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La Chiesa in uscita 2000 anni prima di Papa Francesco

La Chiesa in uscita 2000 anni prima di Papa Francesco

“Esci per le strade e lungo le siepi e costringili ad entrare, perché la mia casa si riempia” è questo l’ordine che il padrone di casa comunica al proprio servo, incaricato di riempire il salone delle feste dove ha preparato il più sontuoso dei banchetti. La Chiesa in uscita inizia qui: 2000 anni prima di Papa Francesco.

Il mio in(solito) commento a:
Esci per le strade e lungo le siepi e costringili ad entrare, perché la mia casa si riempia (Lc 14,15-24)

Lavori settimane intere per organizzare la festa più bella di sempre. Arriva il gran giorno e tutto è pronto, ma… ti accorgi che mancano gli invitati. Questi hanno uno ad uno rifiutato di partecipare adducendo le scuse più strampalate: “Ho comprato un campo e devo andare a vederlo; ti prego di scusarmi”. Un altro disse: “Ho comprato cinque paia di buoi e vado a provarli; ti prego di scusarmi”. Un altro disse: “Mi sono appena sposato e perciò non posso venire” (vv. 18-20). Una bella seccatura! E scommetto che anche tu ti arrabbieresti, come questo padrone che, ingiunse al suo servo: «Esci subito per le piazze e per le vie della città e conduci qui i poveri, gli storpi, i ciechi e gli zoppi» (v. 21).

Eccola la Chiesa in uscita. il servo si reca dagli ultimi, incontrandoli là dove essi vivono, agli angoli delle strade (oggi diremmo sui marciapiedi) che spesso sono le loro case. Scopriamo così che per Gesù non è importante lo status sociale, anzi, proprio come questo padrone è pronto a ribaltare del tutto i nostri schemi fatti di preconcetti stantii: in Paradiso c’è posto per tutti, non solo per chi si ritiene perfetto. Lo dice chiaramente il servo: «Signore, è stato fatto come hai ordinato, ma c’è ancora posto» (cfr. v. 22).

Gesù è venuto nel mondo per «cercare e salvare ciò che è perduto» (Luca 19,10). La sua è una costante scelta degli ultimi della terra, dei poveri, degli esclusi, degli emarginati. Tant’è vero che, nei quattro Vangeli una volta sola si nomina espressamente il Paradiso. Quando? Dall’alto della croce, quando si rivolge a colui che, dopo una vita di furti e rapine, riesce a ottenere la Vita Eterna: San Disma, il buon ladrone.

D’altra parte, al ritorno dal deserto dove venne inutilmente tentato dal demonio, Gesù si recò nella Sinagoga di Nazaret, dove gli venne affidato il rotolo con la profezia di Isaia: «Lo Spirito del Signore è su di me, per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annunzio, a proclamare ai prigionieri la liberazione, ai ciechi la vista, a rimettere in libertà gli oppressi» (Luca 4,18). Qui c’è tutto il significato del Vangelo. Gesù è il Salvatore e viene a liberarci, ma questa libertà inizia proprio dove meno te lo aspetteresti: dalle periferie, dagli ultimi, dai deboli, dai peccatori, da chi non fa altro che inanellare una serie di insuccessi. Ecco chi troveremo a precederci in Paradiso!

Sant’Agostino scrive: «Il legno della croce al quale erano state confitte le membra del morente, diventò la cattedra del maestro che insegna». È un’immagine suggestiva che fa della croce un pulpito dal quale insegnare: l’obbedienza al progetto di Dio; l’amore viscerale del Padre verso tutte le sue creature, perfino verso chi si macchiò del delitto di crocifissione del proprio Figlio; il perdono dei nemici. Gesù, che si lascia crocifiggere insieme ai malfattori è segno della incredibile vicinanza ad un’umanità povera e sofferente, incline al peccato e pronta perfino al tradimento.

«Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici» (Giovanni 15,13). Ecco la vera natura di Gesù. Ecco la vera ricetta per il Paradiso: una vita piena d’amore e di comprensione per gli inevitabili difetti di chi ci sta accanto (inclusi noi stessi). Sì, perché anche noi siamo pieni di contraddizioni e di problemi. Eppure siamo amati da Dio, che ci vuole con Lui in Paradiso. #Santanotte

Alessandro Ginotta

La Crocifissione con i santi è un affresco di Beato Angelico conservato nella ex-sala capitolare del convento di San Marco (oggi Museo nazionale) a Firenze. L’opera occupa una grande lunetta sulla parte superiore della parete nord (ben 550×950 cm) e risale al 1441-1442

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