C’è chi vorrebbe una religione schematica: una fede che divide in buoni e cattivi. In questa religione Dio si ergerebbe a giudice severo, valutando e misurando il nostro comportamento per etichettarci dall’una o dall’altra parte. Colpo di scena: Dio non è affatto così!
Il mio in(solito) commento a:
Sarà chiesto conto del sangue di tutti i profeti: dal sangue di Abele fino al sangue di Zaccarìa (Luca 11,47-54)
Per meglio capire questo brano di Vangelo potremo pensare a San Disma, il buon ladrone. Una vita di furti e rapine poi, all’ultimo minuto, il suo cuore si apre ad un guizzo d’amore e si converte. E Dio lo ammette in Paradiso. Ecco che scopriamo la vera indole di Dio che, ben lungi dall’essere un giudice severo, è invece un Padre innamorato dei propri figli, sempre pronto a perdonarli per ogni errore, ad aprire le porte di casa per il loro ritorno, a gioire ogni volta che chi si era allontanato rientrerà.
Oh no! Perché Dio è amore, Dio è pietà e misericordia, e no: Dio non è certo un fariseo!
Il brano di oggi sembrerebbe presentarci un Gesù arrabbiato, che emette giudizi severi contro scribi e farisei. In realtà Dio ama. Ama chi si comporta in modo perfetto, tanto quanto ama chi si allontana dalla retta via. Anche perché un Padre non può non amare i propri figli.
La verità può far male. Ma alle volte fa male in modo diverso. Può accadere che, quando qualcuno ci rimprovera per un errore commesso, risponda la nostra coscienza. Allora la “ramanzina” sarà per noi uno stimolo a migliorarci. Così, “imparata la lezione”, potremo diventare persone migliori. Ma può anche accadere che, anziché la coscienza, a rispondere sia l’orgoglio. In questi casi un velo si alzerà davanti ai nostri occhi e noi non saremo proprio capaci di distinguere il nostro errore. Anzi, lo negheremo con veemenza e, nel peggiore dei casi, coveremo rancore in fondo al nostro cuore.
Ed è proprio l’orgoglio ad accecare la mente di questi scribi e farisei. Gesù li ha rimproverati: «Guai a voi, dottori della Legge, che avete portato via la chiave della conoscenza; voi non siete entrati, e a quelli che volevano entrare voi l’avete impedito» (v. 52).
Quale era la responsabilità di scribi e farisei? Quella di aver oppresso la fantasia, la libertà, l’espressività della gente, ingabbiandola in celle fatte di regolamenti così complessi da potersi rispettare che richiedevano sempre la presenza di uno di loro per poter decidere, di momento in momento, se una data operazione fosse lecita o meno. Non si poteva raccogliere una spiga in giorno di sabato, né era permesso prendersi cura di un ammalato. Non era permesso mangiare determinati alimenti ed erano prescritti rituali assurdi e complicatissimi.
Se ogni azione deve essere codificata, riflettuta, ponderata… se dietro ad ogni gesto si può nascondere un rimprovero o la minaccia di venir esclusi dal Regno dei Cieli… se, peggio ancora, le limitazioni vengono prescritte non per il volere di Dio, ma per preservare una posizione personale di privilegio, quale quella di scribi e farisei, camuffando proprio quello che viene fatto per i proprio tornaconto come se fosse Legge di Dio… allora sì che si compie il peggiore dei peccati. Che non è l’omicidio. Ma è l’assassinio della libertà. Quella libertà che si dovrebbe librare in un volo sulle ali dello Spirito. Quella libertà che dovrebbe avere lo stesso sapore della vita e della gioia. Quella libertà che dovrebbe avere lo stesso colore dell’azzurro del cielo. Quella libertà che dovrebbe avere lo stesso suono di una risata felice. Quella libertà che dovrebbe avere occhi di speranza e sogni di futuro. Tutto questo hanno rubato scribi e farisei.
La loro coscienza è rimasta addormentata. Nel loro cuore, ahimè, mancava l’amore. E così, da quel vuoto, si è insinuato il male: “Quando fu uscito di là, gli scribi e i farisei cominciarono a trattarlo in modo ostile e a farlo parlare su molti argomenti, tendendogli insidie, per sorprenderlo in qualche parola uscita dalla sua stessa bocca” (vv. 53-54). Ma noi non ci comportiamo così, vero?
Gesù ci insegna che la reazione corretta, quando vediamo qualcuno commettere una cattiva azione, non è quella di indignarsi e allontanarlo, ma quella di avvicinarsi a lui e tentare di riportarlo sulla retta via, con amore e comprensione. Due sentimenti che tanto appartengono alla sfera del Padre e di ogni padre. Dunque non scagliamoci contro nessuno esprimendo giudizi, perché il male si combatte solo con l’autentico amore. #Santanotte
Alessandro Ginotta
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