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Dare a Cesare quel che è di Cesare…

Dare a Cesare quel che è di Cesare...

La luce che brilla nella tua anima sia più forte del bagliore dell’oro che luccica. Perché amore, perdono e bontà non si acquistano con il denaro!

Il mio in(solito) commento a:
Quello che è di Cesare rendetelo a Cesare, e quello che è di Dio, a Dio (Marco 12,13-17)

Preparano un tranello per far cadere Gesù e… ci restano imbrigliati dentro: una furfanteria che si rivolterà contro di loro come un boomerang. «Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità. Tu non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno. Dunque, di’ a noi il tuo parere: è lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?» (cfr. vv. 16-17). Vorrebbero prendere in castagna Gesù. Nella loro mente corrotta erano persuasi di avere la vittoria in tasca. Pensavano: “se risponderà che non è lecito pagare il tributo lo accuseremo perché tradisce lo stato e fomenta la rivolta contro il potere; se invece risponderà che è giusto pagare si metterà contro il popolo”. Ed era proprio questo il loro obiettivo: togliere credibilità a Gesù. Un profeta di giustizia avrebbe molto probabilmente confermato che è corretto pagare le tasse a Cesare, l’invasore romano, facendosi così nemico il popolo di Israele, vessato dai conquistatori.

Ma la cattiveria rende miopi. E così farisei ed erodiani non si accorgono del loro errore: quello di sottovalutare Gesù.

Chi erano gli erodiani? Al contrario dei farisei, non erano religiosi, ma uomini politici. Accomunati ai farisei per il loro essere perfidi e corrotti, erano seguaci di Erode il Grande, il re che ordinò la strage degli Innocenti e di Erode Antipa, il tetrarca che fece decapitare Giovanni Battista.

Omuncoli insignificanti, privi di levatura morale ed incapaci di seguire qualsiasi principio diverso dal proprio tornaconto, restano spiazzati dalla risposta di Gesù:  Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, rispose: “«Ipocriti, perché volete mettermi alla prova? Mostratemi la moneta del tributo». Ed essi gli presentarono un denaro. Egli domandò loro: «Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?». Gli risposero: «Di Cesare». Allora disse loro: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio»” (vv. 18-21).

Eh no, il Regno di Dio non ha nulla a che vedere con questo mondo: «Il mio Regno non è di questo mondo» (Giovanni 18,36). Le cose di Dio: l’anima, l’amore, la bontà, il perdono, l’umiltà, la compassione, non si acquistano con il denaro. È un bello schiaffo morale quello che Gesù assegna a questi omuncoli che gli vorrebbero tendere un tranello.

Un proverbio recita: “chi di spada ferisce, di spada perisce”. Così proprio questi uomini corrotti che, ritenendosi profondamente “giusti”, vorrebbero stigmatizzare l’uso politico della religione e mettere in difficoltà Gesù, finiscono per dimostrarsi essi stessi scorretti e vengono ripagati con la loro stessa moneta: “non sono io ad essere corrotto – è come se rispondesse Gesù – ma voi, che strumentalizzate la politica sfruttandola per giudicare principi che, in quanto religiosi, sfuggono alle consuetudini ed alle leggi della politica e della natura”.

La moneta è moneta, ed è fatta della stessa natura del mondo. Può essere d’oro, d’argento o di qualunque metallo, ma è sempre materia, e come tale corruttibile. Ricordiamo che Dio trasse Adamo dal fango: “Dio formò l’uomo dal fango della terra, gli insufflò nelle narici un alito di vita e l’uomo divenne anima vivente” (Genesi 2,7). L’uomo, senza Dio, è solo un agglomerato di polvere. “Memento, homo, quia pulvis es, et in pulverem reverteris“; ricordati, uomo, che polvere sei e in polvere ritornerai. (cfr. Genesi3,19). Elementi chimici senz’anima. A fare la differenza è proprio quel soffio vitale (pneuma, ruah, vento, respiro) che accende la nostra anima. Ecco la grande dualità dell’uomo: da un lato essere materiale, attratto dal mondo, dalla ricchezza, dal potere, dal successo ad ogni costo. Immanenza. Dall’altro lato l’anima, la parte rivolta a Dio. Trascendenza.

La fede, l’amore, l’attenzione per gli ultimi e per chiunque soffra, sono beni che non hanno prezzo. Esistano pure denaro e ricchezze, ma sono su un altro piano, che non si interseca con quello di Dio, fintantoché con queste ricchezze materiali non commettiamo del male agli altri. Non deve accadere, infatti, che per accumulare questi tesori terreni, noi contravveniamo a uno di quei principi di giustizia, carità ed amore che costituiscono i valori sui quali la nostra fede è fondata. #Santanotte

Alessandro Ginotta

Il dipinto di oggi è: “La moneta del tributo” di Mattia Preti, olio su tela, 95×115 cm, Museo di Capodimonte, Napoli

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