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Dai loro frutti li riconoscerete

Dai loro frutti li riconoscerete

È il frutto, cioè quel che produrremo nella nostra vita, che parlerà di noi: chi si dedica agli altri, chi si impegna nel volontariato o nella catechesi, chi dona orecchie per ascoltare le sofferenze e chi le sofferenze le allevia con il lavoro delle proprie braccia, ha una radice buona e produrrà frutti buoni. Al contrario, chi agisce male, genererà frutti di male. 

Il mio in(solito) commento a:
Dai loro frutti li riconoscerete (Matteo 7,15-20)

Noi siamo come gli alberi. Le nostre radici affondano nel nutrimento dell’amore di Dio: la linfa lo fa scorrere attraverso il tronco, fino alle gemme e alle foglie. Ma è il frutto, è quel che produciamo nella nostra vita, che parlerà di noi.

Se noi avremo il bene nel cuore, allora i nostri insegnamenti saranno d’amore. L’uomo buono nella propria vita compirà opere buone. I suoi gesti saranno di bene, di accoglienza, di vicinanza, di conforto a chi soffre, di carità. Ecco che la vita dell’uomo buono sarà testimonianza di sé. 

Ma ahimè, cari amici, questa regola funziona anche, a parti inverse, per l’uomo malvagio. Chi nel cuore cova rancore, odio e invidia produrrà frutti avariati, azioni acerbe, che sapranno di male. Egli spargerà attorno a sé i suoi frutti velenosi, e dai frutti nasceranno semi, e nuovi alberi. Questa volta cattivi. 

Un tronco, amici cari, è simile ad un altro tronco. Una foglia ad una foglia. Ma è il frutto, cioè quel che produrremo nella nostra vita, che parlerà di noichi si dedica agli altri, chi si impegna nel volontariato o nella catechesi, chi dona orecchie per ascoltare le sofferenze e chi le sofferenze le allevia con il lavoro delle proprie braccia, ha una radice buona e produrrà frutti buoni. Al contrario, chi agisce male, genererà frutti di male. 

È dai frutti, dalle nostre azioni, dal ricordo che lasceremo di noi, che verremo riconosciuti. Ma attenzione, se è vero che dai frutti si riconoscerà l’albero, non dobbiamo dimenticare che Dio ha la possibilità di tramutare anche il peggiore dei mali nel più santo dei beni. Pensiamo per un istante a San Paolo, che da persecutore, divenne l’apostolo che più frutti di bene ha lasciato con le sue numerose lettere sulle quali, ancora oggi, riflettiamo e preghiamo. Pensiamo a Zaccheo. Al buon ladrone. A tutti coloro i quali si sono convertiti. A tutti quelli che, nella loro vita, hanno sradicato le loro radici dal terreno del maligno per riavvicinarsi al nutrimento di Dio. 

A questo punto mi piace ricordare l’esperienza di Sant’Agostino, che nella sua gioventù, qualcuno avrebbe potuto definire un po’ “scapestrato”. Ecco, io credo che parlare di Sant’Agostino ai giovani potrà aiutarli a trovare (o ri-trovare) quella bellezza che a volte manca ai loro cuori. Leggiamone il racconto direttamente dalla penna del santo:

“Dove dunque ti trovai, per conoscerti? Certo non eri già nella mia memoria prima che ti conoscessi. Dove dunque ti trovai, per conoscerti, se non in te, sopra di me? […].

Tardi ti amai, bellezza così antica e così nuova, tardi ti amai. Sì, perché tu eri dentro di me e io fuori. Lì ti cercavo. Deforme, mi gettavo sulle belle forme delle tue creature. Eri con me, e non ero con te. Mi tenevano lontano da te le tue creature, inesistenti se non esistessero in te. Mi chiamasti, e il tuo grido sfondò la mia sordità; balenasti, e il tuo splendore dissipò la mia cecità; diffondesti la tua fragranza, e respirai e anelo verso di te, gustai e ho fame e sete; mi toccasti, e arsi di desiderio della tua pace.”

(Sant’Agostino, Le Confessioni, X, 26-27)

Sì, amici cari, perché, a differenza degli alberi, noi possiamo trasformarci nel corso della nostra vita. E, dimenticando i frutti del male commesso, con l’aiuto di Dio, potremo arrivare a produrre i migliori e più succosi frutti di bene. Perché, come ci ricorda san Giovanni della Croce: “Alla sera della vita, saremo giudicati sull’amore”.

#Santanotte amici. I vostri frutti abbiano sempre il sapore dolce dell’amore di Dio! Dio vi e ci benedica tutti e ci conceda molti buoni frutti, amici cari! 

Alessandro Ginotta

Il dipinto di oggi è: “L’Ascensione di Gesù” di Beato Angelico, 1453, tempera e vernice dorata su tavola, 38.5×37.5 cm, Armadio degli Argenti, Uffizi, Firenze

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