A volte bisogna scavare in fondo alla terra per scoprire la bellezza del cielo.
Il mio in(solito) commento a:
Padre, glorifica il Figlio tuo (Giovanni 17,1-11)
Per molte popolazioni Dio è un essere supremo, inavvicinabile, potentissimo, anzi, onnipotente. Ma Dio, nella sua grandezza, ci stupisce sempre. Sì, perché Dio, incarnandosi, non ha scelto di scrivere la storia dalla parte delle stelle, ma da quella dell’uomo. Amici, avete mai guardato in un cannocchiale? Da un lato tutto appare più grande e vicino di quanto sembra. Osservando dall’altro lato, invece, anche le cose grandi e vicine appaiono minuscole. Così come sono minuscole tutte le cose materiali di questo mondo a confronto di quelle spirituali. Allora, Dio, onnipotente, che sempre ci invita a guardare alle cose di lassù e a non preoccuparci per le cose di questo mondo, ha compiuto un gesto rivoluzionario: è nato Bambino, non grande condottiero. E’ nato povero, in un umile giaciglio in mezzo a paglia e fieno, non in una casa sontuosa.
E questo Dio-Bambino che ha rinunciato alle comodità dei cieli per scendere in mezzo a noi a vivere, per camminare con noi, per soffrire insieme a noi, per guarirci, per liberarci dal male, per perdonarci, per salvarci, questo Dio, nel momento più buio della sua esistenza, prega per noi. Sta per essere tradito, catturato, abbandonato perfino dai suoi discepoli, processato ingiustamente, torturato, sbeffeggiato, coronato di spine, crocifisso e trafitto con una lancia… eppure, in questo momento, prega per noi.
Ma, attenzione amici, osserviamo bene: che cosa chiede al Padre nella sua accorata preghiera? «Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per coloro che tu mi hai dato, perché sono tuoi. Tutte le cose mie sono tue, e le tue sono mie, e io sono glorificato in loro. Io non sono più nel mondo; essi invece sono nel mondo, e io vengo a te. Padre santo, custodiscili nel tuo nome, quello che mi hai dato, perché siano una sola cosa, come noi» (vv. 9-11). E’ terminata anche l’Ultima Cena e Gesù sta per lasciare il Cenacolo. Tra poco si recherà nell’Orto degli Ulivi e continuerà a pregare finché non sopraggiungeranno Giuda Iscariota e le guardie. E’ un momento unico per la storia dell’uomo. Un istante tra i più solenni, denso di verità e sentimento: un tempo in cui il Dio-Uomo si trova a tu per tu con il Dio-Creatore. La Terra entra in contatto con il Cielo. L’immanente si compenetra con il trascendente. Mai, come in questo punto di Vangelo, sono più evidenti i due estremi: il mondo e Dio. La carne e lo spirito.
E’ il momento in cui il Dio-fattosi-Uomo, circondato dal mondo, sta per uscirne e tornare a quei cieli dai quali è disceso per salvarci. Ma il “conflitto”, amici miei, non è tra Dio e il mondo, bensì si trova dentro di noi. E’ in noi che avviene questa continua lotta tra trascendenza ed immanenza, le due realtà contrapposte del genere umano. Perché da un lato veniamo attirati dalle cose materiali, dalla ricchezza, dai sensi, dal piacere ad ogni costo; dall’altra parte proviamo una profonda ed insaziabile sete di infinito che ci porta a volgere gli occhi al cielo per cercare Dio.
E Cristo, in questo momento così solenne, prega per quel che davvero conta: per il nostro spirito, per quella parte di noi che riesce a sollevarsi dalle insidie e dai tranelli di un mondo che è davvero troppo materialista e gretto. Dalla nostra parte abbiamo il miglior avvocato difensore, che prega per ciascuno di noi mostrando al Padre le sue piaghe per ricordargli il prezzo pagato per salvarci. Per sottolineare quanto siamo importanti. D’altra parte, per noi, a Dio è valsa la pena perfino di morire!
A ben guardare possiamo scoprire perfino il perché Dio ha preso carne umana per vivere realmente tra e con gli uomini: per offrire l’eternità a tutti noi. Ma non un’eternità fredda e buia, come quella di chi non conosce Dio, bensì un’eternità fatta di luce e gioia, in comunione perfetta con il Dio che ci ha creati: «Questa è la vita eterna: che conoscano te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo. Io ti ho glorificato sulla terra, compiendo l’opera che mi hai dato da fare. E ora, Padre, glorificami davanti a te con quella gloria che io avevo presso di te prima che il mondo fosse» (vv. 3-5).
Nella nostra mente risuonano le parole: «Non fatevi tesori sulla terra, dove la tignola e la ruggine consumano, e dove i ladri scassinano e rubano; ma fatevi tesori in cielo, dove né tignola né ruggine consumano, e dove i ladri non scassinano né rubano. Perché dov’è il tuo tesoro, lì sarà anche il tuo cuore» (Matteo 16,19-21). Lo stesso San Paolo, nella lettera ai Colossesi, scrive: “Aspirate alle cose di lassù, non a quelle che sono sulla terra” (Colossesi 3,2). Ma c’è un testo di Sant’Agostino che mi piace molto ricordare: “La tua avarizia possiede l’oro, una non so quanto meschina e piccola porzione di terra. Con i tuoi occhi invece possiedi il cielo, guardi il sole, misuri le stelle; per mezzo dei tuoi occhi possiedi il mondo intero” (Discorso 265/C).
E allora, amici cari, dimentichiamo le preoccupazioni inutili per le cose terrene che non hanno futuro. Ma volgiamo i nostri occhi lassù, dove ci sono i tesori che contano davvero!
#Santanotte amici cari, Dio, che semina continuamente tesori per noi, ci faccia più ricchi di speranza, di luce, di cuore, d’amore! 😊 😊 😊
Alessandro Ginotta
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