greggi”.

La scena del bacio alla porta aurea è stata immortalata da Giotto in uno splendido affresco del 1303, conservato alla Cappella degli Scrovegni a Padova. Nata la bimba, Gioacchino dette una festa grandiosa ed invitò tutti i sacerdoti del tempio: “mentre stavano mangiando, si udì dal cielo una voce, che diceva: Gioacchino, Gioacchino, dal Signore, Dio altissimo, Maria è stato il nome indicato per questa bambina”.

Maria intanto cresceva: “Nessuno l’aveva mai vista adirata, nessuno l’aveva mai udita maledire. Ogni suo dire era così pieno di grazia e da esso appariva che sulla sua bocca c’era sempre Dio”. “Con il cibo che riceveva ogni giorno dalla mano dell’angelo saziava esclusivamente se stessa; dava invece ai poveri quanto riceveva dai pontefici del tempio. Frequentemente si vedevano angeli parlare con lei e le obbedivano come i suoi carissimi alla carissima. Se qualche malato, anelante alla sanità, la toccava, nello stesso istante ricuperava la salute”.

Amici, mille altre notizie vorrei raccontarvi sulla giovane Maria (e magari lo farò in futuro in uno dei miei libri). Per ora conserviamo nel nostro cuore queste scene della piccola Vergine cullata dagli angeli ed a lei rivolgiamo una preghiera:

#Santanotte amici cari. O Maria, aiutaci ad alleggerire il nostro cuore dal peso dei peccati, perché diventi più simile al tuo. Tieni lontano dalle nostre labbra le brutte parole e tieni il male lontano dalle nostre case. Prosegui a schiacciare il serpente sotto i tuoi piedi perché non ci possa nuocere. Ed infondi in noi le tue grazie affiché, tramite te, possiamo arrivare a Lui, il frutto benedetto del Ventre tuo Gesù.

Alessandro Ginotta

Il dipinto di oggi è: “La Madonna Aldobrandini”, di Raffaello Sanzio, 1509, olio su tela, 38×32 cm, National Gallery, Londra

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