
La fine del mondo? No, l’inizio di Dio
È quando il libro si chiude che la prima pagina si avvicina all’ultima. Un’immagine potente, vero? Come a dire che ogni fine è solo un nuovo inizio. In questi giorni che ci separano dal Natale, sento forte il bisogno di fermarmi, respirare, e pensare: la creatura che incontra di nuovo il suo Creatore. Il cerchio che si chiude. L’amore che torna alla sua origine. È un pensiero che scalda il cuore, vero?
Ecco il mio (in)solito commento a: “Gerusalemme sarà calpestata dai pagani finché i tempi dei pagani non siano compiuti” (Luca 21,20-28)
Lo ammetto, non è una pagina semplice. È una di quelle che ti scuotono, che ti obbligano a guardare in faccia la verità. Eppure, proprio in questa complessità, si nasconde una luce. L’Avvento ormai bussa alla porta e ci invita a prepararci. Ma prepararsi a cosa, esattamente?
“Avvento” viene dal latino adventus, che significa “arrivo”. È il tempo dell’attesa, della speranza, del cuore che si apre. Ma c’è di più: la Liturgia di questi giorni sembra quasi volerci spiazzare, proponendoci brani che parlano non solo della nascita di Gesù, ma anche del suo ritorno glorioso. Della sua Parusia. Della fine del mondo così come lo conosciamo. E allora, se ci fermiamo ad ascoltare davvero, forse non ci sta dicendo “preparate il presepe”, ma “preparate il cuore”.
Eppure, leggendo queste parole, ci tremano un po’ le gambe: “Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura” (vv. 25-26).
Immagini forti, apocalittiche. Quasi da far mancare il respiro. Ma non fermiamoci alla paura. Perché proprio quando il buio sembra più fitto, arriva la luce. E Gesù ci svela il senso profondo di tutto questo: “Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire su una nube con grande potenza e gloria. Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina” (vv. 27-28).
Ecco la chiave. Non la fine, ma un nuovo inizio. Non distruzione, ma rinascita. Il cristianesimo non è la religione della paura, ma della speranza. Non ci parla di un Dio che punisce, ma di un Padre che salva.
Quella che chiamiamo “fine del mondo” è, in realtà, l’alba del Regno di Dio. “Non ci sarà più notte alcuna, non avranno bisogno di luce di lampada né di luce di sole, perché il Signore Dio li illuminerà, ed essi regneranno nei secoli dei secoli” (Apocalisse 22,5).
Una città che non conosce ombra. Una porta sempre aperta. Una luce che non si spegne mai. È questa la promessa. È questo il nostro destino: vivere nella luce di Dio. E allora, in questo tempo d’attesa, lasciamo che il cuore preghi: Maranathà! Vieni, Signore Gesù. La stessa invocazione che chiude la Bibbia, come un sigillo d’amore: “Lo Spirito e la Sposa dicono: Vieni! Sì, verrò presto” (Apocalisse 22,20).
Un Dio che non ci abbandona, ma cammina accanto a noi. Che non viene a distruggere, ma a trasformare.
Quando tutto sembra perduto, quando la notte sembra vincere, ricordati: Dio sta già preparando qualcosa di nuovo. Un mondo di pace, di luce, di amore.
Non abbassare lo sguardo. Non lasciarti schiacciare dal timore. Risollevati e alza il capo: la tua liberazione è vicina. #Santanotte
Alessandro Ginotta

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