
La chiesa che non c’era
Ne basterebbe un granello. Un solo, minuscolo seme. Ed ecco che perfino le montagne possono spostarsi. Lo dice Gesù. E io lo credo. Ma non perché l’ho letto in un libro o ascoltato in chiesa. Lo credo perché l’ho vissuto. E ora te lo racconto.
Il mio (in)solito commento a:
“Se aveste fede!” (Luca 17,5-10)
Quante volte ci lamentiamo? Quante volte chiediamo a Dio di intervenire, e poi restiamo delusi se non vediamo subito il miracolo che ci aspettavamo? Forse abbiamo sbagliato tutto. Dio può tutto, certo. Con uno schiocco di dita può cambiare la storia dell’universo. Ma non lo fa. Perché ci ha creati liberi. E nell’amore vero c’è libertà. Così Lui non impone: propone, attende, invita. Ci lascia la possibilità di scegliere perfino il male, perfino la strada sbagliata. Ma ci affida anche uno strumento potentissimo: la fede.
La fede è quel briciolo, quel “quid” che dobbiamo metterci noi, il punto d’appoggio di Archimede: datemi un granellino di fede e vi solleverò il mondo. Datemi un semino di fiducia e Dio farà esplodere la vita in miracoli. Ma c’è una condizione: crederci davvero. Non basta pregare, bisogna scommettere il cuore.
Io ho sperimentato tutto questo. Non in un evento eclatante, ma in qualcosa di piccolo, quotidiano… eppure decisivo. Un giorno accompagnavo mio padre, gravemente malato, a una visita urgente. Dopo giorni di telefonate disperate, mia madre ed io avevamo trovato uno specialista disposto ad aprire lo studio solo per noi. Una finestra piccolissima di tempo. Se l’avessimo persa, chissà quando saremmo riusciti a farlo visitare.
Ma quel viaggio si trasformò in un incubo. Traffico, semafori, lavori in corso. Ogni cosa che poteva andare storta, andò storta. E, ciliegina sulla torta, nessun parcheggio. Non conoscevo quella zona della città. Giravo a vuoto, mentre l’ansia mi stringeva lo stomaco. Ed è lì, nel momento di massimo scoraggiamento, che l’ho sentito. Non era una voce. Era un pensiero forte, nitido, più chiaro di qualsiasi voce umana: “Svolta. Vai nella strada parallela. C’è una chiesa. E davanti c’è posto per te”. Tecnicamente si chiama locuzione interiore: una manifestazione divina sotto forma di parola intesa direttamente dall’intelletto umano.
Non sapevo nemmeno che lì ci fosse una chiesa. Eppure ho deciso di fidarmi. Ho girato il volante e ho svoltato. Dopo pochi metri… eccola. Una chiesa. Proprio lì dove l’avevo immaginata. Proprio lì dove non ero mai passato prima. E davanti, un unico parcheggio libero. Senza divieti. Senza incertezze. Il mio posto.
Coincidenza? Io non ci credo. Credo sia stato un segno. Credo che quel granello di fede – la decisione di ascoltare quel pensiero e di fidarmi – abbia aperto una strada. Non solo fisica, ma spirituale. Quella visita non risolse subito la malattia di mio padre, ma ci fece risparmiare tempo prezioso, escludendo ipotesi sbagliate e guidandoci verso la verità.
C’è ancora un dettaglio: dopo qualche tempo, tornai in quella via. Volevo rivedere la chiesa, scoprire a chi fosse intitolata, magari entrarci. Non la trovai più. La strada era la stessa, ma la chiesa sembrava non esserci mai stata. Lo dico e ho i brividi.
Dio c’è. Davvero. E basta un granellino di fede per incontrarlo. Io l’ho sperimentato (non solo in questa occasione, ma in tante altre che prossimamente ti racconterò). E tu? Sei pronto a credere che anche la tua montagna può spostarsi? #Santanotte
Alessandro Ginotta

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