
E la vita tornò a sorridere
Fermati un attimo. Immagina la scena: Gesù ti guarda negli occhi. Ti sorride, ma nei Suoi occhi c’è anche un’ombra di malinconia. Sa che dentro di te c’è un cuore che ha paura di fidarsi, ma continua a tenderti la mano. Ti invita a danzare al ritmo del flauto, a lasciare che la vita torni a sorridere (leggi fino in fondo… ti stupirai!)
Il mio in(solito) commento a:
Non ascoltano né Giovanni né il Figlio dell’uomo (Mt 11,16-19)
«Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non vi siete battuti il petto». È Gesù che parla. E lo fa con una punta di tristezza. Ci sta dicendo: “Ho provato di tutto per raggiungerti, ma tu non vuoi sentire”. Ti sembra esagerato? Eppure, se ci pensi, quante volte Dio ti ha parlato – attraverso una persona, un incontro, un imprevisto – e tu hai fatto finta di nulla?
C’è sempre qualcosa che non va. Attorno a noi troviamo persone scontente di tutto: il tempo, la politica, il vicino, la vita stessa. È come se ci fosse una nube grigia che si posa su ogni parola, su ogni pensiero. Eppure, dentro di te, lo senti che non può essere tutto qui. Che deve esserci una luce, da qualche parte.
Da dove arriva questa insoddisfazione? È una storia che si ripete da sempre… fin dai primi istanti della Creazione, quando Adamo ed Eva scivolarono nel peccato originale. Da allora portiamo dentro quella ferita invisibile. Perché fin dal principio abbiamo avuto la pessima abitudine di credere di saperne più del nostro Creatore. Nel giardino dell’Eden avevamo tutto: la pace, la bellezza, l’amore. Bastava tendere la mano e ogni cosa era dono. Ma non ci bastava. Abbiamo voluto di più. Un morso soltanto, un piccolo atto di sfida… e la fiducia si è spezzata.
La ferita di questo peccato è la stessa che ci spinge oggi a cercare senso in mille direzioni diverse, eppure a non trovarlo mai. È quella voce che ci dice: “Puoi farcela da solo”, e poi ci lascia vuoti. Perché la radice del male non è fuori di noi, ma dentro: nella disobbedienza, nella presunzione di non aver bisogno di Dio. Il delirio di autosufficienza. Quella terribile convinzione di bastare a noi stessi che ci è stata inculcata dal serpente maledetto. È un fardello. Una pesante eredità che ci trasciniamo dentro ancora oggi. Siamo sempre pronti a giudicare, a criticare, a mettere in discussione tutto. Ma così facendo, perdiamo la cosa più preziosa: la meraviglia di Dio che si fa vicino.
Torniamo ora a quell’immagine iniziale. Prova a immaginare la scena con me: Gesù si avvicina di un passo. La luce che Lo circonda non abbaglia, ma accarezza. È una luce che conosce il tuo buio e non lo giudica. Nel suo sguardo non c’è rimprovero, c’è solo amore. Amore puro, disarmante, infinito. «Non avere paura», ti dice con voce lieve, come un soffio di vento che sfiora le foglie. «Io sono qui. Non voglio che tu sia perfetto, voglio solo che tu mi lasci entrare». E in quell’istante, qualcosa dentro di te si scioglie. Le pareti che avevi costruito attorno al cuore si incrinano. Ti accorgi che non devi più difenderti, perché non c’è nulla da temere.
Gesù ti tende la mano. E tu la guardi. È una mano forte, segnata, eppure delicata. Una mano che ha toccato il dolore, la croce, la morte. Una mano che ora ti invita a vivere. Lui ti stringe piano e ti attira a sé. Non serve dire nulla. Ogni parola sarebbe troppo piccola per contenere ciò che stai provando. Ti senti parte di qualcosa di immenso, di eterno. Ti senti amato — non per ciò che sei stato, ma per ciò che puoi ancora diventare.
Poi Gesù sorride di nuovo. E quel sorriso è luce pura. Ti accorgi che, da quando Lo guardi, il mondo attorno è cambiato: i colori sono più vivi, l’aria è più dolce, il tempo sembra essersi fermato. È come se tutto l’universo avesse smesso di correre per ascoltare quella musica che solo Lui sa suonare. «Vieni», ti dice, «camminiamo insieme». E tu capisci che non sarà una danza perfetta — inciampare, a volte, farà parte del ritmo — ma non importa. Perché da ora in poi non ballerai più da solo.
E in quel passo timido che muovi verso di Lui, scopri il segreto della fede: non è capire tutto, ma lasciarsi prendere per mano. E quando lo fai… la vita, davvero, torna a sorridere #Santanotte
Alessandro Ginotta

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