
La maestra anziana (e il racconto del suo bastone)
Oggi una cosa del genere non sarebbe più nemmeno pensabile. Eppure io me la ricordo bene. La maestra Franca, con la sua lunga canna di bambù, che faceva sibilare nell’aria prima di batterla sul banco dei più vivaci. Un colpo secco, che spegneva all’istante ogni bisbiglio e lasciava sospesi, in quell’aula, solo il suono sinistro e tagliente del bastone. Era il suo modo per richiamare l’attenzione… e funzionava. E c’era anche un’altra “tecnica” che lei usava: ti chiamava alla lavagna e ti chiedeva di scrivere da una parte il nome dei “buoni” e dall’altra quello dei “cattivi”. Sì, lo so, roba da boomer… Ma io me lo ricordo ancora quel groppo alla gola, perché – anche allora – mi chiedevo: davvero si può essere buoni o cattivi per sempre? Davvero si può dividere il mondo con un gessetto, una lavagna e due colonne?
Il mio (in)solito commento a:
«Raccolgono i buoni nei canestri e buttano via i cattivi» (Mt 13,47-53)
Prova a immaginare con me: se gli apostoli sono i “pescatori di uomini” (cfr. Marco 1,17), allora il Regno dei Cieli somiglia a una gigantesca rete da pesca che abbraccia il mare della nostra vita. Quando la rete è piena, i pescatori la tirano su, scelgono i pesci buoni per metterli nei canestri e scartano quelli cattivi. Così – ci dice Gesù – accadrà alla fine dei tempi (cfr Matteo 13,48): gli angeli separeranno i buoni dai cattivi. E sì, lo dice proprio Lui: esiste un luogo di pianto e stridor di denti, una fornace ardente. Ma io mi chiedo, e ti chiedo: sarà davvero così facile finirci dentro?
Pensiamoci un attimo insieme. Dio, che ci ha creati a Sua immagine, che ci ama al punto da donarci Suo Figlio, che ogni giorno si fa Pane per nutrire la nostra anima, può davvero trasformarsi, alla fine della nostra corsa, in un giudice inflessibile pronto a sbatterci la porta del Paradiso in faccia? Lo credi possibile? Oppure, varcata la soglia della morte, troveremo il volto di un Padre, quello vero, il Buon Pastore che lascia tutto per cercare chi si è smarrito, il Padre che corre incontro al figlio prodigo senza nemmeno lasciarlo finire la confessione?
Io non ho dubbi. Perché Gesù ce l’ha detto chiaramente: “Ci sarà più gioia in cielo per un solo peccatore che si converte, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione” (Lc 15,7). E allora, non sarà forse Dio stesso a cercare di far nascere in noi quel pentimento, anche dopo la morte? Non per condannarci, ma per abbracciarci.
Dio non aspetta altro. E se dovrà mostrarci i nostri sbagli, lo farà solo per liberarci dal peso che ci portiamo dentro, non per gettarci nella fornace. Sarà lì, con il Suo sorriso di Padre, pronto a cancellare ogni colpa alla minima scintilla di pentimento. E poi ci accompagnerà davanti alla porta del Paradiso, con una domanda che suonerà più o meno così: “Vuoi entrare?”. Sì, perché la scelta, alla fine, sarà nostra.
Possiamo dire di no. Possiamo rifiutare il Suo amore, come fece il demonio, chiudendoci in noi stessi, nel nostro orgoglio, nel nostro egoismo. E sarà allora che l’inferno si accenderà dentro di noi. Un inferno fatto di disperazione, di rimpianti, di rabbia verso tutto e tutti. Pianto e stridor di denti, sì. Ma auto-inflitto. Una scelta.
Eppure, basta un “sì”. Un piccolo, umile “sì” all’amore, al perdono, alla misericordia, e quel fuoco di rabbia si spegnerà. Per sempre.
Ti ricordi cosa disse Gesù nel Vangelo di Giovanni? “Quand’ero con loro, io conservavo nel tuo nome coloro che mi hai dato e li ho custoditi; nessuno di loro è andato perduto, tranne il figlio della perdizione” (Giovanni 17,12). È chiaro: Dio non ci perderà mai per una manciata di peccati. Saremo noi, semmai, a voler restare fuori, come fece il fratello maggiore del figliol prodigo.
Non rifiutiamo l’amore di Dio. E, anzi, allarghiamolo, facciamolo circolare, moltiplichiamolo per chi ci è accanto. Così anche noi, nel nostro piccolo, diventeremo pescatori di uomini. E allora sì, che sarà una pesca miracolosa. #Santanotte
Alessandro Ginotta

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